Scorri i loro nomi negli almanacchi, li guardi e li riguardi, talvolta non ricordi neppure il loro volto. Oppure esclami il classico
"Ah sì, vero... ma figurati! Me l'ero pure scordato".
Sono loro, le
meteore. O gli improbabili. Giocatori apparsi un po' così, non si sa bene da dove né a volte perché. Chiamati in prova, magari tesserati per un paio di partite o neanche quelle, rispediti al mittente appena possibile o scappati nottetempo. Ce n'è per tutti i gusti. E a Treviso ne abbiamo visti. Così in un periodo di stacco come quello attuale, non è male riaprire il cassetto dei ricordi e tirare fuori nomi e dettagli.
Cominciamo dalla
stagione 1997/98.
Squadra che vince non si cambia, recita il motto. Difatti la Benetton scudettata è intatta. Però è cambiato il manico in panchina,
dall'estro di D'Antoni si è passati alla disciplina di Obradovic. Il primo ad accorgersene è
Sekunda che perde posto in quintetto e spazio in rotazione avviando una paurosa spirale involutiva. Il coach vede l'irlandese solo come ala piccola, non proprio il suo ruolo. E dietro Pittis come 3 c'è solo Niccolai, che è più guardia ma si adatta. Allora arriva l'impensabile, l'inimmaginabile, al secolo
Stjepan Stazic, swingman croato di passaporto austriaco. Ma è acerbo oltre che inaffidabile dal punto di vista caratteriale. Quindi dentro un portatore di palla in più,
Laurent Sciarra, che malvagio non è (sarà pure argento olimpico a Sydney), ma non corregge granché la rotta.
Stazic lo rivedremo comunque all'inizio della stagione successiva. Dura poco: è aggregato alla squadra, cerca di strappare un contratto... ma verrà ricordato per una memorabile rissa in allenamento con Sekunda. Detto fatto: impacchettato e spedito in fretta alla derelitta neopromossa Gorizia. In Serie A lo si rivedrà ancora un po', con passaggi a Reggio Calabria e Udine, ma la sua carrierà sarà (ed è: a 41 anni gioca ancora) destinata a proseguire in Austria.
Anno nuovo, bidoni nuovi. Maurizio Gherardini ritorna a scandagliare il mercato dei giocatori in uscita dai college che possano prendere il passaporto europeo per sfruttare la Bosman. In pratica, la mossa riuscitagli con Sekunda nel 1996. Arriva un po' di tutto.
Billy Di Spalatro, subito idolo della curva perché gioca alla morte nonostante mezzi fisici e tecnici molto limitati, smetterà nel 2000 per dedicarsi ad altro.
Peter Lisicky dovrebbe andare in Austria per provare a prendere il passaporto locale ma non ne vuole sapere... verrà parcheggiato qua e là in attesa di esaurire il suo contratto. Ma l'elemento più assurdo è
Johnny Branch: arriva a settembre, in tempo per giocare i preliminari di Coppa Italia (eh già, all'epoca niente Final Eight) come cambio di Bonora, ma si capisce subito che non è il caso di insistere su questo americano con passaporto portoghese rimediato chissà come. Al suo posto arriva Tomas Jofresa ed è tutta un'altra musica. Tra i lunghi si segnala il pivottone (o pippone?) tedesco
Oliver Naar, 220 centimetri di nulla: sorride sempre ma in campo è capace pure di sbagliare appoggi al ferro e schiacciate - verrà mandato a Cantù per poi tornarsene a casetta.
Il
millennium bug per la Treviso dei canestri si chiama
Jeff Sheppard. Secondo Dado Lombardi, dovrebbe essere la ciliegina sulla torta di una squadra da scudetto. In verità si rivela la zavorra di un team altrimenti molto buono che stupisce un po' tutti portandosi a casa la Coppa Italia e arrivando in finale scudetto. Sheppard è l'ultimo ad arrivare in campagna acquisti ma di partite buone ne gioca proprio poche. Nel finale di stagione un esasperato Piero Bucchi gli preferisce l'oriundo Brad Traina (che è un 3) nel ruolo di guardia tiratrice. Si ritirerà poco più di un anno dopo, ufficialmente per paura dopo l'11 settembre. Da credergli?
