giovedì 27 dicembre 2012

L'anno che verrà

Richiamo già nel titolo di questo mio intervento una canzone di Lucio Dalla. Un artista che apprezzavo saltuariamente, ma che, pur virtussino e quindi "avversario"nel tifo sportivo, ha amato Treviso come pochi, memore della sua gioventù. Lucio è uno dei giganti che ci hanno lasciato in questo 2012 da tragedia, che sta per concludersi. Amava lo sport, lui così piccolo e sgraziato, e per il basket ha fatto tanto.

Un destino beffardo ha accomunato Dalla a Enzo Lefebre. Scomparsi nello stesso giorno, in maniera differente. Combattente nato, nel vocabolario di Enzo il sostantivo "resa" mancava, al pari della forma riflessiva del verbo correlato. Ecco, Enzo non ha mai innalzato bandiera bianca. Non l'ha fatto quando ha dovuto combattere la malattia, non l'ha fatto quando più volte il mondo è parso crollargli sulla testa. Si è sempre rialzato e ha tentato strade alternative. Anche quando tutto stava andando a rotoli, anche quando amici e collaboratori gli consigliavano di risparmiarsi, di godersi gli ultimi giorni su questa terra invece di penare alla ricerca di una soluzione per la sopravvivenza del basket a Treviso che incontrava puntualmente un ostacolo frapposto. Enzo mi manca come persona, prima ancora che come professionista della pallacanestro. 

Potrei anche sorvolare, eppure sempre il primo marzo 2012 è scomparso anche un giornalista, che al basket ha dato qualcosa. Meno che al calcio, suo grande amore con l'apogeo dell'Hellas dello scudetto '86, e meno anche del tennis, che praticava. Eppure le prime imprese della Scaligera erano passate anche per il suo taccuino e per la sua voce. Germano Mosconi, dai più conosciuto solo per il suo coloritissimo modo di porsi di fronte agli imprevisti ed alle arrabbiature, è la terza perdita pesante dell'anno. E, per una volta, bando all'ironia.

L'anno che va a concludersi ha segnato anche la chiusura di una rivista storica, "SuperBasket", che per tanti appassionati rappresentava tutto, a dispetto della digitalizzazione imperante e delle informazioni via internet. Un pessimo segnale per il movimento, che nessuno nelle alte sfere pare aver raccolto.

Come città di Treviso, abbiamo perso per strada la Serie A, cui una proprietà ha deciso di rinunciare invece di cedere il giocattolo a chi aveva dimostrato di voler continuare, con o senza l'industriale del cartone dal carattere volubile. Si è ripartiti dal basso, dalla Promozione, dal Natatorio dove tutto era iniziato. Lontano dalla Ghirada ricca di paillettes e lustrini ma sempre più povera di anima vera. Caduti, anzi precipitati, ci si è rialzati tutti assieme. 

Treviso Basket ha iniziato a vivere così, partendo dal coraggio, dalla voglia ed anche dall'incoscienza di chi, in estate, senza sapere a cosa si andasse incontro, ha deciso di mettersi in gioco. Dall'imprenditore che accetta una scommessa pesante all'ultimo dei tifosi che, magari disoccupato e appena licenziato, si priva di cento Euro in nome di un sogno. 
Da allora, tanto è stato fatto e tanto resta ancora da fare. Quindi, guardando al 2013, resta l'augurio. A Paolo Vazzoler, a Claudio Coldebella, ai fratelli Fabbrini, a Gianantonio Tramet, a Stefano Bottari e a Stefano Bordini, ai soggetti raccolti dal Consorzio UniVerso, a Goran Bjedov e Marco Mian, ai giocatori di Treviso Basket (giovani o veterani, non importa), ai tifosi. Che il prossimo anno possa coincidere con un altro passo importante verso la rinascita del movimento e con il ritorno della pallacanestro di Marca in un campionato nazionale.

giovedì 29 novembre 2012

Spuntino, cena e digestivo

La scorsa settimana Treviso Basket ha presentato lo sponsor di maglia per la stagione corrente. Primo passo per costruire un futuro distante ma da pianificare con la giusta accortezza. Ancora non si conoscono i dettagli dell'organizzazione dei campionati della prossima stagione, ma è importante poter disporre di una base di partenza per non farsi trovare impreparati di fronte a qualunque evenienza o possibilità. Ovviamente non ci si può né deve accontentare. Sarebbe anzi bellissimo se altri imprenditori riuscissero a capire l'importanza del Consorzio UniVerso e della stessa TVB. Si può fare comunicazione integrata, stringere nuovi rapporti di business e contribuire ad un patrimonio socio-culturale e sportivo di un intero territorio. Varese è l'esempio da seguire: al terzo anno di consorzio, i conti sono perfettamente in ordine (due pareggi di bilancio e le previsioni per l'anno in corso parlano di un piccolo utile) ed i risultati sportivi, con la prima squadra capolista imbattuta, dimostrano il valore dell'idea di partenza. Ora si tratta di replicare quel modello qui, nella Marca. Le adesioni ci sono, ne servono altre. Ed anche chi già partecipa, dovrebbe capire l'importanza tanto della scelta quanto degli oneri che questa comporta.

