venerdì 10 aprile 2020

Promossi, bocciati, rimandati

Proseguiamo con i bilanci stagionali. Stavolta parliamo di personaggi tra campo, panchina e scrivania in questa singolare stagione monca nei campionati nazionali.

PROMOSSI


Sasha Djordjevic
Qualcuno non aveva gradito la modalità del suo ritorno su una panchina italiana un anno fa, scalzando l'incolpevole Sacripanti. Ma il buon Aleksandar ha dimostrato con i fatti di non essere un raccomandato, né un semplice motivatore disegnando una squadra quadrata e divertente al tempo stesso. Certo, aver sbagliato la partita dei quarti di Coppa Italia è un bel difetto ma la perfezione non è di questo mondo

Stefano Sardara
Il suo sorriso sornione spesso nasconde trame mefistofeliche. In dodici mesi ha rispolverato un matto da panchina come Pozzecco, ha incamerato due trofei, si è preso il merito di non aver fatto morire la piazza di Torino con il trasloco della sua Dinamo Lab e ha completato il golpe interno alla LBA estromettendo Bianchi che non gli piaceva insediando un nuovo presidente operativo. Vittoria su tutta la linea. Ed in campionato la sua Sassari pareva la contendente numero uno della Virtus. Scusate se è poco.

Massimo Cancellieri-Massimo Bulleri
Trasformare Ravenna da modesta piazza di media A2 in capolista del girone Est in cui storicamente si annidano le pretendenti più pericolose alla promozione (tre anche questa volta con Udine, Verona e Forlì) non era cosa semplice. Il duo in panchina ci è riuscito e dispiace davvero non averne avuto riprova nei playoff. Da segnalare che Ravenna aveva pure ottenuto le Finali di Coppa LNP prima della chiusura anticipata: chissà se ci sarà un seguito...

RBR
Per chi non lo sapesse, è l'acronimo di Rinascita Basket Rimini. Che in origine, appena un paio d'anni fa, era "Rivogliamo il Basket a Rimini", un'iniziativa di tifosi stufi della gestione fin troppo minimal marchiata Big Luciano e desiderosi di dare una scossa ad una piazza storica. Con una poderosa unione d'intenti quello che era stata bollato come una specie di mal di pancia collettivo è diventato un club che prima ha conquistato sul campo la Serie B e che stava giocando in maniera gagliarda con chances di concorrere per un altro salto di categoria. Tra l'altro, cosa di non poco conto, riportando la gente al "Flaminio". A dimostrazione che il basket è passione viscerale senza conoscere categoria. 

Rucker SanVe
Altra realtà di B che si è ritagliata uno spazio importante, issandosi al secondo posto del Girone B e dimostrando una discreta solidità. Merito della mano di Marco Mian e della dirigenza che con le giuste risorse e senza fare proclami ha mosso i giusti passi. Guardando il roster si ritrovano poi tre pedine chiave della TVB delle origini: come ai bei tempi del Natatorio in campo ci sono Edo Rossetto, il guerriero Dorde Malbasa e Jack Vedovato, ragazzi che hanno trovato una dimensione precisa divertendosi e facendo divertire.


RIMANDATI


Umberto Gandini
Appena insediato, il neo presidente di LBA si è ritrovato a dover gestire il più bollente dei tuberi, mediando tante posizioni diverse per alla fine giungere alla conclusione nota a tutti ed immaginabile già un mese fa. A lui ora spetta un lavoro ingrato, cioè cercare di tenere in piedi la baracca finché non si saprà come e quando ripartire. Nell'attesa occorrerà mediare con la GIBA per un taglio degli stipendi che non piace ai giocatori ma è condizione necessaria per la sopravvivenza dei club. E magari capire se ci sarà spazio di manovra a livello legislativo per una revisione della Legge 91 che soffoca il basket da 25 anni senza portare benefici. E se si tornasse al dilettantismo?

Federico Perego
Non è tutta colpa sua. Il materiale messogli a disposizione da Pesaro era di un livello non eccelso, anche se ci fosse stato lo squalificato DeJuan Blair. A finire nel tritacarne alla fine è stato questo tecnico ancora giovane e che era tornato in Italia per provare a dare una svolta alla carriera dimostrando di poter fare qualcosa di buono anche da capoallenatore in condizioni di estrema difficoltà. Non ci è riuscito ma credo che meriti una seconda possibilità. Magari ancora lontano dall'Italia dove, si sa, la pazienza media dei club è davvero poca.