Ma
la summa dei carneadi arriva a settembre 2000. E' una montagna umana, si chiama
Samir Gouda ed è egiziano. Ci si guarda tutti in faccia stupiti: ma in Egitto esiste il basket? Fatto sta che questo centrone enorme appare in biancoverde al primo Memorial Bortoletto al posto di Denis Marconato, di ritorno a casa con la Nazionale ma con la caviglia ancora malmessa dopo la porcata di Vrankovic. Non è poi così disprezzabile Gouda ma non ha lo status giusto (leggi: europeo) per poter sperare in una carriera nel Continente, quindi alla prima occasione torna a casa sua. Sarà una stagione decisamente assurda per il reparto lunghi: detto dei problemi di Marconato, coach Bucchi rivuole con sé a tutti i costi
Alan Tomidy che però si presenta in forma-sumo e richiede 4 mesi per tornare ad essere accettabile. Per avere l'irlandese (molto) extralarge, Treviso sacrifica Joey Beard, atipico centro americano fresco di passaporto italiano che viene girato in prestito a Rimini... con cui siglerà 3 triple doppie in stagione, di cui una in faccia ad un certo Gregor Fucka. Nel mezzo, per ovviare all'infortunio patito da Marcus Brown si recupera per un po' l'impresentabile Lisicki che si conferma un pianto. Poco prima dei playoff arriva l'ennesimo pivot: è il cubano
Andres Guibert, una cavalletta che ricorda Yommi Sangodeyi; prende il posto di Isma Santos, ruolo guardia, messo fuori rosa dopo che aveva scoperto una certa tresca tra la sua allora fidanzata e qualcun altro del team...
Via Bucchi, dentro D'Antoni. Tutti felici e contenti tranne uno: Tomidy ovviamente, che ai ritmi al fulmicotone proprio non ce la fa. E allora fuori lui e dentro Tsk... Skitst... Tiskito... Insomma,
Tskitishvili, per tutti Skita, un georgiano con un passato da ballerino che dice di avere 18 anni (non ci crede nessuno, ma si fa finta di nulla). Pescata buona stavolta, perché il ragazzo non è malaccio e soprattutto contribuisce a vincere uno scudetto. Tra gli esterni si segnala Sergei Chikalkin che a guardarlo sembra il cugino di Putin: non difende, probabilmente nel suo vocabolario russo (ah già, non parla altra lingua, bel problemino) neanche esiste il termine "difesa", però almeno qualcosina combina. Per mettergli pepe al culo occorre l'arrivo di Charlie Bell, accolto da Gherardini nel tunnel degli spogliatoi di Casalecchio sotto lo sguardo indifferente di Chika, che in campo poi stampa il trentello davanti a Ginobili. Un rebus.
Gherardini per il post scudetto si inventa un viaggio in Ungheria e torna a casa con due giocatori al prezzo di uno.
Lorant è un ragazzino acerbo (e c'è già il 19enne Kreso Loncar da svezzare) e viene girato in prestito altrove,
Nemeth dichiara 23 anni ma viene il sospetto che in realtà ne abbia 32: durerà pochino. A prenderne il posto è un altro georgiano con la data di nascita taroccata, Manuchar Markoishvili. Il vero problema però è l'ala piccola: si scommette su
Mario Stojic che dopo un mese di cura-Messina fa fagotto ed emigra in Spagna; allora ecco
Dante Calabria che malaccio non è, però si inventa scuse per tornare in America quando la moglie partorisce e la società non la prende proprio benissimo;
Luke Recker viene scartato in prova,
Nik Eppehimer invece entra nel roster senza però praticamente giocare. Così alla fine si pesca in Giappone
Charles O'Bannon, già campione NCAA ai tempi di UCLA con Edney: un teorico 2-3 che ormai è diventato un 4 e fa proprio poco per farsi apprezzare. Ai margini ci sarebbe pure il danesone
Soltau (ruolo 4-5) ma è come se non ci fosse.
