Il sommo Toni Servillo mi scuserà se prendo a prestito le parole di uno dei personaggi da lui interpretato (il neomelodico Tony Pisapia, una sorta di Franco Califano in salsa partenopea) per descrivere il mio stato d'animo. No, non ce l'ho con una consorte che non ha comprato i lime occorrenti per una caipirinha da realizzare in casa - tra l'altro io preferisco altri tipi di cocktail, dal Vesper Martini al White Russian. Piuttosto ho le metaforiche tasche alquanto piene di giustificazioni, scuse, non-gioco, disastri sportivi. In una domenica in cui finalmente l'Italia del tennis ritrova il massimo splendore con una Coppa Davis da godere, in cui l'Italia dei motori festeggia il bis del binomio Pecco Bagnaia-Ducati, la nota stonata è la solita Nutribullet che perde. E perde male, restando l'unica squadra di un campionato nazionale professionistico a quota zero punti dopo nove turni.
L'avevo detto e lo ribadisco: sì, la squadra costruita in estate aveva e ha dei problemi. La regia, tanto per cominciare, per proseguire con la difesa. Pensare di risolvere tutto dopo una sola partita dall'arrivo dei rinforzi, entrambi bisognosi di recuperare il ritmo-gara, è pura utopia. Però qualcosa di diverso me lo sarei aspettato. Non tanto da Scoop Robinson, che si è presentato con una discreta pancetta, o da Osvaldas Olisevicius che comunque è stato il meno peggio dei suoi. Avrei voluto una reazione finalmente positiva, propositiva ed assennata da parte di chi sinora è rimasto al riparo dalle critiche dello staff tecnico. Mi riferisco a quel D'Angelo Harrison che è sempre troppo croce e ben poca delizia di TvB. Tolti i primi minuti di partita, l'ex Brindisi è tornato quello di sempre. Ossia un solista che gioca in un modo solo, in isolamento, senza coinvolgere nessuno. Nulla di meglio ha saputo fare Ky Bowman, altro fedele scudiero di Frank Vitucci, che si è esibito nel solito tiro contro il mondo ed i cui unici lampi sono costituiti dalle stoppate in recupero. Ed anche l'allenatore ha dimostrato di non percepire fino in fondo i problemi di una formazione che almeno in parte ha costruito e che palesemente non esegue i suoi dettami.
Harrison, pagato carissimo, doveva essere l'elemento imprevedibile ma con il compito di infondere fiducia e tranquillità. Al contrario, il giocatore sa solo trasmettere nervosismo, specie quando non ce n'è bisogno. Quando la palla non gira, il tiro non entra, i giochi non riescono, l'ultima cosa di cui si abbia bisogno è una guardia nervosetta che litiga con avversari ed arbitri. Credete sia una caso che a Pesaro l'unica effimera rimonta (dal -22 sino al -10) sia avvenuta con la presunta stella a sedere? Io no. Così come non dimentico che in quel quintetto da smallball c'era Olisevicius da 4, unica mossa interessante della serata, con Faggian cui è stata data licenza di utilizzare il fisico e Zanelli da manovratore. Questi sono gli elementi da cui Treviso deve ripartire. Assieme ad un Paulicap che è tornato in doppia-doppia grazie soprattutto ai passaggi in post che Olisevicius gli ha recapitato - Young quando riceveva il pallone tirava e basta. Come dicevo, sarà anche un caso ma il lituano, il mottense, l'italo-argentino ed il pivot di origini haitiane sono gli unici elementi ad essersi salvati nel marasma generale della Vitrifrigo Arena.
Il resto? Da mani nei capelli, per chi li ha. Detto di Harrison e di Bowman, non si può dire che gli altri abbiano fatto qualcosa di buono. Robinson è imballato, ancora deve digerire alcuni schemi (e forse pure il tacchino del Ringraziamento) oltre a dare una registrata al mirino. Camara pecca sempre di ingenuità, per quanto si sbatta. Mezzanotte dopo la prestazione-monstre contro Napoli è tornato nell'anonimato, sintomo di un malessere di squadra per l'assenza di risultato. E Allen? Prima del colpo fortuito alla bocca rimediato da Mazzola, era già un fantasma. Pensato come equilibratore di una squadra con tanti (troppi) tiratori, ora che quel ruolo è stato preso da Olisevicius l'americano è divenuto inutile.
