Credo che domattina per prima cosa manderò un messaggio ad una cara amica che lavora per una nota catena di negozi di letti e materassi: le chiederò se il caro, vecchio metodo di stipare i risparmi tra federe, imbottiture e coprilenzuola sia possibile anche con i moderni ritrovati in memory foam o altre diavolerie che ti promettono sogni d'oro. Con i venti di crisi che soffiano più forte della gelida tramontana di queste sere di dicembre e dopo la sua orripilante prestazione nel derby con Verona, mai e poi mai rispetterei il motto "Money in the Banks" che accompagna (forse da troppo tempo) la carriera della guardia classe 1986. Non solo non gli affiderei i miei risparmi ma nemmeno lo farei giocare un elemento con un linguaggio del corpo così evidente e che denuncia malesseri interni ad una squadra che - chi lo nega è cieco o è complice - non è costruita a sua immagine e somiglianza.
Se pensavate che bastasse prendere da Brindisi un fedele scudiero (Zanelli) ed un viceallenatore (Morea) per ricreare la magia di quella Happycasa e per ritrovare l'Adrian Banks MVP del campionato, vi sbagliavate. E non è una questione anagrafica: semplicemente quella Brindisi aveva un cervello pensante come play titolare ossia quel Darius Thompson (e prima Wes Clark) che è stato il vero segreto delle fortune pugliesi assieme ovviamente a coach Frank Vitucci. In un sistema che prevedeva ali realmente intercambiabili, un pivot atipico ma efficacissimo (qualcuno ha detto John Brown III?) ed una difesa attenta soprattutto sulla palla, allora il talento offensivo di Banks poteva essere ben sfruttato. Se invece si crede che il summenzionato talento sia valido ovunque e comunque, anche in formazioni che non hanno cabina di regia se non adattata, che hanno una coppia di centri da mani nei capelli, che mancano di personalità nei ruoli chiave e che nelle rotazioni degli italiani hanno ben poca roba, allora vale tutto. Vale anche il fatto che persino gli adulti possano credere a Babbo Natale, che si possa ritenere che Elvis non sia morto ma sia stato rapito dagli alieni o che qualcuno possa ancora pensare che la terra sia piatta, che i vaccini facciano parte di un oscuro piano di dominazione mondiale e che Donald Trump abbia vinto le scorse presidenziali in America. Insomma, qualunque fesseria potrebbe acquisire improvvisamente valore, al confronto.
Intanto si è giunti al tanto atteso aut aut. Che è andato in scena dopo la partita tra Treviso e Verona, con Sokolowski che ha sparato alzo zero contro "chi rompe il gioco, pensando che a basket si vada ognuno per sé" e Marcelo Nicola che è stato ancor più diretto. Senza mai citarlo, l'argentino ha comunque detto chiaro e tondo cosa c'è che non va: Banks. Ossia quel giocatore che dovrebbe infondere serenità, che dovrebbe aiutare i compagni nei momenti di difficoltà, e che invece si dimentica gli schemi, perde palloni banali in maniera assurda, sbaglia scelte, gioca uno contro il mondo. "Ne parleremo con la società", ha detto Marcelo a proposito. Quindi il messaggio è chiaro: coach ed almeno qualche giocatore non vogliono più tra i piedi la guardia di Memphis, giudicandolo un peso. Difficile dar loro torto, almeno ricordando le 7 palle perse del solo Banks sulle 22 totali di squadra, le percentuali deficitarie al tiro, le proteste sciocche, le letture errate, gli avversari persi in rotazione. Certo, Banks non è l'unico colpevole ma è evidente che la squadra non lo segua e che lui in fondo voglia essere assecondato ma non intenda mettersi al servizio di nessuno. E dubito che tutto possa magicamente risolversi con un taglio: semmai servirebbe anche rispedire in Finlandia quel fantasma di Jantunen (ma che ci hanno visto in lui? Boh!), cambiare Cooke con un pivot almeno decente e continuo ed anche lasciare che lo stesso Sokolowski si trovi un'altra squadra. Mi rendo conto che tutti assieme sono movimenti utopistici e dunque immagino che alla fine si opterà per una soluzione semplice. Via uno, poi nel caso si vedrà.