Per martedì 11 dicembre 2012 è stata programmata la cena di Natale di TVB, aperta a tutti i sostenitori a vario titolo del club. Non mi soffermo sui dettagli. Voglio invece sottolineare come già a febbraio scorso l'occasione conviviale promossa dai tifosi fu un successo. D'altronde, non è una novità né un segreto. Già negli anni '80 simili riunioni di semplici appassionati, a tavola con uno o due giocatori ospiti, costituivano la base del tifo che riempiva alla domenica il Palaverde. Poi venne l'epoca dello snob, della ricerca dell'eccellenza non solo nel risultato sportivo, degli ingressi selezionati. E del crollo del dato del pubblico pagante. La gente comune talvolta preferisce poter scambiare due parole con un cestista professionista, per capire di poter far parte di un gruppo unico, tra squadra e cittadinanza, piuttosto che ammirare super campioni virtualmente irraggiungibili. Un applauso per l'iniziativa che davvero recupera, come nelle intenzioni delle dirigenza, le autentiche radici del basket trevigiano.

A giudicare da certe reazioni, l'ultimo intervento in questo blog deve essere risultato indigesto a qualcuno dalle parti della laguna. Francamente me ne infischio, come recitava Clark Gable in un famoso film di tanti, troppi anni fa. Non è il caso di prestare troppa attenzione a chi dimostra di non saper fare una valutazione nel merito ma si ferma a quella rivalità cittadina che recita ossessivamente come un mantra senza capirne il contenuto ed il contesto. Al punto da fossilizzarsi su slogan triti e ritriti o sulla ricerca ossessiva del "nemico". L'invito a recuperare il senso antico dello sport, spogliandosi degli orpelli e della stupidità, è rimasto senza risposta. Pazienza. Certi personaggi non sanno davvero a cosa rinunciano ed in nome di quale stolta distinzione. Sempre che quest'ultima riesca a recar loro conforto delle delusioni del fine settimana nel ghetto che hanno costruito per loro stessi.

mercoledì 28 novembre 2012

A proposito di campanilismo...

Anni fa, Rosario Caputo, all'epoca presidente della JuveCaserta, diede una duplice definizione del termine derby nel basket: "Quello con Napoli è derby, gli altri sono succhi di frutta". Inutile specificare il significato anni '80 del riferimento. 

Derby, intesi come sfide stracittadine o anche provinciali/regionali, ce ne sono tanti. Treviso Basket in questa annata particolare, nel campionato di Promozione, ne ha tanti e non ne ha nessuno. Mi spiego meglio. Nel torneo provinciale l'unica squadra del capoluogo della Marca è appunto TVB. Per trovare una rivale, occorre uscire dal confine comunale in direzione sud-ovest (Pol. S. Giorgio Quinto) o nord-est (Olimpia Carbonera). A seguire, tutte le altre, fino a due avversarie addirittura fuori provincia, Valbelluna (Belluno) ed Agordo.
A prescindere da rivalità ovviamente inesistenti, sia a livello societario che tra tifosi, c'è comunque, per tutti, la possibilità di mantenere acceso il confronto a distanza. Specie tra curve. Così, se mai si è sentito e mai si sentirà, al Natatorio o in trasferta, un coro avverso ad una squadra che incroci il cammino con i biancocelesti di coach Goran Bjedov - anzi, è vero il contrario, dato che in Promo si possono udire soltanto gli incitamenti ai propri beniamini - è frequente l'innalzarsi di slogan contro antiche nemiche. In particolare, Venezia. E Mestre.
La stessa cosa accade in Serie A, sette categorie più in alto. I tifosi orogranata raramente dimenticano di intonare cori di dileggio a Treviso, nonostante la rivalità diretta, sul campo, sia rinviata a data da destinarsi, ovvero a quando le due squadre torneranno ad incrociarsi sul parquet. Fa parte del gioco e dell'essere italiani. Come i gemellaggi: Treviso nel massimo campionato non c'è, ma i suoi sostenitori vantano legami d'amicizia con alcuni gruppi di altre squadre. Dopo la Reggiana al Palaverde lo scorso 6 ottobre, è prevedibile una rappresentanza dei Fioi dea Sud al Taliercio il prossimo 24 marzo, quando Biella si recherà a Mestre, come già avvenne quasi nove mesi fa a Villorba. Destando scandalo, peraltro, tra i sostenitori lagunari che forse non conoscevano l'usanza.

Di che stupirsi? E' costume che le tifoserie gemellate si supportino a vicenda. Anche in caso di sparizione della squadra del cuore. Per un paio d'anni, i fortitudini della Fossa hanno accompagnato in varie occasioni il recentemente sciolto IBN casertano. Dal 2001 dalla balaustra della curva del Pianella occupata dagli Eagles campeggia uno striscione che ribadisce l'amicizia tra i brianzoli e Montecatini. E quante volte i romani, in trasferta al nord, hanno trovato i triestini a dar loro man forte? Magari non piacerà a tutti, ma si usa così. Se serve, anche nei derby. Ed a Bologna ne sanno qualcosa.

Torniamo al confronto a distanza tra Treviso e Venezia. Qualcuno, nei pressi del Ponte della Libertà, ancora pare non aver ancora digerito il risultato dell'ultimo scontro tra le due compagini, il 28 aprile scorso. Sarà per il risultato conclusivo, sarà per la differente carica agonistica, sarà per episodi di contorno poco edificanti (il patron veneziano che in diretta televisiva indica le proprie parti basse ai giocatori, ad esempio), sarà per articoli apparsi sulla carta stampata non graditi. Sia quel che sia, oltre il campanilismo, pare esserci qualcuno che vorrebbe una rapida rivincita. Chissà perché. Ed all'arrabbiatura che si trascina da mesi si accompagna nel frattempo la delusione per i risultati agonistici di una squadra che, osservando la lista dei nomi dei giocatori che la compongono, pareva pensata in origine per una cavalcata in grande stile nelle sfere alte della classifica e che invece attualmente langue nei bassifondi, vittima di un non-gioco, di involuzioni psicologiche e caratteriali, di un marasma che mescola problemi fisici a questioni di spogliatoio.
A queste persone, posso solo fornire un suggerimento. Volete vedere del bel basket, dello sport autentico? Scendete di categoria, andate a vedere qualche partita dei campionati regionali e provinciali. Non troverete il campionissimo, l'ex azzurro, lo straniero da 30 punti o da 20 rimbalzi. Scoprirete però il cuore autentico della pallacanestro, dove la rivalità può essere vissuta in maniera differente, senza l'assillo del risultato ad ogni costo e dello sfottò a prescindere. Ne vale la pena. E lo dice chi per anni ha visto finali scudetto e di Coppa Italia, oltre alle competizioni europee per club. Il basket vero è in basso, è alla base.

