domenica 27 settembre 2020

Essere o non essere (squadra): questo è il problema

 Buona la prima, per Treviso Basket. Pessimo debutto, per l'Aquila Trento. In sintesi, la partita di avvio della stagione regolare 2020/21 in un Palaverde trasformato in teatro dalle normative anti-Covid ha fornito indicazioni piuttosto chiare. Per praticità le riassumerò in punti progressivi.

1. CIRCOLAZIONE DI PALLA - Inutile nascondersi dietro un dito: oggi come ieri e prima ancora, vince chi riesce a muovere la sfera creando opportunità e sfruttando le falle nella difesa altrui o le distrazioni dei singoli. Nel primo tempo c'è riuscita Treviso che poi, a fronte di un'Aquila più cattiva e determinata nel pitturato, ha faticato a far circolare il pallone oltre le solite linee perimetrali. Nel confronto ai punti inteso come statistiche ma anche come impatto generale, il piccolo Russell ha surclassato il più stazzato Browne trovando invece un avversario più tosto nel veterano Forray. Non è un caso che la vittoria di TVB sia coincisa con gli sprazzi migliori del suo play titolare (9 assist, doppia-doppia sfiorata), così come non è un caso che Trento le cose migliori le abbia fatte con Ladurner sotto le plance al posto di un Williams sì funambolico in attacco ma disastroso dietro e condizionante negli equilibri.

2. SCELTE - Treviso vince nonostante un tremendo gap a rimbalzo (26-45, regalando 22 carambole offensive). In condizioni teoricamente normali, la differenza sotto le plance dovrebbe garantire un facile successo a chi può godere su 11 possessi offensivi in più, che diventano 5 se si conta il maggior numero di palle perse. Dunque, dove sta la verità? Forse nella scelta di Menetti di affidarsi nei momenti critici al quintetto mignon con Russell-Imbrò-Logan che in difesa è utile solo su anticipi sulle linee di passaggio o con raddoppi blitz. O forse nella sorprendente solidità di Matteo Chillo che dopo le deludenti prove di Supercoppa si riscatta sostituendo al meglio Akele nel quintetto che vale il risultato. Ma anche nella sopra accennata questione del centro in casa Dolomiti Energia: la gara dei trentini muta volto quando JaCorey Williams commette terzo e quarto fallo in un amen - e chissà cosa sarebbe accaduto se gli arbitri si fossero accorti del suo quinto invece di sanzionare Forray, lesto ad alzare il braccio autoaccusandosi di qualcosa che non gli apparteneva. Ladurner non avrà mai la combinazione di atipicità e dinamismo dello statunitense ma sta dimostrando una mentalità da Serie A mantenendo la necessaria concentrazione per limitare brutti clienti (primo della serie, Mekowulu). Le statistiche confermano: con il prodotto locale in post basso, Trento è a +7, con Forray in regia arriva addirittura ad un teorico +9, mentre Williams vale un -11 e Browne addirittura -14; sul fronte opposto, il numero di Chillo non è il 15 di maglia ma il 9: come i punti fatti, il bottino di valutazione e soprattutto la voce positiva di Plus/Minus (miglior dato di squadra).

3. ASSENZE (VERE O PRESUNTE) - Lo stucchevole giochino del "se fosse..." può trovare un nuovo episodio per gli amanti del genere. Cosa sarebbe successo se Trento invece di dover spremere Sanders e Martin avesse potuto evitare che Morgan si facesse male al ginocchio nell'allenamento di rifinitura? Cosa avremmo visto in campo se il piede di Luke Maye fosse stato sano? E cosa sarebbe Treviso se al posto di Cheese ci fosse un esterno meno triste e più utile? Non lo sapremo mai. Intanto però possiamo dire che la Dolomiti Energia ha un assoluto bisogno di un 4 solido e perimetrale per variare il gioco in avvicinamento di Pascolo e Williams - e Mezzanotte, ahilui, non è quel tipo di giocatore vista la recente involuzione mentale ancor prima che tecnica; che tra Sanders e Browne si rischia l'autoscontro di neuroni e di finte incomprensibili, quindi un esterno in più che difenda e non lasci troppo solo Martin sarebbe necessario; che persino il vituperato Uglietti potrebbe dare molto di più del rookie statunitense di TVB che dopo un paio di cosette buone in Supercoppa è tornato così anonimo da far rimpiangere Cooke e DeCosey.