Pietro Basciano
Nel 2014 fece il golpe contro la Bragaglio con la scusa di una gestione deficitaria della nuova LNP allargata (all'epoca c'era pure la C) e raccolse consensi. Dopo poco più di cinque anni la crisi ha spaccato i club di A2 e ha provocato fessure anche in B. Qualcuno contesta il presidente e la sua gestione dell'emergenza e non è escluso che alla ripartenza, quando avverrà, qualcosa possa cambiare. Anche perché perse nel giro di un paio di anni le grandi piazze propulsive, il rischio per LNP è quello di un interesse scemante.


BOCCIATI


Gianni Petrucci
Il Moloch stavolta potrebbe essere davvero ad un punto di svolta. Perché dopo anni ed anni di mugugni, stavolta le società sono davanti ad un bivio deciso: cambiare o sparire. E il presidentissimo, finora immune a scandali e proteste, sa che il tempo delle dichiarazioni di facciata è finito. Se non ci si muove per tempo si rischia di distruggere tutto in breve tempo. Come uscirne? Prestando ascolto in maniera convinta alle istanze che arrivano in via Vitorchiano. O così, o non ci sarà futuro per nessuno.

Ettore Messina
Milano l'ha voluto, inseguito, firmato, assecondato. Ma dopo anni di assistentato in NBA ed investito di un doppio ruolo tra campo e scrivania, il fiero Ettore ha toppato. Perché in Italia visti e tesseramenti sono contati, le partite sono tutte importanti (in America delle 82 di regular season contano davvero 8-9 confronti, il resto è spettacolo) e non si possono commettere errori nelle scelte e nelle strategie. Gli infortuni non l'hanno aiutato - un suo collega come Menetti cosa dovrebbe dire? - però quando si dispone di un budget di 30 milioni di euro con piena carta bianca sul fronte operativo non ci si può nascondere dietro un dito.

Julyan Stone
Quando il giocatore fondamentale della tua squadra fa una fesseria fuori dal campo e mette nei guai tutto il tuo sistema, hai due possibilità. La prima è metterlo fuori rosa, cercare un'alternativa (non c'è, almeno non è disponibile) e dargli il benservito. La seconda è aspettare che si calmi e che torni un po' in sé. Venezia ha optato per la seconda strada e finora, Coppa Italia a parte, non ha avuto granché ragione. Una cosa è certa: erano anni che non si vedeva un tale insieme di talento, fisico ed assoluta sregolatezza. Da un professionista ci si aspetterebbe ben altro, specie tenendo conto che senza di lui in difesa la sua squadra è scoperta al massimo.

Juve Caserta
Ci risiamo. Il club bianconero è rinato dalle ceneri e tornato da poco più di un anno sui campi e si ripresentano i vecchi problemi. La vicenda Swann evidenzia un malcostume mai messo da parte. E non si capisce dove si voglia andare di questo passo. Anche perché il padrone del vapore è sempre lo stesso di tre anni fa, quando scavò la fossa alla sua società con le proprie mani cercando le furbate e facendosi pizzicare in un modo così plateale da farsi cacciare a pedate dalla Serie A difesa sul campo con grinta e merito dai giocatori. A quando un netto cambio di registro?


giovedì 9 aprile 2020

Il pagellone della LBA 2019/20

Stagione conclusa in largo anticipo e con un retrogusto amaro in bocca per il basket. Ma nessuna annata sportiva si può chiudere senza le canoniche pagelle. Quindi, sotto con i voti per le squadre di LBA.


VIRTUS BOLOGNA - Mentre alcuni politici chiedono l'assegnazione dello scudetto quasi a tavolino, bisogna comunque tributare un applauso a coach Djordjevic che almeno fino a quando la palla è stata fatta rimbalzare sul parquet ha convito quasi tutti con un gioco concreto ed a tratti spettacolare, costruito sulla serbian connection Teodosic-Markovic quasi a ribadire l'importanza dei cervelli in campo oltre che in panchina. Una sola, visibile macchia pregiudica un voto alto: l'eliminazione al piatto in Coppa Italia. Le grandi squadre non incappano in simili errori. VOTO: 7,5

DINAMO SASSARI - Pozzecco non smette di stupire. Anche perché tra americani bizzosi e che a volte paiono di contorno c'è sempre più spazio per i ragazzi di casa. Spissu ormai è una star, Stefano Gentile un solidissimo back-up e c'è da chiedersi cosa sarebbe stato questo Banco con Polonara nel reparto ali. Bene, bravi, bis. VOTO: 7,5