Per tutti gli altri, che ancora oggi preferiscono dilettarsi nell'antica arte del rimuginare su sconfitte subite, esiste un solo rimedio. Un forte antiacido, in alternativa ad una sana camomilla.

lunedì 1 ottobre 2012

Ricominciamo!

Quando mi parlano di Adriano Pappalardo, scusatemi se potete suoi fan, penso solo alla sua canzone più conosciuta o al limite all'interpretazione del sergente maggiore Scherone in "Classe di Ferro". Però il motivetto, abusato e riutilizzato addirittura nelle pubblicità, si presta. Quindi ricominciamo. Con il basket e con il blog.

Treviso Basket ha inaugurato la propria attività ad Agordo, influggendo 62 punti - avete letto bene, non è un refuso - ai padroni di casa. Stracciati ma felici, forse per il pienone di pubblico, forse per aver partecipato alla scrittura di una pagina di storia, forse per aver potuto conoscere l'ex capitano ed oggi presidente Paolo Vazzoler e con lui tutti gli altri pazzi incoscenti innamorati della pallacanestro che animano questo neonato club cui è affidato un testimone pesantissimo. Ovvero la tradizione dei canestri nella Marca.

Fa un po' tristezza osservare da distante, con occhi da interessato più o meno neutrale le vicende di quella Serie A in cui Treviso ha avuto per lustri il suo posto ma che quest'anno la vede rumorosa assente. E consolarsi con le simpatie, con gli ex più o meno illustri che si sono accasati da altre parti. Chi addirittura a pochi chilometri da casa o dal posto che ha lungamente amato. Ecco, parliamo anche di Bulleri e Marconato alla Reyer. Qualcuno li ha giù bollati come "traditori" (e per il Bullo sarebbe la seconda volta, ma ha scorza dura abbastanza per scrollarsi di dosso senza fatica simili critiche gratuite) o come "infami" o ancora "mercenari". Parole che non meriterebbero commento, tanto suonano come segno di ingraditudine, di irriconoscenza e di scarsa intelligenza. Il basket di Serie A è sport professionistico, quindi gli atleti come primo obiettivo si pongono l'ingaggio in un team che ne riconosca il valore e lo paghi di conseguenza. Nulla di cui scandalizzarsi. Ed a maggior ragione conoscendo i due. Perché forse ci si è dimenticati che Marconato a Treviso ci è nato e cresciuto e che dentro di sé è sempre un figlio della Marca. E perché il cecinese, seppur adottato, ha lo scudo cittadino nel cuore, al pari della gente trevigiana e lo ha dimostrato a più riprese. Anche con una canotta diversa, compresa quella dei rivali degli ultimi derby, loro restano, nel profondo, tra quei capitani coraggiosi, stessa genia di Vazzoler, Iacopini e Pittis. Gente che ama il basket e che nutre per la propria alma mater un sentimento viscerale di riconoscenza e di sentimento autentico.

Torniamo a TVB, sigla accattivante che cela un progetto comunque ambizioso, finalmente serio dopo un'estate di ricorsi e di disorganizzazione dettata anche dall'emergenza. Anche nel nuovo, vecchie polemiche. Per la presenza sulle maglie di gara del marchio detestato dei Colori Uniti, che ai tifosi più che i trionfi del passato ricorda i ripetuti silenzi degli ultimi mesi. E dire che il Vazzo era stato chiarissimo: è uno scotto da pagare per poter ottenere una base di partenza. Buon viso a cattivo gioco, nulla più. Che si ingoi un rospo oggi sperando un domani di prendersi adeguate rivincite verso tanti autori di sdegnosi rifiuti.

A tal proposito, un fugace richiamo a quanto accaduto nella seconda metà di settembre. I nuovi guai giudiziari e finanziari di Sacrati, patron F che finora ha ottenuto comunque credito a dispetto dei disastri combinati; e la farsa Angels-Rieti, risolta con due mesi di ritardo tramite una estromissione a pochi giorni dal via. Ma come? La Federazione non era quella che propugnava il rispetto delle regole? "Niente precedenti pericolosi" ripetevano alcuni soloni tra luglio ed agosto. Peccato che alle parole seguano fatti parecchio difformi dagli intendimenti annunciati. E chissà cosa diranno un buon numero di società di Gianni Petrucci, candidato unico alla presidenza FIP (ricordate Fedro, mi raccomando), che ha ripreso il cavallo di battaglia delle metropoli come serbatoio della palla a spicchi di domani.