4. PROSPETTIVE - Calendario alla mano, la vittoria è un'ottima notizia per Treviso che ora è attesa da due partite proibitive e da una trasferta ad alto rischio. Iniziare con un ko casalingo con la prospettiva di collezionare sconfitte a Milano e Brindisi oltre che in casa con Brescia non sarebbe stata certo una bella notizia. Con i primi due punti di stagione Menetti può stare un po' più tranquillo ben sapendo che le sfide da vincere a tutti i costi nei prossimi due mesi saranno il 25 ottobre (in casa con Cantù), il 1° novembre (con Reggio Emilia) e il 15 novembre (con Cremona). Discorso diverso per i bianconeri che tra due giorni inizieranno la stagione europea in Turchia: il doppio confronto con un roster monco e con i problemi sopra descritti potrebbe rivelarsi deleterio in termini di dispersione delle energie e di quadratura della tattica di squadra. Oggi Treviso è un team con dei difetti ma che riesce a sopperire puntando sulle capacità custodite dal roster; al contrario Trento è una bella collezione di potenzialità con poche menti lucide e troppi egoisti e la differenza si nota.


Passiamo alle pagelle:

-DeWayne Russell VOTO 8: dimentichiamoci pure le difficoltà delle prime tre partite di Supercoppa, ché se il vero play scelto da TVB (con contratto biennale, tra l'altro) è questo, c'è da essere più che soddisfatti. Ottima lettura delle situazioni, tanto coraggio al tiro, fastidioso per gli avversari in difesa.

-David Logan VOTO 7: lo si conosce ormai. Sarà pure in fase calante, accuserà pure dei passaggi a vuoto in cui potrebbe credere di fare tutto da solo al di fuori degli schemi, ma le sue responsabilità se le prende. Anche a costo di sbagliare, vedi tiro libero fallito nel finale che fa correre qualche brivido lungo la schiena.

-Tyler Cheese VOTO 4: come il numero di maglia. Triste, anonimo, inutile, insapore. Nel pomeriggio chi scrive era in giuria aurea a Caseus Veneti e nemmeno tra i vari tavoli dei prodotti caseari presenti c'era qualcosa di così inespressivo da lasciare tanto delusi. Dovrebbe essere un valore aggiunto, per ora è più deludente di una specie di Galbanino affumicato.

-Giovanni Vildera VOTO 4,5: ne azzecca poche. Ma proprio poche poche. Buttato nella mischia dopo pochissimo a causa di due falli precoci di Mekowulu, non fa granché per farsi notare positivamente. Soliti blocchi aggiustati in attacco, solite difficoltà a rimbalzo offensivo. 

-Matteo Imbrò VOTO 8: una semplice annotazione, basta non farlo giocare play. Da guardia l'empedoclino è una sentenza (4/4 al tiro da 3, mica bruscolini) e ha l'indubbio merito di non nascondersi quando la gara pare scivolare in direzione Trento. Chissà, forse in Serie A c'è davvero spazio anche per lui.

-Matteo Chillo 7,5: sbaglia solo una tripla piedi a terra, quella che avrebbe chiuso la gara con un minuto di anticipo. Per il resto offre una solidità inaspettata in retroguardia facendosi preferire ad Akele nella rimonta finale.

-Christian Mekowulu VOTO 6: potrebbe fare molto di più anche se contro Ladurner fatica a trovare spazi e palloni giocabili. La voglia non gli manca e soprattutto non si deprime se non riesce sempre a giocare come vorrebbe.

-Jeffrey Carroll VOTO 6: si presenta carico e scoppiettante sul fronte offensivo però in difesa fa pochino e contro Martin non sa trovare contromisure a rimbalzo. Menetti così lo mette a sedere preferendo la fanteria leggera.

-Nicola Akele VOTO 6: stesse cifre di Chillo ma troppe difficoltà nella gestione dei falli e nel confronto con le ali trentine. Vale lo stesso discorso fatto per Carroll, in presenza di alternative valide resta a guardare dalla panchina.

-Max Menetti VOTO 6,5: partita a più volti, prima agevole poi in salita. La risolvono il 50% al tiro da 3, arma determinante ancor più dell'anno scorso per le sorti di squadra, ed una maggiore solidità mentale prima che tecnica di Russell, Imbrò e Chillo. 


-Kelvin Martin VOTO 7: non ancora al top della forma, mostra ugualmente ciò di cui è capace. Cioè appoggi, incursioni, rimbalzi. E quella tripla che quasi riapre i giochi a pochi secondi dal gong. Chissà cosa potrà fare quando sarà a posto fisicamente.

-Davide Pascolo VOTO 5,5: oscurato da Williams che gli occupa spazi e gli sottrae opportunità, trova una ragione d'essere a fianco di Ladurner. Poi ripiomba nell'anonimato e si fa preferire Mezzanotte che però non ne azzecca una.