Restano i però di una situazione che, come scritto appena una settimana fa, è figlia di troppi problemi. La partita TvB non l'ha persa sugli errori ai liberi o su mancati fischi arbitrali o sull'errore di Sokolowski che ha banalmente consegnato un pallone comodo a Casarin. No: la partita è stata persa sul 26-13 del sesto minuto, quando la Tezenis faticava a reagire di fronte ad un gruppo (la squadra è un'altra cosa) che stava giocando finalmente con un minimo di cattiveria agonistica. I cambi, i dannati cambi che hanno portato Banks in campo al posto di Jurkatamm e Jantunen a rilevare Sorokas hanno girato l'inerzia. Con loro due sul parquet, manovra Nutribullet ferma e Scaligera sempre più libera di ridurre il divario e poi di mettersi al comando. Ora vi chiedo: chi ha deciso di affidarsi a quei due, già deleteri una settimana fa a Scafati? Chi li ha messi in campo e poi riproposti, nonostante fosse evidente che non fosse serata? Chi ha voluto insistere sino allo sfinimento? E chi li ha cercati e ha premuto sulla dirigenza affinché fossero firmati in estate, nonostante ci fosse abbondanza di alternative nei ruoli? Da quanto si sa, il responsabile è sempre lo stesso. Ossia quello che stasera si è apertamente dichiarato deluso dal rendimento di un suo giocatore. Che non è Faggian, il quale meriterebbe spazio e minutaggio, ma lo straniero più pagato di questa TvB. Soldi non in cassaforte né in banca, ma immeritati a fronte del rendimento deficitario.
Martedì sera in Fonderia ci sarà una apericena natalizia della società: sarà l'occasione per tastare il polso e capire qualcosa di più. Immagino che già domattina qualche telefonata verrà fatta e non sarà verso il negozio di materassi più vicino. La scorsa settimana la società TvB in verità qualcosina ha fatto, tra chiamate ad agenzie e procuratori per sapere se Tizio sia libero, se Caio sia disponibile, se Sempronio possa accettare una proposta, e dichiarazioni ai giornali abbastanza estemporanee. Non basta minacciare qualcosa, che siano le dimissioni da un ruolo o una multa, per ottenere un risultato. Serve un segnale chiaro, quello che manca da tempo e che fa arrabbiare sempre più il pubblico. Era dal match dello scorso aprile con Napoli, quello prodromico alla cacciata di Max Menetti, che non si sentivano fischi e cori di protesta provenire dagli spalti. Stavolta ci sono stati pure gli striscioni, una novità in dieci anni di TvB: nemmeno al PalaCicogna nel disastrato anno della Serie B si vide qualcosa del genere. Segnali inequivocabili, qua la sterzata deve essere decisa ma non confusionaria. Se si vuol cambiare, lo si faccia con una strategia. Altrimenti tanto vale dichiarare che l'obiettivo reale non è la salvaguardia della categoria ma l'azzeramento dei passivi degli ultimi due esercizi: così almeno la gente smetterebbe di illudersi e di essere illusa, comincerebbe a riguardare la A2 aspettando il ritorno di trasferte comode a Mantova, Ravenna, Ferrara ed il recupero della classicissima con la Fortitudo. Che con Treviso Basket condivide tanti aspetti: la wild card per la B nel 2013, la promozione in A nel 2019, la crisi dovuta alla scelta scellerata di partecipare alla BCL senza avere la necessaria solidità. E l'ingaggio di Adrian Banks con il sommo equivoco di aver firmato teoricamente un campione, salvo ritrovarsi con la più pesante ed economicamente cara delle zavorre.