OLIMPIA MILANO - Come direbbe Joe Bastianich, una vera dilusione. L'ingaggio del Chacho Rodriguez e l'arrivo in panca di Messina non hanno risolto gli atavici mali di una squadra troppo dipendente dalla presenza di Gudaitis e Nedovic e con la colpa evidente di non avere idee chiare sulla scelta degli stranieri (Mack e White su tutti). Triturata dalla Virtus in diretta nazionale dopo Natale, fuori in Coppa Italia, a rischio playoff di Eurolega prima dello stop: per la primatista solitaria del budget nazionale i risultati sono tutto fuorché in linea con gli investimenti. "Vuoi che muoro?" VOTO: 5

LEONESSA BRESCIA - Vale quasi lo stesso discorso fatto per Sassari, anche se qui gli italiani sono un pelino più stagionati. Ma fare una stagione con la Coppa seguendo la formula 5+5 e riuscire comunque a reggere bene il doppio impegno è da meritati applausi. Specialmente ad Esposito che si è ripulito dalle scorie sarde ed ora è tornato il coach imprevedibile di Caserta e di Pistoia. Bravo lui. VOTO: 7

NEW BASKET BRINDISI - Il lavoro di Vitucci si vede così come la fiducia dei giocatori in un sistema piuttosto semplice e libero che esalta le doti di Banks che non a caso Frank ha voluto a tutti i costi trattenere - era già stato suo fedele scudiero a Varese nell'anno del sorprendente primo posto. Occasione mancata in finale di Coppa Italia. Anche qui però c'è una macchiolina ma è gestionale: alcune agenzie continuano a lamentare pagamenti in ritardo degli assistiti e mancanza delle provvigioni concordate, ed il tutto ben prima della pandemia. VOTO: 7,5

CREMONA - Cambiare un solo giocatore può svoltare la stagione? Sì se l'elemento subentrante è Ethan Happ e se le idee tattiche sono disegnate da Meo Sacchetti. Lo smallball estremo dei lombardi ha già sorpreso l'anno scorso e avrebbe potuto cercare conferme quest'anno se non ci fosse stato lo stop. VOTO: 7

REYER VENEZIA - Primi tre mesi di stagione orribili, col caso Stone deflagrato e con una crisi involutiva di gioco troppo sbilanciato sul tiro da 3. A raddrizzare la situazione, il colpo di reni nel finale del girone d'andata e l'ingresso d'un soffio nelle magnifiche otto. Poi a Pesaro De Raffaele è stato puntuale e cinico nell'approfittare dei suicidi altrui per mantenere la concentrazione dei suoi e prendersi il quarto trofeo in quattro stagioni. Bravo lui ma l'impressione che molte cose cambieranno in futuro permane. VOTO: 7

AQUILA TRENTO - Ci si aspettava qualcosa di più dai bianconeri. Forse per la tradizione recente o per l'ingaggio in extremis di Alessandro Gentile. Indubbiamente qualche scelta è stata sbagliata (un nome a caso: King), nel sistema di Brienza si notano le differenze col predecessore Buscaglia e la Dolomiti Energia è parsa sin troppo dipendente dalle lune di Craft. Che ha già annunciato il ritiro. VOTO: 5,5

FORTITUDO BOLOGNA - Partita in gran tromba, la metà biancoblu di Felsina, incurante anche dell'assenza iniziale di Sims. Poi la spinta si è esaurita, specie quando sono emersi i difetti di Stipcevic e Daniel e l'assenza di un'alternativa credibile ad Aradori. L'impressione è che qualche protagonista sia un po' troppo logoro e che servirà del lavoro per far sbocciare definitivamente Fantinelli. VOTO: 6,5

VARESE - Ondivaga, l'Openjobmetis. Capace di grandi fiammate in trasferta così come di desolanti sconfitte quasi in suicidio (vedi al PalaDozza contro la F). E' pur vero che le risorse sono quelle che sono ma parte del potenziale pare non sfruttato. Chissà perché. VOTO: 6

REGGIANA - L'ultima stagione dell'era Landi avrebbe dovuto rilanciare le ambizioni playoff dopo i precedenti balbettii, anche per attrarre potenziali nuovi padroni del vapore. Invece tra infortuni cronici e difficoltà di ambientamento di qualche elemento, Buscaglia ha dovuto spesso allargare le braccia. Ci si interroga comunque sul futuro: chi prenderà in mano il club? VOTO: 6