-Luca Conti VOTO 6: utile in copertura su Imbrò quando il siciliano è chiamato a fungere da play, spuntato in attacco dove si prende un solo tiro, sbagliandolo.

-Gary Browne VOTO 5,5: la solita scarica offensiva del terzo quarto in mezzo ad una regia confusa ed a scelte spesso rivedibili. Nota positiva i 7 rimbalzi catturati che però non può far archiviare il -14 di Plus/Minus.

-Andrés Forray VOTO 7: in quintetto per l'assenza di Morgan, è probabilmente il più ordinato tra le guardie della Dolomiti Energia e già questo pare un paradosso. Incomprensibile il fatto che veda le ultime azioni dalla panchina lasciando spazio a colleghi molto meno attenti.

-Victor Sanders VOTO 5: meriterebbe l'etichetta di "uomo finta". Non palleggia ma balla il samba cercando di intontire l'avversario: mossa che può funzionare una prima volta, poi diventa prevedibile e che si traduce in 4 palle perse e relativi contropiede regalati.

-Andrea Mezzanotte VOTO 4: che gli è successo? Dicono che abbia lavorato sodo per irrobustire la massa muscolare ma quello che si vede ciondolare in campo pare il gemello scarso ed indolente del ragazzo che solo due anni fa pareva destinato ad essere materiale da Nazionale maggiore. In 16 minuti, due palle perse e due airball dall'arco.

-JaCorey Williams VOTO 5,5: la combinazione tra gambe reattive, muscoli e istinto non si insegna. La disciplina invece sì ed in questo il centro dell'Aquila difetta parecchio. Non è un caso che la squadra patisca col suo pivot statunitense in campo e che giri a meraviglia quando al suo posto giostrano elementi meno dotati fisicamente ma più propensi al gioco di squadra.

-Maximilian Ladurner VOTO 7: pivot classico, di quelli che sembravano destinati ad un futuro da fossile nei musei. Ruvido, essenziale, presente: bei tagliafuori, tanto movimento sotto, puntuale nel prendere rimbalzi e nello sfruttare gli scarichi vicino a canestro. Un consiglio per Trento: dategli fiducia e minutaggio.

-Nicola Brienza VOTO 5: nel momento migliore della sua squadra propiziato da un quintetto quasi obbligato per i falli di Williams, non corregge gli errori già evidenti e commette lo sbaglio assoluto di richiamare in campo il suo centro titolare, a sedere da un quarto d'ora. La frittata è fatta. Una domanda: di chi è la colpa della paurosa involuzione di Mezzanotte?

lunedì 21 settembre 2020

Cosa resterà...

 ...di questa maxi Supercoppa?

Prendo spunto da una vecchia canzone di successo di Raf per una riflessione sui contenuti emersi dall'inutile torneo di preseason voluto da LBA per ravvivare l'interesse nei confronti della pallacanestro dopo la pausa per il lockdown. Una manifestazione, diciamolo pure, di dubbio valore tecnico e con tutte le stigmate delle amichevoli precampionato, pur con una patina di inutile ufficialità. Fosse almeno stata una novità assoluta si sarebbe potuto giustificare il tutto con la voglia di fare qualcosa di diverso. Invece no, perché una Supercoppa comprendente tutte le squadre di Serie A si era già vista esattamente venti anni fa. Correva l'anno 2000, si era agli sgoccioli della compresenza tra A1 ed A2 e qualcuno pensò che un evento estivo di grande portata potesse non solo dare pubblicità al movimento ma aiutare le squadre a rodare i meccanismi.

Come andò lo sanno tutti. Per chi ha la memoria corta, ad emergere dalle qualificazioni furono le due Virtus, Bologna e Roma, mentre Fortitudo e Treviso (menomate dalle assenze estive azzurre) erano già in possesso del pass delle semifinali in quanto detentrici rispettivamente di scudetto e coccarda. Nel deserto di quella bruttura architettonica del PalaMensSana di Siena vinse la Virtus inattesa, quella capitolina, con Jerome Allen protagonista: un successo che avrebbe contribuito da lì a poco a convincere l'ingegner Toti a prendere le redini del club ma che rimase gioia isolata in un ventennio avarissimo di soddisfazioni con solo tre finali disputate (tutte ovviamente perse). Per gli amanti della cabala - e non della Qabbalah - potrebbe essere curioso il parallelo con il presente, con Milano che vince il trofeo contro la Vu Nera invertendo teoricamente le gerarchie dell'anno scorso. I tifosi meneghini sono autorizzati a sfoderare l'arsenale di scongiuri ed esorcismi al fine di sperare che questa Supercoppa in formato fin troppo allargato non sia foriera di illusioni come avvenne per Er Proggggetto der Ciglione

