Ho lasciato trascorrere qualche giorno dall'annuncio, inevitabile, di rinuncia da parte di Treviso Basket a proseguire con i ricorsi alla giustizia sportiva. Occorreva metabolizzare, lasciar sedimentare e forse riflettere a mente fredda.
La decisione era nell'aria. Dopo tre "no" consecutivi, con sempre minor tempo a disposizione, senza uno straccio di alternativa (leggi titolo di altra categoria su cui costruire qualcosa), continuare ad insistere sarebbe stato folle. O al limite una mera questione di principio, un dispetto a danno di altri. Brutto da dire, ma è la verità.
Si è preferito fermarsi in tempo, riordinare le idee, pensare ad altro. Attenzione, il basket a Treviso non morirà. Perché è nel DNA della gente. Perché la passione, lo si è visto chiaramente, c'è ed è assoluta. Resta la tristezza per un anno, una stagione 2012/'13, che sarà impiegato quasi solo da pratiche burocratiche e di ingegneria gestionale, senza sport nell'accezione agonistica del termine. La tristezza è tutta qui.
Un gioco è finito. Ma tanto resta da fare. Aspettiamo qualche giorno, Treviso Basket non rimarrà inattiva. E gli stessi tifosi, credo che potranno ancora essere protagonisti. Poiché in fondo, Treviso Basket, sono anche loro. Persone comuni che hanno deciso di tassarsi in autonomia per dare un segnale forte. Qualcuno li ha ignorati. Ma i soci del club hanno capito: non saranno soli.
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