giovedì 27 dicembre 2012

L'anno che verrà

Richiamo già nel titolo di questo mio intervento una canzone di Lucio Dalla. Un artista che apprezzavo saltuariamente, ma che, pur virtussino e quindi "avversario"nel tifo sportivo, ha amato Treviso come pochi, memore della sua gioventù. Lucio è uno dei giganti che ci hanno lasciato in questo 2012 da tragedia, che sta per concludersi. Amava lo sport, lui così piccolo e sgraziato, e per il basket ha fatto tanto.

Un destino beffardo ha accomunato Dalla a Enzo Lefebre. Scomparsi nello stesso giorno, in maniera differente. Combattente nato, nel vocabolario di Enzo il sostantivo "resa" mancava, al pari della forma riflessiva del verbo correlato. Ecco, Enzo non ha mai innalzato bandiera bianca. Non l'ha fatto quando ha dovuto combattere la malattia, non l'ha fatto quando più volte il mondo è parso crollargli sulla testa. Si è sempre rialzato e ha tentato strade alternative. Anche quando tutto stava andando a rotoli, anche quando amici e collaboratori gli consigliavano di risparmiarsi, di godersi gli ultimi giorni su questa terra invece di penare alla ricerca di una soluzione per la sopravvivenza del basket a Treviso che incontrava puntualmente un ostacolo frapposto. Enzo mi manca come persona, prima ancora che come professionista della pallacanestro. 

Potrei anche sorvolare, eppure sempre il primo marzo 2012 è scomparso anche un giornalista, che al basket ha dato qualcosa. Meno che al calcio, suo grande amore con l'apogeo dell'Hellas dello scudetto '86, e meno anche del tennis, che praticava. Eppure le prime imprese della Scaligera erano passate anche per il suo taccuino e per la sua voce. Germano Mosconi, dai più conosciuto solo per il suo coloritissimo modo di porsi di fronte agli imprevisti ed alle arrabbiature, è la terza perdita pesante dell'anno. E, per una volta, bando all'ironia.

L'anno che va a concludersi ha segnato anche la chiusura di una rivista storica, "SuperBasket", che per tanti appassionati rappresentava tutto, a dispetto della digitalizzazione imperante e delle informazioni via internet. Un pessimo segnale per il movimento, che nessuno nelle alte sfere pare aver raccolto.

Come città di Treviso, abbiamo perso per strada la Serie A, cui una proprietà ha deciso di rinunciare invece di cedere il giocattolo a chi aveva dimostrato di voler continuare, con o senza l'industriale del cartone dal carattere volubile. Si è ripartiti dal basso, dalla Promozione, dal Natatorio dove tutto era iniziato. Lontano dalla Ghirada ricca di paillettes e lustrini ma sempre più povera di anima vera. Caduti, anzi precipitati, ci si è rialzati tutti assieme. 

Treviso Basket ha iniziato a vivere così, partendo dal coraggio, dalla voglia ed anche dall'incoscienza di chi, in estate, senza sapere a cosa si andasse incontro, ha deciso di mettersi in gioco. Dall'imprenditore che accetta una scommessa pesante all'ultimo dei tifosi che, magari disoccupato e appena licenziato, si priva di cento Euro in nome di un sogno. 
Da allora, tanto è stato fatto e tanto resta ancora da fare. Quindi, guardando al 2013, resta l'augurio. A Paolo Vazzoler, a Claudio Coldebella, ai fratelli Fabbrini, a Gianantonio Tramet, a Stefano Bottari e a Stefano Bordini, ai soggetti raccolti dal Consorzio UniVerso, a Goran Bjedov e Marco Mian, ai giocatori di Treviso Basket (giovani o veterani, non importa), ai tifosi. Che il prossimo anno possa coincidere con un altro passo importante verso la rinascita del movimento e con il ritorno della pallacanestro di Marca in un campionato nazionale.