I virtussini, scottati dal ko casalingo e pure da qualche errore qua e là nelle qualificazioni, possono sicuramente ambire ad un ruolo di contender. Tornando a vent'anni fa fu necessario attendere il derby di dicembre, quello del Grande Freddo, per poter affermare con certezza che sì, quella Virtus era davvero un mostro inarrestabile. Sulla sua panchina sedeva il Prode Ettore, ormai consacrato tra i grandi allenatori, ed in campo la prematura decisione di ritirarsi di Danilovic e la positività all'antidoping di Sconochini furono due inattese benedizioni che permisero di varare il backcourt più forte mai visto in Italia con Jaric-Rigaudeau-Ginobili. E pure la Fortitudo ci mise del proprio spendendo follie per prendere Meneghin jr. quasi obbligando i cugini a ripiegare su Jaric, scaricato dalla metà biancoblu di Felsina e scivolato al secondo giro del Draft.

Il tempo avrebbe detto che quella Virtus, imbattibile o quasi sul parquet, aveva i piedi d'argilla a causa di un proprietario megalomane e poco avvezzo alla cura dei bilanci di casa propria. Col senno di poi, forse la malinconia di Rashard "Miglio Verde" Griffith era solo un presagio di quel che sarebbe avvenuto. Oggi la Virtus è nelle salde mani di Massimo Zanetti, l'uomo della tazzina che da quando ha rilevato la società dopo l'ingloriosa discesa in A2 ha improntato un progetto ambizioso. I soldi ci sono e sono dannatamente tanti e veri, i progetti sono reali, l'allenatore non sarà il santone Messina ma è un fascio di nervi ed una massa di cervice come Sasha Djordjevic. La squadra è nuovamente costruita sul canovaccio della Serbia con il duo Teodosic-Markovic a prendersi la scena e teoricamente dispone di più alternative rispetto alla passata annata. Manca ancora qualcosina in termini di pieno rodaggio ma col passare delle settimane questa Segafredo non potrà far altro che crescere.

Milano dopo due anni di bastonate assortite ha riaperto la bacheca con la pallida latta della LBA. Un successo che fa morale e che dovrebbe nel breve periodo far dimenticare i tantissimi errori commessi in precedenza, non solo sul mercato. Certo, sbagliando si impara, ed a questo punto c'è da domandarsi se Davide Moretti non abbia capito di aver fatto un errore terribile ad accettare non tanto il contrattone meneghino ma la prospettiva di far parte del roster attivo dei biancorossi. Per migliorare ed accumulare la necessaria esperienza è fondamentale giocare e - ça va sans dire - sbagliare a profusione, senza che il supremo interesse di un risultato di club tarpi le ali ad un giovane. Invece finora Davide si è visto pochino, con un ruolo marginale, richiamato in panca ai primi errori. Nel biennio trevigiano l'ottimo Stefano Pillastrini gli concedeva spazio anche a costo di qualche sbaglio da matita blu purché crescesse: Pilla pagò quella scelta con lo 0-2 iniziale nei quarti playoff del 2017 contro la Fortitudo ma ciò contribuì alla maturazione del ragazzo. Resto convinto che il miglior modo per una società di investire nei giovani sia spedirli in prestito dove possano davvero aver minutaggio senza troppe preoccupazioni di classifica: sono curioso quindi di capire cosa farà in stagione Giordano Bortolani, già star a Biella in A2 ed ora chiamato al grande salto col prestito annuale a Brescia. Temo però che la politica cannibale di Milano che è già costata cara in chiave azzurra - ricordate i passaggi a vuoto di Fontecchio, Della Valle, Pascolo, Abass? - non preveda granché di buono.

Dietro le due big ci sono le solite due pretendenti al ruolo di sorpresa. Cioè Venezia, sempre più vecchia e legata al tiro da 3 oltre che alle lune di Stone e Daye, e la pazza Sassari di Pozzecco. "Squadra che vince non si cambia", hanno pensato in laguna: invece di far tesoro di quanto avvenuto lo scorso inverno con tutti i segnali d'allarme raccolti - Stone che fa una fesseria casalinga e diventa ingestibile, Daye primadonna senza freni, Bramos sempre più macchinoso e prevedibile, De Raffaele che senza la zona 3-2 fatica a far quadrare la difesa - si è preferito continuare con lo stesso identico gruppo, giubilando il solo Udanoh per inserire un Fotu più utile in post basso in Italia e pareggiando il conto degli italiani firmando D'Ercole che già faticava nella natia Pistoia e che ora più dello sparring partner in allenamento non è in grado di fare. Sassari invece ha cambiato molto, più per esigenze altrui che per reale convinzione. Tillman è la nuova attrazione principale della Dinamo in cui la cabina di regia italiana è ormai consolidata. Il cardinal Sardara, fallita l'operazione Torino, è riuscito a strappare la follia della bolla di Olbia in un resort già tacciato di essere un potenziale focolaio di infezione: potenza della politica sarda o semplice paraculaggine?

