domenica 30 aprile 2023

Finale di stagione

"Cosa resterà di questo 2022-23?": prendo a prestito le parole di una famosa hit di Raf per fare il punto della situazione in LBA, tra playoff, lotta salvezza e questioni di presunto contorno ma reale sostanza. E rispondo subito alla domanda ipotetica d'apertura: resterà la sensazione di un campionato schizofrenico ed imprevedibile, poverello di tecnica e qualità ma ricco di colpi di scena. Basterebbero pochi flash a confermarlo, a vostra scelta: il doppio esonero (con successiva risoluzione consensuale...) in panchina a Scafati, le sofferenze di una ricca ma mal gestita Reggiana, le tante velocità differenti di una Brescia indecifrabile, il Repesa-2 di Pesaro che somiglia moltissimo al Repesa-1, la centrifuga impazzita di Milano, la Vu Nera incompiuta, la Varese penalizzata ma non troppo.

Tanta carne al fuoco, col rischio di tramutare la grigliata in un disastro. Ed allora mi concentro sul Nordest che per la prima volta dopo tempo immemore presentava al via cinque formazioni prendendosi dunque quasi un terzo della geografia LBA. Com'è andata? Luci poche, ombre molte, dispiaceri a profusione e pochi motivi di contentezza. Cominciando da Trento che è sì un esempio di spese oculate e di buona gestione, ma dove le vacche magre cominciano ad essere sin troppo magre. L'Aquila vola a singhiozzo, anzi in Europa non si alza proprio: l'Eurocup in formato piccola Eurolega è massacrante ed affrontarla con roster a 10 (di cui poi giocano davvero in 8-9) e con appena quattro stranieri non è la migliore delle idee. Ci sarebbe di che mangiarsi le mani, tra le montagne del Trentino, per aver sprecato comunque un'occasione di rientrare nei playoff di Coppa seppur con l'ultimo posticino utile - sarebbe bastato non farsi uccellare all'ultimo ad Amburgo. Le note positive della stagione sono la doppietta di qualificazione alla Coppa Italia, onorata al meglio, ed ai playoff scudetto. Il tutto confermando Flaccadori come regista titolare ed alternandolo al gioiellino in prestito Spagnolo, che per me resta sempre una guardia in un corpo da play ma tant'è. Quel che invidio a Trento, oltre alla tranquillità dell'ambiente, alla solidità della società, alla progettualità che ha ora in Rudy Gaddo un nuovo architetto, ad un maestro di pallacanestro quale Lele Molin, è la capacità di inserire prodotti del vivaio in prima squadra. Conti e Ladurner, seppur con spazi ancora ridotti, stanno diventando giocatori sempre più importanti ed interessanti e questo, per il nostro movimento, è un segnale da non sottovalutare.

Trieste pareva la vittima sacrificale designata. Invece, bontà sua, ha cavato il sangue dalle rape nell'emergenza, pur fallendo la scelta di AJ Pacher che doveva essere il perno del nuovo progetto tecnico ed invece ha miseramente fallito la chiamata in LBA. Buono il lavoro di Marco Legovich, che è il capoallenatore più giovane e meno pagato di tutto il campionato, utile il ritorno a casa di Ruzzier, belle le scoperte Bartley e Spencer. Ma ci sono anche le ombre, a cominciare dal doping di Davis che ha privato la squadra di un americano nel momento più delicato e ha macchiato l'immagine di un ambiente sinora piuttosto tranquillo. Poi c'è la questione degli altri americani, quelli del Cotogna Sports Group: una società nata a novembre scorso, dichiaratamente dedita alla gestione di club professionistici e che dovrebbe raccogliere i soldi dei sottoscrittori per farli fruttare in ambito sportivo. Ma ad oggi si è visto ben poco, assistendo a molte passerelle, tanti incontri, chiacchiere a profusione ma poco altro. Trieste è senza main sponsor dall'addio annunciato di Allianz, i giocatori nuovi sono stati inseriti tutti o quasi in seguito a risoluzione o cessione di altri a libro paga, lasciando dunque qualche dubbio sulla consistenza reale dell'operazione americana. Mi si conceda un interrogativo ulteriore: perché la proprietà americana dichiara nelle sue apparizioni in Venezia Giulia di aver condotto dei colloqui con aziende locali per delle sponsorizzazioni? Era necessario passare le quote a nuovi azionisti da oltre Atlantico per sentirsi rispondere "grazie ma non ci interessa" dalle imprese locali che evidentemente hanno altro cui pensare?