E poi c'è Frank. Che chiede scusa, ammette gli errori, dice che tutti sono incazzati e che ci si dovrebbe vergognare. Giusto, ha ragione e ci mette la faccia. Ma mi chiedo a questo punto chi abbia scelto o avallato gli acquisti in estate di Booker, di Young, di Allen oltre all'operazione di trapianto brindisino che da mesi dà segnali di crisi da rigetto. Forse il primo errore è lì, pensare che le ottime annate brindisine fossero replicabili o che certi risultati fossero frutto di un consolidamento. In Puglia, dove poche ore fa hanno colto il primo successo in campionato della stagione (e contro la Virtus...), hanno aperto gli occhi: quelli vissuti in precedenza sono stati anni irripetibili, frutto di varie congiunzioni fortunate e di scelte felici ed a volte fortunose. Brindisi, come Treviso, è partita commettendo errori marchiani: Vito Catozzo Corbani non era un allenatore su cui puntare, JaJuan Johnson non è un 5, Mitchell non andava bene, Morris non è adatto ad un certo tipo di gioco. Per invertire una tendenza pericolosissima, Brindisi ha compiuto il primo avvicendamento da quasi un mese. E lo ha fatto in panchina. Brutto a dirsi, ma se una squadra non segue l'allenatore, ci sono poche soluzioni per risolvere il problema.
Sfogliando gli almanacchi più recenti si trovano due partenze peggiori di TvB in Serie A. Pesaro nel 2019-2020 vinse la prima partita al 18° turno ossia ad inizio del girone di ritorno. Quella Vuelle era condannata a scendere, poi arrivò il Covid e si salvò per annullamento della stagione. Nel 2014-15 Caserta impiegò quindici giornate per cogliere il primo successo, masticando e sputando giocatori ed allenatori. Quella Juve, comunque già sulla strada per il tracollo finanziario, fece miracoli nel ritorno ed arrivò a giocarsi la salvezza nello spareggio di Pesaro. Perso ma neutralizzato dopo qualche settimana dalla decisione di Roma di autoretrocedersi. Entrambe le formazioni citate voltarono pagina dopo dei cambi in panchina: i marchigiani richiamando il santone Giancarlo Sacco, i campani scommettendo su Enzino Esposito. Con questo non voglio mettere sulla graticola gratuitamente Frank Vitucci, ma mi rendo conto che se la squadra costruita da lui e da Giofrè non rende, significa che occorre essere più radicali nelle scelte. Occorre coraggio assieme ad un bel po' di pelo sullo stomaco. Si sono giubilati giustamente Booker e Young, il primo per immaturità ed il secondo per inadeguatezza comportamentale oltre che tecnica. Se l'attuale tandem tecnico intende evitare una retrocessione in A2 che costerebbe carissimo a Treviso Basket, è giunto il momento di tagliare i ponti col passato brindisino smettendo di credere che un Harrison o un Bowman possa fare pentole e coperchi. Testa bassa, gambe piegate, sudore, fatica, anche smadonnamenti come insegnerebbe il buon Matteo Maestrello: chi non ci sta, chi crede di poter fare la star o di godere di privilegi, può prendere il primo aereo e tornarsene a casa. Se retrocessione dev'essere, che almeno abbia un significato. Come ho già scritto un mesetto fa, preferisco vedere in campo un Faggian con tutti i suoi limiti: prendere qualche botta e qualche tranvata in faccia gli farà bene, lo aiuterà a maturare, invece di fungere da decimo in rotazione con poco spazio ed ancor meno considerazione.
Ed ora vi saluto con la cosa che ho più cara al mondo: la notte. Se volete, fatevi una caipirinha ripensando al basket bello, quello di qualità, quello in cui si difendeva anche duro e sporco, quello con meno americani e più anima, quello che non abusava del tiro da 3 e che viveva di tattica raffinata. Io mi ritiro in buon ordine riascoltando la voce roca di Tony Pisapia che ci ricorda una cosa semplice ma verissima. Ancor di più in questo Paese delle assurdità, della violenza e delle esagerazioni che promette e non mantiene, che illude e poi delude. La lezione è questa: "La vita è 'na strunzata!"