Chiudiamo di nuovo con i biancocelesti, bianco-blu royal per i soliti regolamenti che spaccano il capello sui cromatismi ma che poi si prestano ad interpretazioni plurime quando conviene. All'esordio logisticamente scomodo ma tecnicamente morbido seguirà un tuffo nel passato, il ritorno al Natatorio delle origini, e soprattutto la prima gara di alto valore. Si chiama Quinto, si pronuncia Polisportiva San Giorgio. E' una delle favorite del campionato. E la sfida tecnica e tattica di domenica prossima è già lanciata.

giovedì 20 settembre 2012

La pulce nell'orecchio (ottava puntata)

Cosa cambierà in Ghirada, anche in termini immobiliaristici, dopo la sconfitta di Zatta per mano di Gavazzi nella corsa alla presidenza FIR?

domenica 16 settembre 2012

La pulce nell'orecchio (settima puntata)

Bello ripartire, bello essere ancora vivi. Ma per quale motivo le giovanili di Pallacanestro Treviso, fino a luglio scorso tabù assoluto in qualunque discorso che riguardasse il futuro del basket nella Marca, ora si sono rese disponibili sotto forma di cessione e sinergia?

mercoledì 5 settembre 2012

La pulce nell'orecchio (quarta, quinta e sesta puntata)

Per quale motivo l'AD di VerdeSport nei mesi scorsi avrebbe fatto ottenere ben due benefici economici alla Pro.Gest. di Bruno Zago? Si precisa che il duplice episodio è stato rivelato dal medesimo dirigente.

Come mai nel giro di pochi mesi il marchio OVS ha abbandonato prima i muri esterni delle torri del Palaverde e poi le canotte di Join The Game (manifestazione peraltro destinata a morire poiché Verdesport non intende farsi carico della spesa del materiale tecnico necessario)?

Perché lo scorso fine aprile, ad un mese dalla nascita del Consorzio UniVerso, i cartelloni pubblicitari all'esterno del palasport di Villorba hanno visto un radicale cambio della guardia, con il nuovo sponsor di VerdeSport a rimpiazzare una televisione locale, un'azienda vinicola (consorzista) e un brand di articoli da gioco (consorzista e poi socio del nuovo club)?

martedì 4 settembre 2012

La pulce nell'orecchio (terza puntata)

Dovessero verificarsi certe previsioni per gennaio prossimo, si potrebbe parlare di una riedizione in Ghirada del motto degli Immortali ("Ne resterà soltanto uno")?

lunedì 3 settembre 2012

La pulce nell'orecchio (seconda puntata)

In che modo si concilia la "missione sociale" di VerdeSport ed il mantenimento di una struttura quale l'Asolo Golf Club, affatto aperta a tutti e con costi di gestione in controtendenza rispetto al dichiarato desiderio di austerità?

venerdì 31 agosto 2012

Crollo verticale

C'era una volta lo sportsystem Benetton. C'era una volta VerdeSport, organizzazione evocata a titolo d'esempio, indicata quale eccellenza, anche invidiata da qualcuno. C'era una volta una multidisciplinarietà che faceva conoscere ovunque, nel mondo sportivo, il nome di Treviso.

C'era la Formula Uno. Prima le sponsorizzazioni, poi l'acquisto della Toleman. La prima vittoria (seppur a tavolino) con Nannini. L'era Briatore e l'astro nascente Schumacher. La coppia Alesi-Berger e l'ultimo trionfo nel '98. La bella scoperta italiana di Fisichella (oltre a Trulli, Wurz, Button). Tutto destinato all'oblio, dopo l'annuncio di vendita alla Renault. Nel 2001 l'ultimo campionato prima del radicale cambio di casacca, colori, proprietà.

C'era il Motomondiale. La scuderia in 125 e 250, categorie che le giovani generazioni magari nemmeno conoscono. Marco Melandri, oggi in Superbike, collezionò le prime gioie proprio con il team diretto da Rocco Benetton. E nella quarto di litro, il giapponese Ukawa si mise in luce diverse volte con una livrea che ricalcava quella della "sorella" a quattro ruote. Anche i successi del cannibale australiano Mick Doohan furono accompagnati dal marchio di Ponzano. Ma nel volgere di qualche anno, a dispetto di risultati incoraggianti, anche tra i centauri la presenza trevigiana scomparve.

C'era il volley, creato dal nulla trapiantando nel capoluogo il titolo di Vittorio Veneto. Una sfilza di trofei, l'ultimo appena un anno fa (la CEV). Campioni consacrati. Unico neo, lo scarso appeal presso un pubblico che si scaldava soprattutto in vista degli appuntamenti più importanti. Dopo una stagione a Belluno, la chiusura. Solo l'ostinazione di pochi, ammirevoli addetti ai lavori consentirà di avere un futuro, piccolissimo. In B2. Meglio di niente.

C'era il basket. E sapete tutti com'è andata a finire. Il titolo, rilevato da Aldo Bordignon nell'83, non è stato regalato alla città, né ceduto agli imprenditori interessati, bensì è stato mantenuto per alimentare, con gli introiti dei parametri NAS e dei buyout, un settore giovanile che difficilmente resterà al vertice (ultimo scudetto juniores nel 2011).

C'era Join The Game, iniziativa studiata e realizzata per far giocare a basket le giovani generazioni tramite il format del 3vs3. Destinato a morte certa, a meno che la FIP non decida di farsi carico delle spese di gestione.

C'era e, almeno per un altro anno, c'è il Master SBS per formare giovani manager nel mondo dello sport. Ragazzi che però non sempre trovano spazio - e non per loro colpa o a causa di una preparazione inadeguata, tutt'altro. Ma il futuro va verso la Laguna, Ca' Foscari.

C'era, c'è e ci sarà, fino al 2014, il rugby, vincolato dal contratto con FIR e con il Board della Pro-12, ex Celtic League. E ci si domanda se il futuro riserverà ancora qualcosa ai Leoni oppure se dovranno fare spazio a una franchigia federale, i famosi/famigerati Dogi.