Passiamo a Venezia. Che ha chiuso una volta per tutte il lungo capitolo De Raffaele. Capitolo che ha sì portato quattro trofei in laguna dopo quasi 75 anni di attesa ma che doveva essere archiviato almeno uno se non due anni fa. Invece le scelte fatte in estate, teoricamente volute dallo staff tecnico, andavano in controtendenza con il dettame tattico di un coach abituato da sempre ad abusare del tiro da fuori a squadre schierate - non il massimo per un Sima rimbalzista difensivo, per un Parks abituato alle transizioni ed alle percussioni, per un Freeman che predilige i giochi fuori dagli schemi o per un Willis cui piace trattare la palla da play aggiunto in corsa. Il risultato è stato un disastro: prima le sconfitte, poi le ruggini in spogliatoio, un paio di stranieri che remano contro e vengono tagliati, infine il coach sollevato dall'incarico quando la squadra è ben distante dai playoff. Al posto del livornese si è rivisto in Italia Neven Spahija, già ufficiale dell'esercito croato durante le guerre balcaniche, poi condottiero della Roseto di Abdul-Rauf. Con lui si è visto un basket diverso, meno spregiudicato e più attento al controllo dell'area, con un quintetto decisamente pesante ed alto in controtendenza col basket fatto da Bande Bassotti del periodo contemporaneo. Eurocup e Coppa Italia sono durate pochino, l'ultimo appello in una stagione in cui si pensava che almeno un trofeo Venezia potesse portarlo a casa è rappresentato dalla corsa scudetto. Dove, salvo suicidi di Milano e Virtus, è difficile pensare che possano emergere serie alternative.

Mi dispiace molto per l'epilogo di Verona. E lo dico con sincerità. Non solo per l'amicizia che mi lega a Massimilla ed a Gian Paolo, professionisti che svolgono il loro mestiere con lucidità non rinunciando mai alla verace passione che alberga in loro. Purtroppo la Scaligera ha commesso troppi errori marchiani e ha pagato tutto ciò con la retrocessione: innanzitutto, la scelta di legarsi mani e piedi in cabina di regia a Cappelletti è stata deleteria, peggio di Reggio Emilia col sempiterno Cinciarini, poiché la tattica ha comportato il rapido deterioramento dei rapporti con l'unico backup di ruolo (Imbrò) e l'assenza di una alternativa sino quasi alla fine; poi la coppia Selden-Holman, pensata per punti e spettacolo, è scoppiata subito a causa della follia del primo seguita dalla lenta ma inesorabile crisi del secondo; la volontà di premiare tanti protagonisti della cavalcata in A2 ha portato ad onorare contratti con cestisti inadatti alla Serie A, da Rosselli che per ragioni di fisico e di età non ce la fa più a questi livelli da anni a Candussi che è lento, macchinoso, prevedibile e dannoso quando il gioco diventa rapido ed atletico. A tutto questo si è aggiunta la volontà di non discutere il ruolo in panchina di Ramagli che ha pure lui le sue colpe per aver avallato alcuni acquisti e per non essersi opposti ad altri, compreso quello di Giordano Bortolani che col basket ragionato c'entra pochino e che non poteva coesistere con un cavallo pazzo ma di razza come Karvel Anderson. Poi Verona ha avuto anche la sua bella dose di sfortuna col tremendo infortunio di Smith, pivot bonsai ma prezioso, che ha compromesso la rincorsa alla salvezza. L'augurio che faccio alla piazza gialloblu è di una risalita accompagnata da un consolidamento tecnico e societario, sull'esempio del vecchio club dei Vicenzi che seppe far tesoro degli errori commessi per poi diventare una potenza riconosciuta.