CANTU' - Due note liete per Pancotto, la scoperta di Hayes come animale d'area e l'ottimo approccio con la A di Andrea Pecchia. Quest'ultimo dovrà sicuramente migliorare soprattutto nelle letture offensive, a questo livello le cariche a testa bassa di Treviglio sono molto difficili. Ma in Brianza le prospettive non sono affatto negative, anche sul fronte societario dove chi ha rilevato il timone dal latitante russo sta svolgendo un egregio lavoro. VOTO: 6,5

TREVISO - La fortuna sarà pure cieca ma la sfiga ci vede dieci decimi. Si contano sulle dita di una mano le partite disputate dalla Menetti band a ranghi completi in 5 mesi di campionato. E nel mezzo pure una crisi scatenata dai problemi fisici e di concentrazione di Tessitori e dall'inadeguatezza di Cooke. Da dove ripartire? Forse da Almeida, probabilmente da qualche italiano, sicuramente dal coach. Sperando che la sfortuna abbia finito di accanirsi. VOTO: 6

VIRTUS ROMA - Nel 2015 aveva rinunciato alla A autoretrocedendosi per evitare di saltare in aria; quattro anni dopo la Virtus giallorossa è tornata al piano di sopra ma non ha risolto del tutto i suoi problemi, tanto che il futuro è piuttosto fosco. In campo s'è vista tanta confusione dettata dal poco genio e dalla troppa sregolatezza di Dyson. VOTO: 5,5

TRIESTE - Abbandonata da Alma dopo i problemi giudiziari del patron, l'alabarda ha fatto di necessità virtù prendendo giocatori di scarso pedigree e navigando a vista. L'arrivo di Allianz ha restituito serenità all'ambiente e consentito qualche innesto di peso. Per il futuro però andrà ridiscusso il ruolo di alcuni giocatori come Cavaliero, ormai alla frutta per questo livello. VOTO: 6

PISTOIA - Un anno fa una squadra costruita male e condotta peggio aveva meritato l'ultimo posto in solitaria con retrocessione evitata solo per i guai di Torino. Stavolta si è puntato su un coach in rampa di lancio e su un nucleo in buona parte proveniente dall'A2 ma i risultati sono stati ugualmente deludenti. VOTO: 5,5

VUELLE PESARO - Che dire? L'unica nota positiva è rappresentata dai conti in ordine della società. In campo è stato un pianto continuo, anche se con coach Sacco si è vista un po' di combattività con l'acme della vittoria al PalaDozza contro la F. Ok giocare al ribasso e puntare sui giovani ma così si esagera. VOTO: 4

lunedì 6 aprile 2020

Meteore

Scorri i loro nomi negli almanacchi, li guardi e li riguardi, talvolta non ricordi neppure il loro volto. Oppure esclami il classico "Ah sì, vero... ma figurati! Me l'ero pure scordato".
Sono loro, le meteore. O gli improbabili. Giocatori apparsi un po' così, non si sa bene da dove né a volte perché. Chiamati in prova, magari tesserati per un paio di partite o neanche quelle, rispediti al mittente appena possibile o scappati nottetempo. Ce n'è per tutti i gusti. E a Treviso ne abbiamo visti. Così in un periodo di stacco come quello attuale, non è male riaprire il cassetto dei ricordi e tirare fuori nomi e dettagli.

Cominciamo dalla stagione 1997/98.
Squadra che vince non si cambia, recita il motto. Difatti la Benetton scudettata è intatta. Però è cambiato il manico in panchina, dall'estro di D'Antoni si è passati alla disciplina di Obradovic. Il primo ad accorgersene è Sekunda che perde posto in quintetto e spazio in rotazione avviando una paurosa spirale involutiva. Il coach vede l'irlandese solo come ala piccola, non proprio il suo ruolo. E dietro Pittis come 3 c'è solo Niccolai, che è più guardia ma si adatta. Allora arriva l'impensabile, l'inimmaginabile, al secolo Stjepan Stazic, swingman croato di passaporto austriaco. Ma è acerbo oltre che inaffidabile dal punto di vista caratteriale. Quindi dentro un portatore di palla in più, Laurent Sciarra, che malvagio non è (sarà pure argento olimpico a Sydney), ma non corregge granché la rotta.
Stazic lo rivedremo comunque all'inizio della stagione successiva. Dura poco: è aggregato alla squadra, cerca di strappare un contratto... ma verrà ricordato per una memorabile rissa in allenamento con Sekunda. Detto fatto: impacchettato e spedito in fretta alla derelitta neopromossa Gorizia. In Serie A lo si rivedrà ancora un po', con passaggi a Reggio Calabria e Udine, ma la sua carrierà sarà (ed è: a 41 anni gioca ancora) destinata a proseguire in Austria.