La sconfitta in finale di Eurolega brucia, Messina suggerisce un minore sbilanciamento sul tiro da 3 e più pericolosità vicino a canestro. Allora si prende
Samuele Podestà, pivot piccolino (supera appena i 2 metri) ma dalle braccia lunghe, reduce da un lungo stop per peritonite: dopo due mesi lo si spedisce a calci in A2 alla Futurvirtus.
Giovannoni arriva dai facili bottini a Rimini ma in ala piccola fatica terribilmente tanto da dover puntare nuovamente su Pittis. Pure Markoishvili non piace più ed allora ecco
Jermaine Jackson, guardia-play con un passaggio a Verona tre anni prima: umile, disponibile ma affatto irresistibile. Stagione maledetta falcidiata dagli infortuni, prima a Nicola e Garbajosa e poi a Bulleri. A maggio si ricorre al mercato prendendo Ademola Okulaja: un 3-4 che alla bisogna fa pure la guardia o il play... fantascienza.
Si cambia tutto un'altra volta. C'è il rebus della guardia titolare: "
Mo Evans non resta, quindi chi si prende?" "Ah già, c'è quello smilzo che l'anno scorso ci ha fatto il sedere a strisce con Messina prima che il club fallisse... come si chiamava?" "Marlon Garnett, mi pare" "Bravo, prendiamo lui!". Idea malsana, col senno di poi: l'unica cosa buona in
Garnett è il passaporto del Belize(!) che gli consente di essere conteggiato come comunitario parificato in Eurolega in un'epoca in cui gli americani potevano essere soltanto due. Per il resto, da dimenticare. Ma in stagione si vedrà anche altro... come David Bluthenthal che si presenta mitragliando come un ossesso ma appena capisce che Messina vuole difesa alla morte cambia registro e scompare a poco a poco; o come
Dennis Wucherer, di mestiere guardia, preso per sopperire ai problemi fisici dei play (no, non è una battuta). Velo pietoso su
Ago Li Vecchi: tra novembre e dicembre si rompono Bargnani, Siskauskas e Morlende e la società ripiega sul veterano ex azzurro che al primo allenamento fa crack e trascorre un mese in infermeria prima di essere salutato senza rimpianti. A margine, nel senso letterale della parola, c'è
Olivier Ilunga: svedese di origini congolesi, nessuno capisce da dove l'abbiano pescato e le poche volte che è chiamato in campo è imbarazzante; in compenso fuori dal campo fa strage di biondine. Si saprà poi che si trattava di bidone rifilato dall'agente di Siska (
"Vuoi il lituano? Bene, però ti cucchi pure sta ciofeca come mancia obbligata").
Si costruisce attorno ad un nuovo nucleo e con un nuovo allenatore, Blatt. Marconato accetta la proposta del Barça? No problem, ecco
Petar Popovic. O PetarD, come venne soprannominato da alcuni: simpaticissimo, agonista, tiro alla Jack Sikma ma perennemente distratto. Blatt verso i playoff non ne può più e al suo posto chiama prima
Crosariol (pessima idea), poi
Travon Bryant che sapendo colpire anche da 3 risulta un pelino più utile nella Princeton Offense. Sul perimetro Giovannoni dura tre mesi circa, poi lo si impacchetta e lo si spedisce il più lontano possibile. In sua vece arriva il connazionale
Arnaldinho che fa più danni della grandine. Via pure lui, da Rieti in A2 si pesca Matt Santangelo che almeno il compitino lo svolge. E lo scudetto arriva.
Mentre mezza squadra è via per i Mondiali di Tokyo, dove tra l'altro il gomito di Varejao cerca con insistenza l'amicizia dello zigomo di Zisis,
il nuovo GM Fadini ne inventa una dopo l'altra. Prima a suon di assegni si garantisce tre giovanotti di belle speranze e pure l'inimicizia di un certo club toscano; poi si tuffa sul mercato e prende un po' di tutto. Compreso
Nick George, saltatore in alto inglese prestato al basket: spacciato per swingman, in realtà è un buon 4 da A2 (e ridajela...), quindi in breve lo si fa scendere di categoria. Santangelo sul più bello conferma di non avere motivazioni e di volersi ritirare: tesseramento bruciato.