Poi vengono tutte le altre. C'è la Fortitudo di Meo Sacchetti che sta faticando non poco a trovare la quadra; c'è Reggio Emilia che forse ha fatto un affare con Antimo Martino ma che pecca ancora di ingenuità; c'è Cantù che è un cantiere aperto in cui i giovani come Pecchia e Procida avranno spazio nella corsa alla salvezza; c'è Trento che finora sopravvive sull'esperienza dello zoccolo duro in attesa che i nuovi americani capiscano come approcciare mentalmente il campionato italiano; c'è Cremona che sul fronte societario si è salvata quasi in extremis e ha costruito la squadra puntando molto sulla dimensione statunitense; c'è Varese che, caso più unico che raro, ha esonerato l'head coach in preseason affidandosi ad un debuttante di carattere; c'è Trieste che ha costruito un gruppo dinamico e decisamente adatto al gioco di Dalmasson ma che richiede uno stato di forma eccellente per rendere al massimo; c'è Pesaro che dopo le ristrettezze passate ha speso soldi veri su giocatori e tecnico di assoluto pedigree, sperando che bastino; c'è Brescia che con la nuova proprietà aspira ad un futuro da grande e che scommette sulla continuità tecnica di Esposito; c'è Brindisi che ha salutato di malavoglia gli americani che l'avevano portata in alto e che ora spera di non doverli rimpiangere; c'è Roma che è la prima candidata a retrocedere ma che è più attenta ad un'altra partita, quella fuori dal campo, per il futuro della società.

E c'è Treviso. Che ha iniziato male la Supercoppa e si è riscattata strada facendo, anche per demeriti altrui. Una Treviso costruita in economia, che ha perso per strada nomi di peso in campo ed anche ottimi ed entusiasti professionisti fuori dal campo. Una Treviso ancora aggrappata al talento di David Logan e che spera che quanto fatto possa bastare per evitare la discesa al piano di sotto, salutato con giubilo appena 15 mesi fa. Nel mezzo, per tutte o quasi, vige l'incertezza sulla presenza di pubblico, una voce che incide tra il 25 ed il 40% per i bilanci dei club. L'impossibilità di far cassa in estate tramite gli abbonamenti si sta traducendo nei primi mal di pancia autunnali, appena appena mitigati dalla prima timida apertura governativa. Certo, non saranno 700 spettatori a partita (quanti paganti, tolti sponsor e accrediti?) a salvare i conti della maggior parte delle società, ma è già qualcosa. L'obiettivo affatto nascosto è di graduale crescita per arrivare ad almeno 2mila persone a palazzo di media entro Natale per poi recuperare una parvenza di normalità nel girone di ritorno. Basterà a salvare il basket italiano nell'anno dei dubbi esistenziali?

sabato 5 settembre 2020

ANTICIPI, TRANSIZIONE E TIRO DA 3: IL SEGRETO DI PULCINELLA

 Zero a tre. A guardare i freddi numeri, la Supercoppa di Treviso Basket è da tragedia. Tre partite, tre sconfitte, due con scarti in doppia cifra. Che il torneo prestagionale inventato da LBA servisse giusto a calibrare la situazione di formazioni in gran parte nuove o profondamente rimaneggiate era cosa risaputa. Che TVB abbia scommesso pesantemente in costruzione della squadra su pochi elementi di talento completando il contorno con giocatori non di categoria era altrettanto lapalissiano. Ma non si era mai vista una squadra, seppur in precampionato, perdere nel modo in cui la Menetti Band ha regalato referto rosa e prima soddisfazione ad una Dolomiti Energia ostaggio delle lune delle sue guardie americane.



Partiamo da una considerazione semplice. Dopo un avvio disastroso, la De' Longhi pare trovare la quadra in una maniera elementare. Si pronuncia aggressività, si traduce in lavoro sporco sulle linee di passaggio: a suon di anticipi e transizione primaria o secondaria, TVB costruisce il suo vantaggio. Ma con un dettaglio fondamentale, cioè la percentuale ridicola al tiro da 3 di Trento che nel primo tempo tira sassate al ferro - 1/15 cioè 6,7%, neanche nei peggiori campi UISP o CSI nelle fredde serate di gennaio. Per poter sperare di esprimere una difesa efficace sulla palla senza ricorrere alla zona vera e propria è necessario sì che esterni e lunghi siano pronti ad intervenire in ogni momento leggendo le situazioni ma anche che, di fronte alla difficoltà di servire in area o negli angoli ali e centri, le guardie avversarie non riescano ad inquadrare il canestro da lontano.

