Salvo cataclismi, domani o al più tardi martedì la Virtus Bologna comunicherà al trio Djordjevic-Bjedov-Markovic che i piani per il futuro del club non comprendono la loro presenza. Quindi arrivederci e grazie. Nei giorni successivi la dirigenza bianconera deciderà cosa fare col residuo anno di contratto di Milos Teodosic, campionissimo preso nel 2019 (con annesso beneficio per i conti) con l'obiettivo di raggiungere l'Eurolega. No EL quindi no Milos, verrebbe da dire anticipando le mosse dei fidati uomini di patron Zanetti, sempre che il bilancio possa permettersi una risoluzione anticipata pesantuccia e che il nuovo coach sia d'accordo in questa operazione d'uscita. Si chiuderà così un corposo e travagliato capitolo della storia recente della Vu Nere, con scelte nette e finanche drastiche ma che non riesco a condividere.
Conobbi di persona Sale Djordjevic nella primavera del 2011. Era disoccupato. Da quando Milano gli aveva dato il benservito nel 2007 preferendogli il macedone Markovski, si era dovuto accontentare di fungere da commentatore per Eurosport senza ricevere proposte. Il rilancio della sua carriera in panchina ripartì da quella Treviso in cui era arrivato da spalla tecnica televisiva per le Final Four di Eurocup: chiamato dal suo vecchio amico e compagno di squadra all'Olimpia Claudio Coldebella, Djordjevic ebbe la classica seconda opportunità in cui poté sperimentare (seppur con i limiti dovuti ad un club in annunciato disarmo) le proprie idee tattiche. La compresenza di due o più play in quintetto, l'intercambiabilità delle ali, il centro rapido ed atipico che colpisce in avvicinamento, la difesa arcigna e mixata: tutti gli elementi del gioco che oggi si trovano alla Virtus campione d'Italia, Sale li aveva provati già allora.
L'esperienza a Bologna costituisce l'apice di una carriera ancora relativamente giovane. Limitandosi alla sola esperienza di club e senza contare la rivitalizzata Nazionale serba, Djordjevic ha alle spalle circa otto stagioni, computando anche subentri ed esoneri in corsa. In così poco tempo ha saputo imporre il proprio gioco e le proprie idee. A costo di sembrare sprovveduto, arrogante o antipatico, per chi lo conosce poco o nulla, ma facendosi amare da praticamente tutti i giocatori che ha seguito. Specialmente i giovani. Se Gino Cuccarolo per qualche anno è stato un giocatore di basket e non un fenomeno da baraccone, lo deve a Sale. Se Andrea De Nicolao ha potuto ritagliarsi ruoli importanti in Serie A, lo deve a Sale. Se Alessandro Gentile è approdato a Milano (salvando con i soldi incassati una Benetton destinata all'epoca alla bancarotta sotto Natale), lo deve a Sale. E se oggi Alessandro Pajola è passato da bruttissimo anatroccolo preso di mira da tutti a segreto della vittoria virtussina, sapete a chi vanno i ringraziamenti.
Ogni professione però presenta dei profili di scarsa riconoscenza. Si spiega così l'idea della Virtus di chiudere il capitolo Djordjevic. La decisione in realtà è stata presa a dicembre quando l'esonero-lampo rientrò in virtù tanto di una palese cazzata comunicativa quanto di una totale assenza di alternative credibili. Dopo il flop della semifinale contro Kazan, in cui evidentemente i fautori ed autori della cacciata con retromarcia decembrina non aveva colto in toto il problema causato dall'infortunio accusato da Markovic alla caviglia, l'insopprimibile desiderio di liberarsi di un coach di personalità e non abituato a chinare il capo e dunque scomodo è tornato in auge. Lo scudetto poteva essere l'unica ancora di salvezza ma se è vero - ed è vero, purtroppo - che i contatti tra Vu Nere e l'entourage di Sergio Scariolo sono proseguiti nei playoff, significa che gli attestati di fiducia a tempo erano unicamente di facciata e l'unico aspetto reale era il conto alla rovescia verso la fine della stagione.
Sale Djordjevic se ne andrà dalla Virtus? Altamente probabile. E con lui saluterà anche Goran Bjedov, il silenzioso ma preziosissimo vice che otto anni fa di questi tempi vinceva un campionato di Promozione con una banda di ragazzini minorenni costituendo la base dell'attuale Treviso Basket. Scontato il divorzio tra Bologna e Stefan Markovic, pretoriano del coach, capofila della protesta di dicembre, nume tutelare di Pajola. Se sarà davvero Sergio Manolo Scariolo il prossimo head coach della Vu Nera, pur non dubitando del curriculum e del palmares del tecnico ispano-bresciano, temo che la Segafredo non compirà affatto l'auspicato passo in avanti. E non solo perché senza il duo serbo-croato in panchina parte dello zoccolo duro di questi due anni si sfalderà. Per capire il rischio che correrebbe la Virtus affidandosi a Scariolo è sufficiente osservare Ettore Messina e la sua parabola milanese. Affidarsi ad un allenatore che da parecchi anni non guida club europei ma è reduce da un robusto assistentato oltre Atlantico significa dover concedere una fase medio-lunga di assestamento a regole differenti di mercato, conduzione dello spogliatoio, programmazione del lavoro, diversa filosofia quotidiana. Milano questo rischio l'ha corso e nel primo anno di Messina ha balbettato, per poi rilanciarsi e ritornare in auge salvo incappare in errori mastodontici di gestione delle risorse psicofisiche. Ma Milano aveva e ha tuttora il vantaggio della certezza di una Eurolega per contratto, inattaccabile, da cui non può essere esclusa se non per impronosticabili motivi. La Virtus questa granitica certezza non ce l'ha e al massimo proverà ad elemosinare una wild card complice la paradossale implosione del Khimki. Affidare in toto club e team costruiti pazientemente in due anni ad un tecnico diverso e peraltro disabituato da sette stagioni alla vita in una società sportiva europea è un azzardo assoluto che può terminare in due modi: smentendo le fosche previsioni con successi tutti da immaginare o con un esonero dopo pochi mesi e progetto che stenta a decollare.
Dal mio piccolo, ringrazio Djordjevic per avermi fatto vedere un basket bello ed efficace, per le sue dichiarazioni mai banali, per l'abbraccio in Fiera a novembre 2019, per aver accettato una richiesta di 5 minuti di intervista al telefono nonostante fosse comprensibilmente distrutto dalla fatica. Sale è e resta un signore, con tutti i pregi ed i difetti che gli si possono riconoscere. Che vada a Kazan in Eurolega, che accetti di ricostruire il Partizan nuovamente sull'orlo del baratro, che (provocazione) chieda di fare il senior assistant in CSI o che rimanga fermo in attesa di un'altra sfida, non cambierà la mia opinione di lui e della qualità del suo lavoro. Come sempre, i fatti parlano e confermano.