Richie Frahm, la presunta nuova stella, gioca cinque partite discrete e poi si ferma... cos'ha? Boh! Poi si saprà: fascite plantare dovuta ad un mix tra scarpe diverse dal suo sponsor personale, alimentazione più sana e metodi di allenamento differenti a quelli cui era abituato. Se ne starà fuori 5 mesi abbondanti ma al momento della guarigione Blatt non lo rivuole: Frahm è anche un discreto rompiscatole e il coach preferisce farne a meno, anche perché al suo posto è arrivato Shumpert e come ruota di scorta c'è pure
Bryant Smith. La stagione è quella funesta dello
scandalo Lorbek e tanto basta.
Dovrebbe essere l'anno della rivincita e al neo
GM Marco Atripaldi è stata data facoltà di spendere senza problemi. Difatti la collezione di figurine è di primordine. Ma sarà in breve soprattutto
una collezione di figuracce, a cominciare dalla Supercoppa in cui la Benetton becca una scoppola da record contro Siena. Si è sbagliato tutto:
Chalmers non è un play, tanto per cominciare. Poi
Mario Austin sembra Tomidy-2 La Vendetta: andrebbe tagliato in preseason ma Ramagli non se la sente - pagherà il tecnico, con l'esonero.
Dermarr Johnson si presenta con boa fucsia ed una decina di triple sganciate in amichevole quattro ore dopo essere atterrato assieme a
Pops Mensah-Bonsu che nella medesima occasione tirerà giù una caterva di rimbalzi... ma sono due deficienti: lo confermano dopo la medesima partita quando, tornati a Treviso, organizzano una notte brava da far impallidire Nerone e Elagabalo messi assieme. Johnson verrà tagliato per un altro finto scienziato di nome
Reece Gaines (Milano ringrazia); Pops resterà fino a fine stagione con polemiche annesse mentre a fare le spese delle lune di Mahmuti, subentrato a Ramagli, sarà Fantoni che viene rimandato a Livorno. In corso d'opera si vedranno anche De La Fuente (giocatore ordinato, pure troppo per il caos biancoverde, difatti va a Roma),
John Charles III (play casinista) e il vecchio Haris Mujezinovic.
Tutto o quasi da rifare. Sempre pescando teoricamente il meglio che ci sia. La Benetton 2008/09 non è malvagia, anche se Rado Rancik è un telepass in difesa. Il vero guaio è in cabina di regia: si firma
Dashaun Wood, stella un anno prima a Cantù, ma il giocatore si fa male poco prima del via. Allora dall'Ucraina si prende
Bobby "fustino" Dixon, trottolino un po' casinaro per evitare di lasciare l'imberbe Robertino Rullo da solo. In verità ci sarebbe anche
Steven Markovic... un australiano un po' serbo ed un pochino italiano, abbastanza per avere il passaporto giusto, voluto a tutti i costi da Mahmuti che lascia cadere una succosa opzione sull'oriundo Maestranzi. Ma è il Markovic sbagliato, come si accorgerà il povero Enzo Lefebre: l'australopiteco gioca una sola buona partita (a Ferrara, con una sconfitta di squadra), per il resto è impresentabile. A febbraio torna Bulleri, in prestito: fuori prima Markovic e poi Dixon, ché nel frattempo è tornato Wood anche se l'americano è vittima della paura di rifarsi male al ginocchio e gioca col freno a mano tirato. Prima dei playoff, doppio innesto: dall'Islanda si prende Stefansson per coprire il discontinuo
Domen Lorbek; per l'appoggio alla regia, il greco Kalampokis che ha il merito innegabile di riportare Treviso in Eurolega (in realtà, ai turni preliminari) firmando una delle rare vittorie in trasferta della stagione, a Casalecchio contro la Virtus.