Chiudo con Treviso. Brutta, sporca, indecifrabile, costruita male e condotta peggio, in salvo perché capace di vincere alcune partite nel momento giusto. A settembre avevo pronosticato alla attuale Nutribullet una permanenza non priva di fatica, lacrime, sudore e sangue, probabilmente con un posizionamento conclusivo tra la dodicesima e la quattordicesima piazza. Previsione azzeccata, ma non c'era bisogno della sfera di cristallo. Semmai era necessario che TvB capisse che affidarsi ad un progetto di corri-e-tira cozzava con la presenza a roster di un giocatore di magnifico ed intelligente complemento quale Sokolowski, che difatti si è ritrovato subito quale pesce fuor d'acqua. I mal di pancia del polacco già oggetto di una sorta di mobbing estivo del club - la tentata cessione a Napoli, il tentativo di taglio dell'ingaggio - uniti a scelte masochistiche (il boscaiolo Cooke, il pessimo Simioni, un Sarto non valorizzato ma masticato e risputato in A2) hanno portato ai brividi natalizi, seguiti da una prima ripresa, al sacrificio di Sokolowski e Sarto (e poi Cooke) per gli innesti di Ellis e del francese dal cognome caseario. Il risultato è stata un'altalena di risultati, con lo spettro della retrocessione ora vicinissimo ed ora lontano. Alla fine, sospiro di sollievo. Il futuro ha il volto di Leo Faggian, un talento da coltivare e che merita da mesi un prolungamento del contratto. Poi occorrerà discutere sulla panchina, dove l'esperimento argentino ha funzionato a strappi, oltre che sulla società all'interno della quale i malumori si sono ben avvertiti in stagione. E c'è sempre la questione sponsor in ballo, in attesa di sapere se ci saranno ancora i frullatori ciclonici sulle maglie o se occorrerà trovare qualcun altro disposto ad investire nel giocattolo.

mercoledì 19 aprile 2023

"Siccome ho sentito tante c**zate..."

Dedico questo post pomeridiano a Claudio Sabatini che, dodici anni fa, irruppe in una trasmissione radiofonica. L'allora patron virtussino, irretito da quanto aveva ascoltato ossia le famose "c**zate" sul contratto di Keith Langford e sul bilancio della Virtus Pallacanestro, decise d'impeto di fare una comparsata in radio. Quell'improvvisata entrò nella storia, vuoi per il linguaggio colorito e le offese rivolte ai giornalisti in studio (che però avevano sparato a casaccio, contravvenendo ad una delle regole auree della professione ossia il controllo di fatti e fonti), vuoi per le puntualizzazioni offerte da Mister Futurshow. Che lo show, quello vero, lo fece eccome riscontrando un'eco enorme ben al di fuori di Bologna, con rimbalzi sulla stampa nazionale e non solo. "Che se ne parli male purché se ne parli", era il motto in voga un tempo. O forse lo è ancora.

L'incipit mi serve ad introdurre un argomento spinoso - più della situazione di TvB in classifica? Sì, direi di sì, almeno sino a stasera. Voglio approfondire quanto accennavo sopra: l'improvvisazione, l'impreparazione, il tuttologismo, mali atavici figli anche dell'era social e meta in cui il facile accesso alla rete internet rende magicamente sapienti (o almeno, così credono di esserlo) milioni di persone che discettano beatamente di ogni argomento pur conoscendo poco o nulla della materia. Capita anche nella pallacanestro, non solo in ambito strettamente tecnico ma ancor di più in quello normativo. Così capita che pochi soggetti, quelli che conoscono davvero l'argomento, dopo un po' avvertano un fastidio simile a quello di Claudio Sabatini e decidano di puntualizzare, di sottolineare le c**zate e spiegare perché le storie siano diverse da come vengono raccontate. Si chiama fact checking, ma se preferite potete chiamarlo "i punti sulle i".