C'era e c'è, chissà per quanto ancora, la Ghirada. Centro sportivo aperto a tutti, tante strutture per tutti i gusti e per ogni esigenza. Oggi, più vuoto che mai. Una palazzina, quella bianca a fianco ai campi da volley all'aperto, oramai chiusa e abbandonata. Dove un tempo Maurizio Gherardini, Enzo Lefebre, Michele De Conti e Bruno Da Re lavoravano inseguendo successi prestigiosi, oggi ci sono solo porte chiuse ed uffici sgombrati da ogni arredo.
Il negozio Playlife, prima del restauro di fine anni '90 punto d'incontro per l'acquisto dei tagliandi delle partite e del merchandising ufficiale, prossimo alla chiusura. La liquidazione totale è avviata.
Playground deserti: sembrano distanti quei giorni di settembre in cui tifosi, appassionati, curiosi, addetti ai lavori si assiepavano per assistere alla presentazione delle squadre.

C'era e resta, ovviamente vuoto, il Palaverde. Costruito quasi trent'anni fa, a tempo di record, e rimasto nel tempo un piccolo gioiello, è oggi orfano della sua dimensione pura, quella sportiva. Perché qualche concerto non può davvero bastare a giustificarne l'esistenza.

Macerie di un impero che fu.

Cosa emergerà da questa profondo, inconfessabile ma evidente desiderio di dismissione? Proviamo a indovinare.
Il Parco Primo Sport 0246. Non fosse altro, per la possibilità di esportare il format altrove in Italia, magari coinvolgendo altri investitori.
L'Asolo Golf Club. Bello, per carità. Ma occorrerebbero vari approfondimenti per capirne la reale importanza.
Basteranno a testimoniare l'impegno dei Benetton nello sport, oggi trincerato dietro la tanto amata terminologia "sociale"? Solo il tempo potrà dirlo.

martedì 28 agosto 2012

Mercato d'annata

Ripenso a quattordici mesi fa. A quel che c'era, a quel che ci sarebbe stato, a quanto è accaduto e alle ipotesi non realizzate. Ripenso al fatto che una squadra, oggi scomparsa, assassinata, disponeva tra le altre cose di eccellenze assolute. Quante squadre in Italia potevano annoverare una coppia di play ben mixata, tra il giovane alto e dalla visione di gioco estesa al massimo al veterano di qualità, esterni titolari d'impatto, un settepiedi mancino capace di giocare con naturalezza fronte a canestro ed un pivot basso, atipico, ma terribilmente efficace?

Stefan Markovic, Massimo Bulleri, Alessandro Gentile, Devin Smith, Donatas Motiejunas, Greg Brunner. A giugno 2011, Treviso avrebbe potuto ripartire da loro - sul lituano si addensavano voci di NBA, ma il lockout, lo si sarebbe visto di lì a poco, avrebbe rinviato lo sbarco oltre Atlantico  - dopo una stagione positiva, chiusa con un quarto posto sia in patria che in EuroCup.
Invece no. Non fu possibile. Perché? Ve lo siete domandati?

C'è un fastidioso ronzio nella mente, da allora. Un interrogativo pressante. Una negazione, fatti che smentiscono parole pronunciate. Perché risulta davvero strano che, a fronte di ampie dichiarazioni di conferma di un budget importante, per un ultimo anno d'impegno, agenti e procuratori di tanti dei sopra citati atleti siano stati invitati, giusto un anno fa, a trovare sistemazioni alternative per i loro assistiti. Ed in luogo di giocatori ottimi siano giunte belle promesse, in parte mantenute ed in parte disattese. Oltretutto accettando una scommessa rischiosa ed alla fine persa, quella del blocco americano, con le fughe di dicembre e la faticosa ricostruzione di un quintetto titolare troppo mutevole per essere stabile.

La questione è relativamente semplice. Se il budget a disposizione era effettivamente confermato, pur con la perdita di uno sponsor di maglia "pesante", per quale motivo i contratti più onerosi vennero ceduti o transati ed i giocatori sostituiti con loro colleghi di costo (e, spesso, valore) inferiore? A cosa sono serviti i soldi risparmiati con la triste operazione d'austerità?

L'immaginazione non è soggetta a tassa, per fortuna. Quindi è bello poter sognare. Markovic, Gentile, Smith, Motiejunas (o un suo sostituto americano) e Brunner nello starting five. De Nicolao, Bulleri, Becirovic, Sandri, un paio di ali straniere e Cuccarolo in panchina. Allenatore, Sasha Djordjevic. Come sarebbe andata a finire? Impossibile dirlo, non lo si è potuto verificare. Ed è un vero peccato. Ma la morte della Pallacanestro Treviso, attraverso una vera agonia, è iniziata ben prima di questa torrida estate 2012.

sabato 25 agosto 2012

Domande necessarie (cui finora non è mai stata data risposta esaustiva)

Perché per sedici mesi Gilberto Benetton e Giorgio Buzzavo hanno promesso di cedere un bene immateriale, ovvero un titolo sportivo FIP, nonostante tale operazione non fosse possibile?

Perché Pallacanestro Treviso è ancor oggi una società controllata da VerdeSport e non è stata riconsegnata alla città?

Perché, a dispetto del largo preavviso, si sono attesi gli ultimi quindici giorni di giugno 2012 per stilare un rendiconto economico-finanziario di Pallacanestro Treviso da presentare a chi avesse voluto subentrare nella proprietà?