Il nuovo corso è quello dell'
Energia Verde, dunque spazio a tanti giovani che escono dal vivaio. Ma non funziona, lo sanno tutti:
Renzi si rompe subito, Martinoni è già a Varese, Rullo va a Casalpusterlengo, Saccaggi dopo poco finisce in B a Omegna. Stavolta i problemi sono tre, cioè regia, ala piccola e ala forte. Partiamo dall'ultimo ruolo: con Renzi out, Wallace deve giocare soprattutto da 5 e per colmare le rotazioni c'è il bosniaco
Hukic che però è alla frutta - dimenticabile il fugace passaggio di
Tyrone Grant, clone di Mario Austin quanto a peso forma e voglia di sbattersi. Buona parte dei soldi vengono spesi per firmare Motiejunas e
Daniel Hackett, acerbo tecnicamente e mentalmente al punto da criticare apertamente il proprio allenatore dopo una sconfitta a Cremona. Vitucci chiedeva un play vero per non usare il figlio di Rudy come titolare ma al posto di Kalnietis gli recapitano
Davor Kus, tiratore mortifero ma guardia purissima. Con gli spiccioli in tasca si prende il 3 titolare,
Cartier Martin, che a livello di testa sembra il cugino di primo grado di Dermarr Johnson... difatti a novembre è già con le valigie in mano. Almeno ci sono Neal capocannoniere e Wallace in doppia-doppia di media... finché la società non silura con una scusa Vitucci e mette in sella Repesa. La musica cambia, i giocatori sono scontenti e cominciano a farsi gli affari loro. Letteralmente: prima dell'ininfluente partita interna di domenica a mezzogiorno contro i ragazzini di Rieti, Gary Neal si concede una serata in disco a Milano perdendo le chiavi dell'auto. E' il casus belli che porta al suo licenziamento per consentire il ritorno di "fustino" Dixon. C'è spazio persino per
Mo Taylor di rientro dalla Cina:
"Sono in formissima, ho appena finito la stagione in Oriente", si presenta... ma serviranno due mesi per vederlo finalmente incidere.
Squadra molto più logica l'anno dopo. Con un punto debole: la guardia tiratrice titolare.
Ryan Toolson si presenta come "Carabina" ma dopo poco per tutti diviene "Cerbottana" visto che ne azzecca proprio poche. A gennaio, giusto un mese prima dell'annuncio del disimpegno dei Benetton, se ne va per approdare a Montegranaro dove di certo non brilla. Al suo posto
Brian "preside" Skinner... un centro. Neanche disprezzabile, pur essendo ad un passo dalla meritata pensione. La stagione non è malvagia ma resta la macchia di aver fallito l'obiettivo della vittoria in Eurocup nonostante le F4 organizzate in casa.
L'ultima stagione dei Colori Uniti parte col lockdown NBA e con un budget all'osso. Quindi ciao ciao a Motiejunas che viene girato al Prokom e spazio aperto agli americani: i bidoni sono Scalabrine e
Jeff Adrien. Il rosso si presenta alla grande, gioca un mese e mezzo da gladiatore, si fa benvolere da tutti... ma appena arrivano avvisaglie di una ripartenza dalla NBA la moglie lo richiama in America e lui inizia palesemente a giocare contro finché non ammette la verità. Ha il pregio di restituire tutto lo stipendio percepito prima di fare fagotto. Adrien è un pivot bonsai ma un animale a rimbalzo, profondamente indisciplinato però: a Caorle in prestagione coach Djordjevic spacca una lavagnetta tattica in un accesso di ira durante un timeout perché il giocatore, assonnato dopo aver trascorso la notte precedente nelle chat internet, vagava per il campo. Dopo Scalabrine cerca di fare fagotto pure lui e lo fa incurante di lasciare la squadra in piena emergenza. Dall'inizio alla fine c'è pure l'oggetto misterioso
Vlad Moldoveanu: dovrebbe essere un 5, si dichiara come 4, cercano di farlo giocare 3. Ovviamente ondivago. Al posto di E'Twaun Moore, oggi ottimo in NBA, arriva un
Jobey Thomas in perenne debito d'ossigeno mentre un Marcus Goree prossimo al ritiro prende il posto di Scalabrine. Con tali premesse, la salvezza raggiunta sul campo è un risultato più che soddisfacente.