Fino a quando le percentuali dall'arco dell'Aquila sono rimaste bassissime, tutto bene. Quando un certo Gary Browne, passaporto portoricano e passato da giramondo dei parquet, ha avvertito la possibilità di invertire il trend sparando con fiducia dai 6,75m e prendendosi falli e gite in lunetta, la musica è cambiata. Ed in quel frangente sono emersi i soliti difetti, ormai acclarati. Perché non serve avere un veterano come sesto uomo se a dispetto della nomea di tiratore si esibisce in un tiro al piccione persino su ripetute occasioni; perché è inutile insistere con un rookie che in difesa abbocca alle finte e che riesce a far qualcosa in attacco solo prendendo a spallate in penetrazione gli avversari; perché un play di 1,80m con le scarpe e che pesa (forse) 70 chili apre varchi in difesa se la sua unica opzione è tentare l'anticipo; perché se dietro la coppia di lunghi titolare c'è solo un onesto mestierante da A2 ed un volenteroso giovane (Chillo assente per dolore alle costole), ai primi problemi di falli in area gli avversari possono banchettare.

A girare la partita alla fine sono stati i tiri liberi, una vera e propria valanga, e l'8/9 da 3 di Trento nella ripresa. Sì, 8/9, cioè l'88% abbondante: neanche giocando alla Playstation. E dire che alla Dolomiti Energia mancavano anche un paio di americani piuttosto interessanti, altrimenti chissà cosa sarebbe successo. Ci si potrebbe forse consolare col fatto che ormai Mekowulu è una garanzia o che Akele sta dimostrando solidità nei due ruoli di ala. Troppo poco. L'obiettivo di questa De' Longhi è uno solo, la salvezza, un traguardo che oggi risulta assai arduo da raggiungere. Tolta l'incompleta ed assai malmessa Roma e forse le indebolite Cremona e Cantù c'è ben poco da stare allegri o sereni. A proposito di serenità, chissà se qualcuno ha raccontato a Max Menetti che un allenatore energico quanto lui, perfezionista come lui, sanguigno come lui ma meno religioso è stato licenziato nelle scorse ore, in piena preseason, per una divergenza di vedute con un veteranissimo fortemente cercato e voluto in sede di mercato. Cos'hanno in comune Luis Alberto Scola Balvoa e David Logan? Sono entrambi dei senatori, entrambi all'ultima stagione agonistica della propria carriera, entrambi con un ruolo di cambio di lusso in squadre da salvezza, entrambi con un ingaggio pesante. L'argentino ha fatto saltare la panchina di Caja, lo statunitense di passaporto polacco è da due anni e mezzo il talismano dello scaramantico tecnico reggiano. Funzionerà ancora?

PAGELLE: 

00# Russell - Quando segna i primi punti della sua squadra qualcuno deve aver dato un'occhiata al meteo per domattina per verificare non si arrivino nevicate in pianura o solleone da 30 gradi all'ombra sulle Dolomiti. La non-difesa su Browne nella ripresa e le solite transizioni verticali senza costrutto fanno tirare un sospiro di sollievo per le condizioni meteorologiche delle prossime 24 ore. VOTO 5,5

1# Logan - La foto della sua partita: metà terzo quarto, 46-55, recupera su Morgan e si arresta sull'arco per il tiro... SDENG! Rimbalzo miracoloso di Russell, di nuovo Logan in penetrazione per una lacrima fuori misura... altro rimbalzo offensivo, palla persa, contropiede rapido di Morgan che fa canestro e fallo. Da un veterano con quello stipendio ci si attende altro. VOTO 5

4# Cheese - Qualcosina fa, bisogna dargliene atto. La sorte lo assiste anche in un paio di occasioni in cui lancia la sfera verso il canestro e l'alitata divina fa il suo dovere premiandolo con due punti. Dovrebbe essere un collante difensivo ma continua ad abboccare alle finte come un ragazzino delle superiori e da ala piccola è semplicemente impresentabile. VOTO 5

8#Vildera - Lo ripetiamo, in A2 è un ottimo centro di complemento, ma in Serie A pare la copia barbuta di Lechthaler. Con la differenza che quest'ultimo per la sua squadra è il quinto-sesto lungo, utile solo per gli allenamenti, non un giocatore di rotazione. VOTO 5

9# Bartoli - La vera nota lieta della serata. Si impegna in difesa, recupera un pallone, segna nel pitturato. Meriterebbe anche un fischio amico quando Pascolo, scippato della sfera, lo atterra tenendolo per la spalla sinistra, ma la differenza di pedigree si nota subito. VOTO 6,5