L'ostacolo ad una possibile cessione del club era solo il codice FIP che dà diritto ad incassare i parametri NAS prodotti negli anni precedenti?

Perché il buyout di Bjelica verrà incassato solo il prossimo febbraio?

Alla fine, a dispetto di tante parole spese, la società Pallacanestro Treviso è mai stata realmente disponibile per una cessione a titolo oneroso piuttosto che gratuito?

venerdì 24 agosto 2012

Fine dei giochi?

Ho lasciato trascorrere qualche giorno dall'annuncio, inevitabile, di rinuncia da parte di Treviso Basket a proseguire con i ricorsi alla giustizia sportiva. Occorreva metabolizzare, lasciar sedimentare e forse riflettere a mente fredda.

La decisione era nell'aria. Dopo tre "no" consecutivi, con sempre minor tempo a disposizione, senza uno straccio di alternativa (leggi titolo di altra categoria su cui costruire qualcosa), continuare ad insistere sarebbe stato folle. O al limite una mera questione di principio, un dispetto a danno di altri. Brutto da dire, ma è la verità.

Si è preferito fermarsi in tempo, riordinare le idee, pensare ad altro. Attenzione, il basket a Treviso non morirà. Perché è nel DNA della gente. Perché la passione, lo si è visto chiaramente, c'è ed è assoluta. Resta la tristezza per un anno, una stagione 2012/'13, che sarà impiegato quasi solo da pratiche burocratiche e di ingegneria gestionale, senza sport nell'accezione agonistica del termine. La tristezza è tutta qui.

Un gioco è finito. Ma tanto resta da fare. Aspettiamo qualche giorno, Treviso Basket non rimarrà inattiva. E gli stessi tifosi, credo che potranno ancora essere protagonisti. Poiché in fondo, Treviso Basket, sono anche loro. Persone comuni che hanno deciso di tassarsi in autonomia per dare un segnale forte. Qualcuno li ha ignorati. Ma i soci del club hanno capito: non saranno soli.

lunedì 20 agosto 2012

I bicchieri della DS

Trittico d'interventi nell'ultima puntata della Domenica Sportiva sul caso Treviso Basket.

Bene ha detto coach Andrea Trinchieri. La Federazione ha commesso un grosso errore. In tempi di profonda crisi, cancellare dalle mappe sportive una delle poche realtà che continua a dimostrare entusiasmo, serietà, disponibilità e progettualità non è affatto un segnale positivo per l'intero movimento.

Il suo collega Attilio Caja ha osservato la vicenda con una diversa prospettiva. La futuribilità. Il progetto Treviso Basket potrebbe godere di ampio vantaggio tra un anno, ripartendo a spese altrui grazie a risorse già  reperite. La realtà è meno ottimistica di quanto possa pensare l'Artiglio pavese, ma possiamo credere nella sua buona fede.

Ha chiuso Stefano Michelini, terzo allenatore interpellato. La sottolineatura del tempo concesso dalla proprietà uscente stona profondamente. Risulta quasi obbligatorio chiedersi se egli creda davvero in quello che dice oppure se non sia soltanto informato superficialmente, il che sarebbe ancor più grave visto l'incarico ricoperto di opinionista televisivo. L'idea, è ovvio, è personale, tuttavia partire da presupposti errati conduce solo a nuovi sbagli. Forse Michelini non sa che VerdeSport per sedici mesi ha promesso quel che poi non poteva mantenere e non ha mantenuto, ovvero la cessione di un titolo sportivo, quello di Serie A, che non le apparteneva. Forse Michelini non è stato informato delle dichiarazioni dell'AD della holding sportiva del Gruppo Benetton, che ha ammesso senza troppe remore l'intenzione di mantenere il controllo del club originario, la Pallacanestro Treviso, per non perdere alcuni benefit economici, dai parametri NAS ai buyout di alcuni giocatori. La bocciatura della FIP, tramite brusco voltafaccia, è giunta anche a causa del mancato rispetto di una promessa a suo modo impossibile da onorare completamente. 

Al di là delle gaffes di Michelini, degli auguri di Caja e dei rimpianti di Trinchieri, resta un solo bicchiere. Quello di Treviso Basket. Ad oggi, desolatamente vuoto. 

venerdì 3 agosto 2012

Sosta estiva con tristezza

Eccoci qui. Tre agosto. Caldo stagionale, sole, voglia di vacanza. Tutto normale. Se non fosse che questa, per tanti motivi, non è una estate "normale". Non lo è per chi, come il sottoscritto, ama la pallacanestro.

Ripenso agli anni scorsi, quando le ferie si pianificavano in virtù di un calendario stilato da terzi. Si cercava di rientrare per l'inizio del raduno, in modo tale da poter far combaciare, uno dopo l'altro, svago e lavoro. Ed era quasi una gioia poter tornare dal mare o dalla montagna e rivedere facce conosciute o nuove, tutte accomunate da una sola idea. Fare basket.

Quest'anno no. Ieri un amico, collega di una testata del Mezzogiorno, mi ha telefonato per uno scambio d'informazioni, accompagnato da qualche chiacchiera informale. Ho scoperto che sia io che lui rincaseremo dal periodo vacanziero nello stesso giorno. Ma a differenza sua, al ritorno non avrò un appuntamento con una squadra da seguire, con giocatori con cui parlare, con una tabella di allenamenti ed amichevoli da scandire di settimana in settimana. Lo invidio.

Gli ultimi due mesi hanno rappresentato qualcosa di intenso. Fiducia, accenno di programmazione, allarme improvviso, profonda delusione, nuova fiammella di speranza, corsa contro il tempo, orgoglio, convinzione, incazzature a ripetizione: questo è il condensato di quanto è avvenuto.