  • "nel caso Lorbek la frode sportiva non fu riconosciuta": non proprio. O almeno, le due giustizie interpellate (ordinaria penale e sportiva) si pronunciarono in maniera divergente. Il giudice penale riconobbe l'impossibilità di poter commettere una frode, visto e considerato che Massimo Zanetti, dirigente Legabasket cui Andrea Cirelli si era rivolto nella vana speranza di annullare con retrodatazione il contratto di Gino Cuccarolo, non poteva materialmente compiere l'atto fraudolento. Zanetti era funzionario LBA, non FIP, e non aveva poteri d'influenzare in alcun modo l'operato dell'Ufficio Tesseramenti che è sempre rimasto sotto il controllo federale. Il pastrocchio trevigian-bolognese dell'epoca era un accordo sottobanco tra pochi soggetti, tenendo all'oscuro altri. Accertando l'impossibilità di commettere la frode e la sua mancata realizzazione (l'annullamento del contratto di Cuccarolo rimase in un cassetto senza essere depositato), il giudice penale riconobbe l'insussistenza dell'accusa e prosciolse gli imputati - d'altronde se la frode non solo non si consuma ma è impossibile, a che pro punire dei fessi che non sono stati capaci di ottenere quel vantaggio che bramavano? Diversamente agì la giustizia sportiva che, potendo agire in regime di esclusività sulle questioni interne, non riconobbe l'impossibilità materiale della frode ma la sanzionò come tentativo di indebita influenza, con i famosi punti di penalizzazione che costarono alla Pallacanestro Treviso la licenza triennale di Eurolega e, sul medio-lungo periodo, la mesta uscita dal professionismo.
  • "nel 2003 la Virtus Bologna fu radiata": no. Nell'estate 2003 la Virtus doveva onorare un contenzioso aperto dal suo ex tesserato Sani Becirovic che, operandosi alle articolazioni, aveva preferito rivolgersi ad uno specialista di sua fiducia invece di usufruire del medico indicato dalla società. Per questo motivo il club non gli aveva corrisposto le spese mediche né lo stipendio, così da determinare una lite risolta con un lodo ingiuntivo. La Virtus all'epoca era fortemente esposta al pari del suo proprietario, Marco Madrigali, la cui azienda era prossima al crac. Privo delle necessarie risorse per coprire tanto i risarcimenti dovuti a Becirovic quanto le garanzie richieste da Legabasket per confermare l'iscrizione alla Serie A 2003/'04, Madrigali bypassò la questione presentando delle fidejussioni assicurative, non valide ai fini sopra citati - la fidejussione bancaria, normalmente richiesta, è sempre ed immediatamente esigibile; quella assicurativa è pagabile solo in presenza dell'alia previsto dal contratto d'assicurazione. Le società di Legabasket si pronunciarono per l'esclusione della Virtus dal consesso LBA e la FIP ritirò l'affiliazione della Virtus ma non la radiò (la radiazione è pena prevista per il soggetto fisico, non giuridico).
  • "la Virtus fu dichiarata fallita": sbagliato anche in questa occasione. Priva del suo codice federale in seguito alla revoca dell'affiliazione, la Virtus venne salvata finanziariamente da Claudio Sabatini che trovò un accordo transattivo al 30% (o anche meno) con ogni singolo creditore. La strategia vincente di Sabatini fu imperniata sul fatto che un accordo extragiudiziale avrebbe soddisfatto almeno in parte i creditori, che viceversa da una procedura fallimentare avrebbero ricavato molto meno o addirittura nulla. Salvata la società dal fallimento, Sabatini la mantenne inizialmente inattiva, poi la riaffiliò come società di base (minibasket, Esordienti) per fonderla col Progresso Castelmaggiore. Oggi la Virtus Pallacanestro è dunque quella originale, salvo il codice FIP che è quello del fu Progresso - le regole federali stabiliscono che in caso di fusione il codice soccombente ossia quello destinato a sparire debba essere quello del club posizionato più in basso nella gerarchia sportiva della stagione di riferimento.
  • "Eurobasket Roma è stata esclusa in favore della Stella Azzurra": nemmeno qui ci siamo. Stella Azzurra, per quanto storica realtà capitolina, negli ultimi anni si è affacciata in A2 con diritti altrui comprati: prima Roseto, poi Biella hanno ceduto il loro posto ai nerostellati che hanno pagato il dovuto per rilevare il diritto sportivo di club indebitati ed impossibilitati a continuare con le loro sole forze. L'Eurobasket invece aveva vinto i playoff di B nel 2016 salendo di categoria ma nel 2020 il suo ex tesserato Damian Hollis aprì una vertenza per crediti spettanti e non versatigli: a fronte di una dichiarazione giudicata mendace dalla giustizia sportiva che attestava l'assenza di pendenze nei confronti di chicchessia, l'Eurobasket è stata esclusa dal torneo di A2 e costretta a ripartire dal primo campionato a libera iscrizione. Ma cosa c'entra il parallelismo con la Stella Azzurra? Entrambe non giocano a Roma a causa dell'eccessiva onerosità del PalaEur e della prolungata indisponibilità del palasport di viale Tiziano, ripiegando su altre strutture (PonteGrande di Ferentino, Guidonia). Ma la sentenza avversa a Eurobasket non ha alcun riscontro con Stella Azzurra e men che meno con la defunta Virtus Roma, crollata sotto il peso dei debiti e della gestione Toti.
  • "il -16 di Varese è esagerato/riduttivo": chiacchiere da bar sport. La Procura Federale ha accertato documentalmente che Pallacanestro Varese in sede di iscrizione al campionato in corso ha depositato una certificazione non attestante il vero. Tradotto: il presidente del club ha firmato una carta in cui attestava che la sua società non aveva pendenze, come nel caso dell'Eurobasket. Peccato che non fosse vero, come la giustizia sportiva ha potuto appurare. Da lì discende il procedimento che una settimana fa ha portato alla penalizzazione. Giusta? Ingiusta? E perché Eurobasket fatta fuori e Varese salva? Per l'ultimo interrogativo, è chiaro che salvo fatti di assoluta gravità con profili di altro spessore, l'esclusione di un club da un campionato in corso può essere determinato per altri motivi e non certo per un'autocertificazione fasulla o per documenti falsificati - il caso Siena fa giurisprudenza in tal senso. L'Eurobasket fu esclusa a bocce ferme, in estate, quindi senza conseguenze dirette sul campionato; Varese poteva essere penalizzata in maniera più decisa, forzandone la retrocessione, oppure levandole la possibilità di concorrere per lo scudetto (playoff) lasciando aperta una possibilità per la salvezza. La decisione del collegio giudicante ha optato per la seconda possibilità.
Nella speranza che questa digressione a carattere puntualizzante sia stata utile, vi lascio cari lettori all'attesa per le partite serali. Casomai ci rileggeremo domani con un altro intervento in questo blog, per raccontarvi qualcosa di meno tecnico e normativo ma più sportivo.