12# Imbrò - Quando entra in campo al posto di un Russell fin troppo casinista si avvia il parziale di 20-0 della De' Longhi a cavallo della prima sirena. Una casualità? Purtroppo però non può né deve essere lui il play o la guardia titolare di questa squadra. VOTO 6

21# Mekowulu - Il tiro da 3 sugli scarichi sta diventando una piacevole costante che costringerà le difese a rispettarlo. Teoricamente questo dettaglio dovrebbe aprire l'area alle penetrazioni degli esterni ed al lavoro delle ali ma finora tutto ciò si è visto assai di rado. Il nigeriano resta la sorpresa positiva di questo precampionato ma continua a soffrire di solitudine là sotto. VOTO 6,5

30# Carroll - Finalmente in quintetto, forse più per l'assenza di Chillo che per reali condizioni fisiche, pare la copia americana del famoso Loris Batacchi: lo Spatolatore Folle più che fare colpo sulle ragazze rifà il bordo del ferro del palasport tridentino ammaccandolo da più posizioni. E non solo quando l'asfissiante marcatura avversaria lo costringe a tiri impossibili. VOTO 5,5

45# Akele - Esce per falli dopo aver provato in ogni modo ad aprirsi la via verso il canestro. Necessita ovviamente di essere servito nelle posizioni migliori per poter essere continuo ed efficace, altrimenti il montebellunese soffre. Gioca alla pari contro Pascolo e questo basta a regalargli la sufficienza. VOTO 6

Coach Menetti - Non si riesce a capire se i tagli backdoor siano scomparsi dal suo playbook in nome di una curiosa rinuncia tattica o se i suoi giocatori non abbiano capito come sfruttare appieno i raddoppi difensivi avversari facendo circolare la palla e liberando lo spazio con Akele e Mekowulu che si aprono ai 6 metri. La sua difesa si regge solo sull'anticipo, poi è notte fonda. Ok, oggi Roma è più debole e Cremona e Cantù paiono affatto irresistibili ma basterà per salvarsi? VOTO 5

giovedì 3 settembre 2020

SOLITUDINI E RIVINCITE

Rientrare al Palaverde dopo una lunga assenza deve aver giocato un brutto scherzo a Max Menetti. Voglio credere che la responsabilità di errori tecnici e tattici accumulati ieri sera sia attribuibile all'emozione del rimettere piede sul parquet amico esattamente a sette mesi di distanza dal precedente di campionato contro la Fortitudo. La solitudine della squadra, costretta a giocare senza il proprio pubblico e dunque priva di una spinta caratteriale utile a ridare fiducia nei momenti di difficoltà, è stata acuita da scelte ben poco comprensibili sul piano dei giochi e degli assetti.


A voler vedere il bicchiere mezzo pieno ci si può comunque consolare. Giocando a sprazzi e con un deciso tasso di inesperienza, questa Treviso Basket ha retto per 33 minuti il confronto con Venezia e ha rischiato all'ultimo di rovesciare l'inerzia della partita contro Trieste. Un match, quello di ieri sera, contraddistinto da pregevoli personalità - Akele e Mekowulu su tutti, anche Carroll quando potrà contare su una forma fisica decente - ma dalla drammatica assenza di una difesa davvero corale e di una gestione in campo efficace. L'esatto contrario dell'Allianz che non brillerà probabilmente in stagione regolare per prestazioni clamorose ma che ha costruito sulla solidità della cabina di regia e sulla concretezza in retroguardia le fondamenta di un gruppo già ben amalgamato. In questo ambito rientra Davide Alviti, ripudiato in estate da TVB con una strategia comunicativa rivedibile: il ciociaro la scorsa stagione era il decimo con poche prospettive di utilizzo a causa di un rapporto complicato col coach. Si diceva che Alviti avesse un carattere difficile, che non sapesse mettere palla a terra, non difendesse, non fosse capace di aiutare a rimbalzo e che l'unico suo pregio risiedesse nel saper capitalizzare gli scarichi sul perimetro dei compagni. Allora forse quello visto ieri in campo in una rotazione a 5 esterni (ohibò, la stessa di Treviso!) dev'essere il fratello gemello con una diversa pettinatura, perché il 44 in biancorosso ha dimostrato di poter mettere palla a terra, di non intristirsi se il tiro non entra, di saper difendere sull'uomo e di poter addirittura catturare 10 rimbalzi, di cui due in attacco. Possiamo dire che, in silenzio e nell'atmosfera surreale del Palaverde, Alviti si è preso una piccola rivincita.