Anno nuovo, bidoni nuovi. Maurizio Gherardini ritorna a scandagliare il mercato dei giocatori in uscita dai college che possano prendere il passaporto europeo per sfruttare la Bosman. In pratica, la mossa riuscitagli con Sekunda nel 1996. Arriva un po' di tutto. Billy Di Spalatro, subito idolo della curva perché gioca alla morte nonostante mezzi fisici e tecnici molto limitati, smetterà nel 2000 per dedicarsi ad altro. Peter Lisicky dovrebbe andare in Austria per provare a prendere il passaporto locale ma non ne vuole sapere... verrà parcheggiato qua e là in attesa di esaurire il suo contratto. Ma l'elemento più assurdo è Johnny Branch: arriva a settembre, in tempo per giocare i preliminari di Coppa Italia (eh già, all'epoca niente Final Eight) come cambio di Bonora, ma si capisce subito che non è il caso di insistere su questo americano con passaporto portoghese rimediato chissà come. Al suo posto arriva Tomas Jofresa ed è tutta un'altra musica. Tra i lunghi si segnala il pivottone (o pippone?) tedesco Oliver Naar, 220 centimetri di nulla: sorride sempre ma in campo è capace pure di sbagliare appoggi al ferro e schiacciate - verrà mandato a Cantù per poi tornarsene a casetta.

Il millennium bug per la Treviso dei canestri si chiama Jeff Sheppard. Secondo Dado Lombardi, dovrebbe essere la ciliegina sulla torta di una squadra da scudetto. In verità si rivela la zavorra di un team altrimenti molto buono che stupisce un po' tutti portandosi a casa la Coppa Italia e arrivando in finale scudetto. Sheppard è l'ultimo ad arrivare in campagna acquisti ma di partite buone ne gioca proprio poche. Nel finale di stagione un esasperato Piero Bucchi gli preferisce l'oriundo Brad Traina (che è un 3) nel ruolo di guardia tiratrice. Si ritirerà poco più di un anno dopo, ufficialmente per paura dopo l'11 settembre. Da credergli?

Ma la summa dei carneadi arriva a settembre 2000. E' una montagna umana, si chiama Samir Gouda ed è egiziano. Ci si guarda tutti in faccia stupiti: ma in Egitto esiste il basket? Fatto sta che questo centrone enorme appare in biancoverde al primo Memorial Bortoletto al posto di Denis Marconato, di ritorno a casa con la Nazionale ma con la caviglia ancora malmessa dopo la porcata di Vrankovic. Non è poi così disprezzabile Gouda ma non ha lo status giusto (leggi: europeo) per poter sperare in una carriera nel Continente, quindi alla prima occasione torna a casa sua. Sarà una stagione decisamente assurda per il reparto lunghi: detto dei problemi di Marconato, coach Bucchi rivuole con sé a tutti i costi Alan Tomidy che però si presenta in forma-sumo e richiede 4 mesi per tornare ad essere accettabile. Per avere l'irlandese (molto) extralarge, Treviso sacrifica Joey Beard, atipico centro americano fresco di passaporto italiano che viene girato in prestito a Rimini... con cui siglerà 3 triple doppie in stagione, di cui una in faccia ad un certo Gregor Fucka. Nel mezzo, per ovviare all'infortunio patito da Marcus Brown si recupera per un po' l'impresentabile Lisicki che si conferma un pianto. Poco prima dei playoff arriva l'ennesimo pivot: è il cubano Andres Guibert, una cavalletta che ricorda Yommi Sangodeyi; prende il posto di Isma Santos, ruolo guardia, messo fuori rosa dopo che aveva scoperto una certa tresca tra la sua allora fidanzata e qualcun altro del team...

Via Bucchi, dentro D'Antoni. Tutti felici e contenti tranne uno: Tomidy ovviamente, che ai ritmi al fulmicotone proprio non ce la fa. E allora fuori lui e dentro Tsk... Skitst... Tiskito... Insomma, Tskitishvili, per tutti Skita, un georgiano con un passato da ballerino che dice di avere 18 anni (non ci crede nessuno, ma si fa finta di nulla). Pescata buona stavolta, perché il ragazzo non è malaccio e soprattutto contribuisce a vincere uno scudetto. Tra gli esterni si segnala Sergei Chikalkin che a guardarlo sembra il cugino di Putin: non difende, probabilmente nel suo vocabolario russo (ah già, non parla altra lingua, bel problemino) neanche esiste il termine "difesa", però almeno qualcosina combina. Per mettergli pepe al culo occorre l'arrivo di Charlie Bell, accolto da Gherardini nel tunnel degli spogliatoi di Casalecchio sotto lo sguardo indifferente di Chika, che in campo poi stampa il trentello davanti a Ginobili. Un rebus.