sabato 15 aprile 2023

Contratti, firme, lodi, sentenze e burocrazia

Non riesco proprio a stracciarmi le vesti. Ci ho provato ma nulla, il moto di sdegnoso furore che teoricamente dovrebbe pervadermi dopo la sentenza che ha sottratto la Pallacanestro Varese da un comodissima e meritatissima zona playoff ad una cupa ultima posizione non provoca effetti in me. Sarà che col tempo sono diventato eccessivamente freddo e cinico, sarà l'esperienza che mi ha reso critico ed attento ai vari segnali, eppure non riesco ad unirmi al coro di colleghi e addetti ai lavori che da qualche giorno intonano peana e lamentano una presunta ingiustizia.

Chiariamoci: togliere 16 punti in classifica ad una squadra che sul campo ha meritato di giocare i playoff è antipatico. Ma se quella squadra è espressione di un club che ha commesso un tragico errore o (peggio) ha omesso volutamente di denunciare un contenzioso in atto con un ex tesserato, allora è tutto un altro paio di maniche. Perché quel che di rado si calcola nella vicenda varesina è il fatto che non si sia certo trattato di un fulmine a ciel sereno: la lite con Milenko Tepic per quel contratto firmato e poi stracciato prosegue da parecchio, complicata dalla natura di scrittura privata che ha rallentato i tempi di accertamento anche da parte del tribunale ginevrino della FIBA. L'intera questione mi ricorda un po' quanto avvenne a Capo d'Orlando nel 2008: l'omissione della denuncia di una cartella esattoriale contestata in bilancio, il rilievo da parte degli organismi federali, la sentenza (amarissima) e la sequela di ricorsi che non ha portato a nulla di concreto - beffa delle beffe, solamente anni dopo la vertenza fiscale si chiuse con un verdetto favorevole alla ormai defunta e ripartita realtà paladina.