Ora è giunto il momento di staccare la spina, di provare a dimenticare tutto per un paio di settimane. L'augurio è di poter trovare buone nuove dopo Ferragosto. Chissà, magari qualcosa accadrà. Buone ferie e buon basket a tutti.

mercoledì 1 agosto 2012

Pronostico rispettato

Tre a zero. Che altro vi aspettavate? Un accoglimento anche solo parziale del ricorso? Una ammissione d'errore? Un "scusate, avete ragione, voi i soldi li avete e vi abbiamo sbattuto fuori mentre abbiamo ammesso anche chi presumibilmente faticherà a pagare i primi stipendi"?

Beata ingenuità. C'è chi dice che nella vita sia meglio essere ottimisti piuttosto che pessimisti. Io preferisco il bieco realismo. Magari fa male come un cazzottone sferrato da un peso massimo, ma almeno non mi illuderà riguardo al futuro. 

Bocciatura doveva essere e bocciatura è stata. C'è chi dice per documentazione incompleta, chi per confermare una tradizione di autoreferenzialità, chi ricordando i pasticci federali del Lorbek-Cuccarolo che a solo nominarlo deve agitare i sonni di qualcuno che in certe stanze si muove da una vita. 

Com'è, come non è, così è andata. Fine corsa? Chi lo sa, magari i soci di Treviso Basket si stuferanno e molleranno il colpo. Nessuno potrebbe biasimarli, vista la quantità industriale di fango ingurgitato e di tranvate facciali rimediate. Non certo per masochismo, ma per senso di responsabilità, per amore dello sport e per possibilità di riavviare un piccolo modello economico. Ma in fin dei conti, per alcuni, i cognomi Bottari, Bordini, Fabbrini e Tramet, o il simulacro di Paolo "Piranha" Vazzoler sono nulla. O poco più che piccoli fastidi. Magari c'è chi li potrebbe considerare punture di zanzara: stagionali, quindi da sopportare fino a quando il caldo non cede il passo ai colori d'autunno. 

Per me no. Non è una moda. Queste persone hanno creduto in un progetto al punto da investire denaro (parecchio, per questi tempi), tempo ed energie. Qualcuno ha detto loro di no. In un'aula di un tribunale sportivo. All'interno di un consesso di consiglieri. Magari anche con una telefonata. Questo miracolo non s'aveva da fare. 

Treviso deve sparire. Come doveva sparire la Virtus nel 2003 - ma si creò prontamente una scialuppa in B1 e non si ostacolò l'operazione FuturVirtus-Castelmaggiore. Come doveva sparire Messina, sempre nel 2003 - ma fu premiata con la promozione d'ufficio, paradosso dei paradossi. Come doveva sparire la Fortitudo nel 2009 - invece ancora B1, con girone dispari, e poi altri due anni di alchimie per tenere in piedi un baraccone pieno solo di debiti. Come doveva sparire la Nuova Sebastiani Basket di Papalia - altro giro, altra regalia, vedi deroghe ai regolamenti per autorizzare un trasloco impossibile. E Montecatini, cui fu concessa una seconda occasione nel giro di poche settimane, poi sprecata ma almeno non incassò un "no" secco subito. O la Viola, un disastro dietro l'altro. I debiti di Teramo, il mercato bloccato di Avellino, le continue attenzioni a Napoli per recuperare una metropoli che da quindici anni non ha più un palasport degno di tal nome. Per tutte, un piccolo favore qua, un occhio di riguardo là. Insomma, una soluzione. Treviso no. Neanche in Promozione. 

I tifosi e qualche politico parlano di Lega Adriatica. Costosa e non preventivata, ma bella ed affascinante. Soprattutto, lontano da una Federazione che negli ultimi anni non ha saputo rinnovare, innovare e raccogliere risultati ma solo beghe e procedimenti giudiziari. E da una Lega che ha perso da troppo tempo l'occasione per essere demolita e ricostruita su un modello vincente.

Tuffo nel passato. 1987. In Italia arrivano due signori spagnoli. Si chiamano Jordi Bertomeu ed Eduardo Portela. Piccoli manager, avvocati: vogliono studiare il basket italiano per replicarne il successo organizzativo in patria. Cinque lustri dopo, la ACB è leader continentale e da essa (e dagli stessi personaggi) è nata l'ULEB, che ha rivoluzionato l'Europa dei canestri. Nella penisola iberica il basket è fenomeno di costume e di marketing, gli impianti sono nuovi e possono andar esauriti in abbonamento(!) mentre da noi si sopravvive tra strutture fatiscenti e tendoni imbarazzanti. E soprattutto, il calo di pubblico e di interesse nel Belpaese è verticale. Neppure un argento olimpico, roba di otto anni fa, viene sfruttato a dovere per promuovere lo sport. Ci si appoggia a pochi mecenati. Ma quando questi, uno dopo l'altro, dicono "basta" (alcuni con somma signorilità, altri meno), nulla di concreto si muove. A parte le presenze alle partite, alle riunioni, ai meeting. Giusto per poter dire di essere stati presenti. Un gettone, neanche per l'americano tappabuchi in attesa che la propria stella torni a brillare dopo un infortunio. 