Gherardini per il post scudetto si inventa un viaggio in Ungheria e torna a casa con due giocatori al prezzo di uno. Lorant è un ragazzino acerbo (e c'è già il 19enne Kreso Loncar da svezzare) e viene girato in prestito altrove, Nemeth dichiara 23 anni ma viene il sospetto che in realtà ne abbia 32: durerà pochino. A prenderne il posto è un altro georgiano con la data di nascita taroccata, Manuchar Markoishvili. Il vero problema però è l'ala piccola: si scommette su Mario Stojic che dopo un mese di cura-Messina fa fagotto ed emigra in Spagna; allora ecco Dante Calabria che malaccio non è, però si inventa scuse per tornare in America quando la moglie partorisce e la società non la prende proprio benissimo; Luke Recker viene scartato in prova, Nik Eppehimer invece entra nel roster senza però praticamente giocare. Così alla fine si pesca in Giappone Charles O'Bannon, già campione NCAA ai tempi di UCLA con Edney: un teorico 2-3 che ormai è diventato un 4 e fa proprio poco per farsi apprezzare. Ai margini ci sarebbe pure il danesone Soltau (ruolo 4-5) ma è come se non ci fosse.

La sconfitta in finale di Eurolega brucia, Messina suggerisce un minore sbilanciamento sul tiro da 3 e più pericolosità vicino a canestro. Allora si prende Samuele Podestà, pivot piccolino (supera appena i 2 metri) ma dalle braccia lunghe, reduce da un lungo stop per peritonite: dopo due mesi lo si spedisce a calci in A2 alla Futurvirtus. Giovannoni arriva dai facili bottini a Rimini ma in ala piccola fatica terribilmente tanto da dover puntare nuovamente su Pittis. Pure Markoishvili non piace più ed allora ecco Jermaine Jackson, guardia-play con un passaggio a Verona tre anni prima: umile, disponibile ma affatto irresistibile. Stagione maledetta falcidiata dagli infortuni, prima a Nicola e Garbajosa e poi a Bulleri. A maggio si ricorre al mercato prendendo Ademola Okulaja: un 3-4 che alla bisogna fa pure la guardia o il play... fantascienza.

Si cambia tutto un'altra volta. C'è il rebus della guardia titolare: "Mo Evans non resta, quindi chi si prende?" "Ah già, c'è quello smilzo che l'anno scorso ci ha fatto il sedere a strisce con Messina prima che il club fallisse... come si chiamava?" "Marlon Garnett, mi pare" "Bravo, prendiamo lui!". Idea malsana, col senno di poi: l'unica cosa buona in Garnett è il passaporto del Belize(!) che gli consente di essere conteggiato come comunitario parificato in Eurolega in un'epoca in cui gli americani potevano essere soltanto due. Per il resto, da dimenticare. Ma in stagione si vedrà anche altro... come David Bluthenthal che si presenta mitragliando come un ossesso ma appena capisce che Messina vuole difesa alla morte cambia registro e scompare a poco a poco; o come Dennis Wucherer, di mestiere guardia, preso per sopperire ai problemi fisici dei play (no, non è una battuta). Velo pietoso su Ago Li Vecchi: tra novembre e dicembre si rompono Bargnani, Siskauskas e Morlende e la società ripiega sul veterano ex azzurro che al primo allenamento fa crack e trascorre un mese in infermeria prima di essere salutato senza rimpianti. A margine, nel senso letterale della parola, c'è Olivier Ilunga: svedese di origini congolesi, nessuno capisce da dove l'abbiano pescato e le poche volte che è chiamato in campo è imbarazzante; in compenso fuori dal campo fa strage di biondine. Si saprà poi che si trattava di bidone rifilato dall'agente di Siska ("Vuoi il lituano? Bene, però ti cucchi pure sta ciofeca come mancia obbligata").

Si costruisce attorno ad un nuovo nucleo e con un nuovo allenatore, Blatt. Marconato accetta la proposta del Barça? No problem, ecco Petar Popovic. O PetarD, come venne soprannominato da alcuni: simpaticissimo, agonista, tiro alla Jack Sikma ma perennemente distratto. Blatt verso i playoff non ne può più e al suo posto chiama prima Crosariol (pessima idea), poi Travon Bryant che sapendo colpire anche da 3 risulta un pelino più utile nella Princeton Offense. Sul perimetro Giovannoni dura tre mesi circa, poi lo si impacchetta e lo si spedisce il più lontano possibile. In sua vece arriva il connazionale Arnaldinho che fa più danni della grandine. Via pure lui, da Rieti in A2 si pesca Matt Santangelo che almeno il compitino lo svolge. E lo scudetto arriva.