Chissà se qualcuno ha iniziato a rimpiangerlo. Quel che è certo è che la coperta biancoceleste è lungi dall'essere quella di Linus e si sta rivelando anzi drammaticamente corta. Perché il ritardo di condizione di Carroll sta costringendo Akele a giocare da ala piccola in pianta stabile, facendo entrare il volenteroso ma poco avvezzo Chillo in starting five nel ruolo di ala grande. Ci si augura ovviamente che tale soluzione tattica, attualmente obbligata, non diventi una costante anche perché si è visto che Vildera non è Mr. Double-Double: le illusioni mestrine sono cadute, il pivot è un onesto mestierante da blocchi (anche sporchi) e poco più, non un animale da statistiche nel pitturato. Quindi occorre al più presto riportare Carroll in quintetto base, spostare Akele nel ruolo di 4 e sperare che Mekowulu non abbia problemi di falli.

Si risolve tutto così? Magari! Perché in realtà il reparto in cui si vive un reale dramma è quello delle guardie. Ieri il meno peggio della situazione è stato Imbrò, ordinato e pulito anche se poco appariscente, servito poco o nulla in attacco ma autore di giocate essenziali. Russell conferma di essere veloce e di avere un buon fiuto per l'assist ma in transizione non sa far altro che andare verso il ferro rischiando di incartarsi o di farsi recuperare, al tiro in azione è sempre un disastro e in difesa proprio non ce la fa - per dire, un Fernandez dalle ginocchia di cristallo lo ha massacrato creando moltissimo per i compagni e aprendo costanti vuoti sul lato debole e nei backdoor. La circolazione di palla sta facendo la differenza per le avversarie di TVB al pari della percentuale dall'arco: se Treviso vuole vincere deve sperare che l'altra squadra stia ben al di sotto del 30% dai 6,75m, altrimenti sono dolori.

La tragedia vera è in spot 2. Non ho capito se Logan stia digerendo male il ruolo di sesto uomo o se ormai con l'età ed un fisico non più adatto ai contatti evidenzi maggiormente le sue lacune tattiche. Fatto sta che dopo l'ovetto del Taliercio l'ex Avellino si è esibito in un primo quarto arrembante - a proposito, per chi era lo sguardo di sfida verso la tribuna dopo la bomba a filo della prima sirena? - ed un prosieguo da tragedia. Prendere o lasciare, David è questo. Sarebbe tollerabile se come titolare ci fosse un esempio di solidità ma il malcapitato Tyler Cheese, per gli amici sempre di più Salsa Alfredo, non ce la fa proprio. Il rookie ha la stessa voglia di fare di Chillo ma è ugualmente inutile: ieri 4 punti (1/4 al tiro, percorso netto in lunetta), un rimbalzo, 3 falli fatti, uno subito, -2 di valutazione in 15 minuti. Da guardia non offre pericolosità offensiva costante costringendo i compagni agli straordinari, da ala piccola fatica troppo in difesa e non trova quasi mai il primo passo per attaccare il ferro: a voler rivangare il recente passato, Lollo Uglietti faceva assai di meglio e non costava un visto extra. Il countdown verso un possibile taglio invernale è già partito e si raccolgono scommesse sulla data in cui la pazienza di coach e società si esaurirà.

Ma a voler essere pignoli c'è qualcosa di strano anche nelle scelte tattiche. Lasciando perdere l'idea deleteria di quintetti minuscoli con Russell-Imbrò-Logan sul perimetro che ricalca un canovaccio in cui al posto del minuscolo americano si prevedeva il ben più fisico Alj Nikolic sino a qualche mese fa, ha fatto inarcare più di un sopracciglio il fatto che il primo taglio backdoor sia arrivato ad inizio ultimo quarto con Carroll che ha evidenziato il punto debole della retroguardia alabardata. Possibile che nessuno si sia accorto prima che Mike Henry scivolava in ritardo in angolo e che l'adeguamento dei lunghi biancorossi giungeva per forza di cose in ritardo? Ancor più grave, l'unico capace di accorgersene è stato un esterno che è uno specialista del tiro pesante più che un penetratore... e questo fa capire come ci sia moltissimo da lavorare in casa trevigiana. Per fortuna al debutto in campionato mancano 24 giorni, per fortuna la maxi Supercoppa non vale nulla in termini salvezza, per fortuna c'è ancora tempo per capire cosa correggere e dove intervenire. A meno che non si voglia davvero dar fiducia a Cheese come cambio di guardie ed ali piccole e non si pensi di affrontare un campionato speculando sull'ottima forma fisica di tutti i nove elementi senior a roster. In tal caso sarà opportuno sperare nelle disgrazie altrui per non condannarsi ad un campionato di grandi sofferenze.