Volevamo essere l'America. Siamo inferiori anche alla Germania, dove fino a pochi anni fa si giocava in palestrine vergognose, o alla Francia, in cui il dilettantismo inteso come rifiuto della possibilità di business sportivo è quasi un Moloch. Nemmeno la Nazionale ottiene risultati. Dal 2005, illusorio oro ai Giochi del Mediterraneo, è un susseguirsi di flop. Di chi la colpa? La FIP accusa la Lega, i club se la prendono con la Federazione, i giocatori italiani chiedono e ottengono garanzie che alla fine portano loro benefici economici ma non di crescita tecnica mentre gli allenatori non vengono incentivati ad investire su sé stessi - tanto, bravi o mediocri, nessuno li paga a formazione ma solo a risultato agonistico - e degli arbitri è meglio non parlare. In questa situazione, Treviso rischia di sparire dalla mappa. Prima di lei, è già accaduto ad Udine e Gorizia, altre piazze di tradizione tanto nei pro quanto tra gli juniores. Ma quali peana sono stati intonati? Non se ne ode traccia alcuna. Piuttosto, meglio togliersi dalle scatole un "possibile pericoloso precedente normativo", per dirla in burocratese. Cosa importa se il già citato Bertomeu, adesso potentissimo e riverito, si scomoda per chiedere di preservare una tradizione che funge anche da veicolo pubblicitario? Meglio, per molti, pensare ai parametri NAS, che ridendo e scherzando alla fine sono un incasso abbastanza garantito.

Treviso muore. Da sola, senza filistei. Ed il suo sacrificio, così, risulta ancor più illogico. 

lunedì 30 luglio 2012

Quesito del giorno

Quanti anni occorrono per completare l'ammortamento di un palasport omologato per la Serie A italiana? Sei lustri non sono sufficienti?

sabato 28 luglio 2012

Quel silenzioso desiderio di bavaglio...

Interrompo con un breve off topic l'argomento principale del blog.
In Ungheria, il governo Orbàn si sta segnalando per insopprimibili pruriti liberticidi a danno della fragile democrazia del Paese magiaro. Un rigurgito di proto-fascismo che fa rabbrividire.

In Italia ci siamo passati. C'è stato il Ventennio. In epoca più recente, qualcuno ha provato, senza successo per fortuna, ad apporre un limite ai diritti sanciti dall'articolo 21 della Costituzione. E qui, rientro in argomento.

Mi ha molto addolorato un certo comunicato stampa emesso un paio di giorni fa. La difesa della propria onorabilità, se offesa, è legittima e su questo non intendo discutere. Non mi è piaciuta invece la pretesa di zittire a priori. Sentirmi dire "non è il tuo caso, ma siamo stufi delle sparate di certa gente e quindi diamo un avviso chiaro" mi ha fatto pensare alla censura preventiva. Un qualcosa che aborro, che mi provoca un intenso brivido d'orrore.

Viviamo in uno Stato di Diritto e gli istituti giuridici di tutela abbondano. Non credo sia il caso di elencarli qui. E allo stesso modo credo che chiunque si veda o si senta appellato in maniera dispregiativa oppure venga a conoscenza di attribuzioni di fatti a sé estranei possa tranquillamente far riconoscere le proprie ragioni senza invocare, a prescindere, la mordacchia per i dissenzienti. I tribunali esistono apposta, per determinare eventuali illeciti o abusi e punire i colpevoli. Stabilire dal principio quali argomenti si possano o meno trattare, quali nomi citare, di quali situazioni dibattere, è inammissibile. 

Questo è il mio pensiero. Sperando che mi sia consentito di esprimerlo ancora per tanto tempo. 

Lo diceva anche Fedro

In principatu commutando saepius nihil praeter domini nomen mutant pauperes


(Al governo c'è spesso mutamento, ma per la gente comune cambia solo il nome di chi comanda)

venerdì 27 luglio 2012

Pensierino del mattino (con definizioni accessorie)

Deroga (s.f.): Eccezione (spec. alla consuetudine o alle disposizioni di legge); abrogazione parziale.
Discrezionalità (s.f.): Parziale possibilità di seguire criteri personali nell'esercizio di determinate funzioni amministrative.

In Italia, diverse decisioni gestionali assunte da enti pubblici paiono reggersi su questi due presupposti. Il merito sembra quasi non esistere. Se c'è interesse, si agisce a discrezione e si aggira l'eventuale ostacolo normativo con apposita deroga. Sempre, appunto, che sussista un presupposto d'opportunità di base. Altrimenti la discrezionalità viene utilizzata per bloccare in ogni modo. All'interno di riunioni ufficiali o anche con telefonate che travalicano il limite della liceità.
Ma, appunto, siamo in Italia.

giovedì 26 luglio 2012

Ipse dixit

Dino Meneghin (presidente FIP), 26/07/2012: "Da febbraio 2011 in poi, nessuno mi ha telefonato da Treviso per la questione del club, a parte i volti noti ovvero Vazzoler, Pittis, Coldebella. Le uniche chiamate degli imprenditori sono giunte troppo tardi."


Valentino Renzi (presidente Legabasket Serie A), 16/07/2012: "Mi sono impegnato in prima persona per fare qualcosa per Treviso, ho partecipato addirittura ad una riunione dei consorziati un paio di mesi fa."


Claudio Coldebella (ex vicepresidente esecutivo Pall. TV), 15/07/2012: "Negli ultimi quindici mesi, la Federazione Italiana Pallacanestro e la Legabasket non hanno fatto niente per cercare di salvare una piazza come Treviso, nessuna telefonata, nessun aiuto, anche morale, a differenza di alcune persone che hanno dimostrato il loro attaccamento a questo sport cercando forse a torto di sostituirsi alle istituzioni che purtroppo hanno dimostrato per l'ennesima volta la loro totale assenza."


Domanda: chi mente?