Chi ha sbagliato ed a fare cosa? Una bella fetta di responsabilità ce l'hanno i dirigenti che la scorsa estate, depositando la richiesta di Pallacanestro Varese di iscriversi al campionato LBA 2022-23, non hanno segnalato la lite in corso. Sarebbe cambiato qualcosa? Certo: innanzitutto Federazione e FIBA avrebbero chiesto a Varese di depositare una piccola fidejussione accessoria a copertura dell'eventuale verdetto soccombente (poca roba, diciamocelo), ma soprattutto non ci sarebbero stati blocchi del mercato ad annata sportiva in corso, non si sarebbe avvertito il bisogno di controlli ulteriori ed oggi la squadra di Matt Brase sarebbe al suo legittimo posto, quinta in graduatoria e con dei playoff tutti da godere e da giocare. Invece per una dimenticanza o una omissione (che sia voluta o meno, poco conta), il quadro è drasticamente mutato.

Chissà, forse è vero che la dirigenza varesina in fondo sapesse di aver sbagliato ma che fino a qualche giorno fa pensasse che il tutto si sarebbe risolto con una multa pecuniaria, al limite un punto di penalità o la squalifica per qualche mese di qualche manager. Forse è vero che nessuno si aspettasse la mano pesante della giustizia sportiva - oddio, parliamone: la Procura Federale ossia la pubblica accusa aveva chiesto 24 punti di penalità; il -16 toglie i playoff ma lascia almeno una chance di salvezza. Ma tutta questa sicumera da dove deriva? Io non lo so. Quel che so è che fanno ridere certe dichiarazioni, comprese quelle che addossano l'intera vicenda a dirigenti non più facenti parte del club: "Colpite coloro i quali aprirono il contenzioso con Tepic - pare dicano attraverso i comunicati - Noi siamo arrivati dopo, non c'entriamo". Se permettete, non è così: ferma restando la responsabilità di chi il giocatore l'ha prima firmato e poi cacciato senza riconoscergli quanto pattuito, il fatto che altri dirigenti non si siano premurati di produrre un minimo di avviso sulla questione aperta rende la società colpevole anche oggi. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

Tra qualche giorno verranno depositate le motivazioni della sentenza, da lì partirà la giostra dei già annunciati ricorsi la cui strategia è già intuibile: io non c'ero, se c'ero dormivo, non è colpa mia, prendetevela con quelli di prima, non potevamo sapere che la FIBA ci avrebbe condannati. Facile anche immaginare la risposta della Corte d'appello Federale: la legge non ammette ignoranza della stessa, se si gestisce un club professionistico il minimo da fare è essere scrupolosi in ogni ambito. Personalmente spero che Varese alla fine si salvi sul campo, così da risparmiarci un'estate di carte bollate. Non mi piacerebbe dover assistere al balletto del ricorso al CONI nel pieno delle finali scudetto, o del TAR successivamente (magari a settembre) a riscrivere le classifiche ed a generare altri malumori. Immaginiamo che per ipotesi Varese retroceda a causa del -16, che perda il ricorso in appello e che vinca al CONI o che abbia riconosciuta ragione al TAR: cosa accadrebbe? Un giudice imporrebbe il reintegro del club lombardo in LBA con effetti a cascata tra cui il detestatissimo campionato dispari. E le regole che qualcuno ha dimenticato o eluso, cosa ne sarebbe di loro? Vi sarebbe la dimostrazione che tutto è fattibile, anche non denunciare un procedimento al BAT ritenendolo iniquo o viziato ben prima della pronuncia dell'arbitrato ginevrino. Una giungla. Grazie, ma io al Far West normativo preferisco una sentenza dura ma che faccia chiarezza una volta per tutte.

PS: non mi sono dimenticato del ruolo della Federazione, anzi. Mi limito ad osservare che negli ultimi 16 anni se ne sono viste di tutti i colori tra contratti dimenticati, cifre alterate col bianchetto, conteggi fatti in maniera sospetta, connivenze pericolose, scoperte tardive di scandali annunciati. Nel frattempo le piazze soffrono, i tifosi pure, alcune realtà sportive spariscono, altre si rialzano a fatica. Ma in via Vitorchiano tutto pare immobile, cristallizzato. Ed è questo ciò per cui dovremmo indignarci davvero, non per un -16 in classifica.