Mentre mezza squadra è via per i Mondiali di Tokyo, dove tra l'altro il gomito di Varejao cerca con insistenza l'amicizia dello zigomo di Zisis, il nuovo GM Fadini ne inventa una dopo l'altra. Prima a suon di assegni si garantisce tre giovanotti di belle speranze e pure l'inimicizia di un certo club toscano; poi si tuffa sul mercato e prende un po' di tutto. Compreso Nick George, saltatore in alto inglese prestato al basket: spacciato per swingman, in realtà è un buon 4 da A2 (e ridajela...), quindi in breve lo si fa scendere di categoria. Santangelo sul più bello conferma di non avere motivazioni e di volersi ritirare: tesseramento bruciato. Richie Frahm, la presunta nuova stella, gioca cinque partite discrete e poi si ferma... cos'ha? Boh! Poi si saprà: fascite plantare dovuta ad un mix tra scarpe diverse dal suo sponsor personale, alimentazione più sana e metodi di allenamento differenti a quelli cui era abituato. Se ne starà fuori 5 mesi abbondanti ma al momento della guarigione Blatt non lo rivuole: Frahm è anche un discreto rompiscatole e il coach preferisce farne a meno, anche perché al suo posto è arrivato Shumpert e come ruota di scorta c'è pure Bryant Smith. La stagione è quella funesta dello scandalo Lorbek e tanto basta.

Dovrebbe essere l'anno della rivincita e al neo GM Marco Atripaldi è stata data facoltà di spendere senza problemi. Difatti la collezione di figurine è di primordine. Ma sarà in breve soprattutto una collezione di figuracce, a cominciare dalla Supercoppa in cui la Benetton becca una scoppola da record contro Siena. Si è sbagliato tutto: Chalmers non è un play, tanto per cominciare. Poi Mario Austin sembra Tomidy-2 La Vendetta: andrebbe tagliato in preseason ma Ramagli non se la sente - pagherà il tecnico, con l'esonero. Dermarr Johnson si presenta con boa fucsia ed una decina di triple sganciate in amichevole quattro ore dopo essere atterrato assieme a Pops Mensah-Bonsu che nella medesima occasione tirerà giù una caterva di rimbalzi... ma sono due deficienti: lo confermano dopo la medesima partita quando, tornati a Treviso, organizzano una notte brava da far impallidire Nerone e Elagabalo messi assieme. Johnson verrà tagliato per un altro finto scienziato di nome Reece Gaines (Milano ringrazia); Pops resterà fino a fine stagione con polemiche annesse mentre a fare le spese delle lune di Mahmuti, subentrato a Ramagli, sarà Fantoni che viene rimandato a Livorno. In corso d'opera si vedranno anche De La Fuente (giocatore ordinato, pure troppo per il caos biancoverde, difatti va a Roma), John Charles III (play casinista) e il vecchio Haris Mujezinovic.

Tutto o quasi da rifare. Sempre pescando teoricamente il meglio che ci sia. La Benetton 2008/09 non è malvagia, anche se Rado Rancik è un telepass in difesa. Il vero guaio è in cabina di regia: si firma Dashaun Wood, stella un anno prima a Cantù, ma il giocatore si fa male poco prima del via. Allora dall'Ucraina si prende Bobby "fustino" Dixon, trottolino un po' casinaro per evitare di lasciare l'imberbe Robertino Rullo da solo. In verità ci sarebbe anche Steven Markovic... un australiano un po' serbo ed un pochino italiano, abbastanza per avere il passaporto giusto, voluto a tutti i costi da Mahmuti che lascia cadere una succosa opzione sull'oriundo Maestranzi. Ma è il Markovic sbagliato, come si accorgerà il povero Enzo Lefebre: l'australopiteco gioca una sola buona partita (a Ferrara, con una sconfitta di squadra), per il resto è impresentabile. A febbraio torna Bulleri, in prestito: fuori prima Markovic e poi Dixon, ché nel frattempo è tornato Wood anche se l'americano è vittima della paura di rifarsi male al ginocchio e gioca col freno a mano tirato. Prima dei playoff, doppio innesto: dall'Islanda si prende Stefansson per coprire il discontinuo Domen Lorbek; per l'appoggio alla regia, il greco Kalampokis che ha il merito innegabile di riportare Treviso in Eurolega (in realtà, ai turni preliminari) firmando una delle rare vittorie in trasferta della stagione, a Casalecchio contro la Virtus.

Il nuovo corso è quello dell'Energia Verde, dunque spazio a tanti giovani che escono dal vivaio. Ma non funziona, lo sanno tutti: Renzi si rompe subito, Martinoni è già a Varese, Rullo va a Casalpusterlengo, Saccaggi dopo poco finisce in B a Omegna. Stavolta i problemi sono tre, cioè regia, ala piccola e ala forte. Partiamo dall'ultimo ruolo: con Renzi out, Wallace deve giocare soprattutto da 5 e per colmare le rotazioni c'è il bosniaco Hukic che però è alla frutta - dimenticabile il fugace passaggio di Tyrone Grant, clone di Mario Austin quanto a peso forma e voglia di sbattersi. Buona parte dei soldi vengono spesi per firmare Motiejunas e Daniel Hackett, acerbo tecnicamente e mentalmente al punto da criticare apertamente il proprio allenatore dopo una sconfitta a Cremona. Vitucci chiedeva un play vero per non usare il figlio di Rudy come titolare ma al posto di Kalnietis gli recapitano Davor Kus, tiratore mortifero ma guardia purissima. Con gli spiccioli in tasca si prende il 3 titolare, Cartier Martin, che a livello di testa sembra il cugino di primo grado di Dermarr Johnson... difatti a novembre è già con le valigie in mano. Almeno ci sono Neal capocannoniere e Wallace in doppia-doppia di media... finché la società non silura con una scusa Vitucci e mette in sella Repesa. La musica cambia, i giocatori sono scontenti e cominciano a farsi gli affari loro. Letteralmente: prima dell'ininfluente partita interna di domenica a mezzogiorno contro i ragazzini di Rieti, Gary Neal si concede una serata in disco a Milano perdendo le chiavi dell'auto. E' il casus belli che porta al suo licenziamento per consentire il ritorno di "fustino" Dixon. C'è spazio persino per Mo Taylor di rientro dalla Cina: "Sono in formissima, ho appena finito la stagione in Oriente", si presenta... ma serviranno due mesi per vederlo finalmente incidere.

Squadra molto più logica l'anno dopo. Con un punto debole: la guardia tiratrice titolare. Ryan Toolson si presenta come "Carabina" ma dopo poco per tutti diviene "Cerbottana" visto che ne azzecca proprio poche. A gennaio, giusto un mese prima dell'annuncio del disimpegno dei Benetton, se ne va per approdare a Montegranaro dove di certo non brilla. Al suo posto Brian "preside" Skinner... un centro. Neanche disprezzabile, pur essendo ad un passo dalla meritata pensione. La stagione non è malvagia ma resta la macchia di aver fallito l'obiettivo della vittoria in Eurocup nonostante le F4 organizzate in casa.

L'ultima stagione dei Colori Uniti parte col lockdown NBA e con un budget all'osso. Quindi ciao ciao a Motiejunas che viene girato al Prokom e spazio aperto agli americani: i bidoni sono Scalabrine e Jeff Adrien. Il rosso si presenta alla grande, gioca un mese e mezzo da gladiatore, si fa benvolere da tutti... ma appena arrivano avvisaglie di una ripartenza dalla NBA la moglie lo richiama in America e lui inizia palesemente a giocare contro finché non ammette la verità. Ha il pregio di restituire tutto lo stipendio percepito prima di fare fagotto. Adrien è un pivot bonsai ma un animale a rimbalzo, profondamente indisciplinato però: a Caorle in prestagione coach Djordjevic spacca una lavagnetta tattica in un accesso di ira durante un timeout perché il giocatore, assonnato dopo aver trascorso la notte precedente nelle chat internet, vagava per il campo. Dopo Scalabrine cerca di fare fagotto pure lui e lo fa incurante di lasciare la squadra in piena emergenza. Dall'inizio alla fine c'è pure l'oggetto misterioso Vlad Moldoveanu: dovrebbe essere un 5, si dichiara come 4, cercano di farlo giocare 3. Ovviamente ondivago. Al posto di E'Twaun Moore, oggi ottimo in NBA, arriva un Jobey Thomas in perenne debito d'ossigeno mentre un Marcus Goree prossimo al ritiro prende il posto di Scalabrine. Con tali premesse, la salvezza raggiunta sul campo è un risultato più che soddisfacente.