martedì 28 dicembre 2021

Frutta secca

Alzi la mano chi non li ha mai mangiati. Parlo dei fichi secchi: al naturale o con la mandorla o intinti nel cioccolato fondente, sono un classico dolce del periodo natalizio. Li trovi nelle ceste, nelle calze della Befana, nelle gastronomie, nei negozi di dolciumi o nei piccoli alimentari di quartiere. Oppure, in senso figurato e sportivo, in quelle squadre che cercano di raggiungere il massimo risultato stringendo i denti, chiedendo il massimo (o l'eccesso) a forze non sufficienti sul piano numerico.

Le famigerate nozze con i fichi secchi sono divenute nel corso della storia una costante immancabile, neanche fosse una tradizione da rispettare. E non fa eccezione l'attuale TvB che nella prevedibile, forse prevista, sicuramente immancabile crisi invernale (una costante dal primo anno di A2) sta faticando e perdendo terreno in classifica. Nulla di cui stupirsi, se si guarda la situazione con occhio clinico: reparto ali ridotto da inizio stagione a due giocatori, entrambi vittime di recenti infortuni (ed uno lo rivedremo non prima di fine gennaio); oggettivo calo fisico dopo la partenza di gran carriera di settembre-ottobre; malanni di stagione che abbassano le difese immunitarie ed incidono anche sulle capacità difensive in campo dei singoli. Il conto è presto fatto.

Quel che ai più forse non torna è il conto economico. Perché magari si pensava (a torto) che la partecipazione ad una Coppa europea comportasse un aumento deciso del budget. Senza dimenticare che giusto un anno fa la società Treviso Basket doveva far fronte all'ammanco delle previsioni (comunque al ribasso) di incasso da botteghino e che in funzione della precedente sospensione per pandemia aveva dovuto tagliare le spese di un 30%, sarebbe opportuno ricordare che TvB non ha un budget di prima fascia dai tempi dell'A2. Questo perché tolti i multimilionari di Milano e Bologna-Virtus e tolta (finché dura) Venezia che comunque di soldi continua a spenderne, è difficile per non dire quasi impossibile ambire alle migliori posizioni senza qualche colpo di fortuna in un campionato in cui oltre metà dei club partecipanti hanno un budget annuale compreso tra 3 e 4,5 milioni. Il mecenate è una razza in via d'estinzione e che anche in proporzioni inferiori rispetto ai signori Armani e Zanetti tende a non firmare assegni in bianco - per referenze, chiedere a quel Mauro Ferrari di Brescia che nella sua rivoluzione interna deve fare i conti con i tanti euro da dare a Luca Vitali e Vincenzo Esposito per tenerli in vacanza forzata. Ecco spiegato il ricorso ai fichi secchi, buoni e gustosi ma terribilmente poverelli di alternative, come protagonista del pranzo domenicale e, quando c'è la Coppa, infrasettimanale.

Vogliamo scendere nello specifico? Treviso Basket parte già annualmente con una zavorra chiamata Palaverde: impianto ancora bello nonostante sia prossimo ai 40 anni di onorato servizio, però privato e con un costo d'utilizzo affatto basso. Molte altre realtà possono contare su convenzioni con gli enti comunali o ex provinciali per ottenere l'utilizzo in esclusiva ed a prezzi stracciati dell'arena in cui ci si allena e si gioca. TvB no. Anzi: deve pure convivere con Imoco Volley, che ha la precedenza in diverse situazioni visto e considerato che utilizza di più lo stesso palasport, in cui ha trasferito anche la propria sede operativa. Se altrove si trovano soluzioni che permettono di non incidere sul bilancio, magari con il naming sponsor dell'arena, a Treviso tocca fare buon viso a pessimo gioco da tempo immemore. D'altronde, o così o nulla. E che dire del preliminare di BCL? Anche quello è un costo, sostenuto volentieri per agevolare il compito del team di lavoro, ma pur sempre un costo.

Veniamo alla squadra. Alcuni rinnovi al rialzo, altre conferme ai vecchi prezzi. Qualche occasione, anche: Henry Sims ad esempio ha accettato un ingaggio al ribasso rispetto alle sue abitudini, visto che proveniva da un paio di esperienze affatto esaltanti - ed a giudicare dal suo linguaggio del corpo difensivo, è comprensibile il motivo del taglio a Reggio Emilia la scorsa primavera. Il tanto criticato (a torto) Aaron Jones è il lungo più utile in fase difensiva, ma pochi sanno che costa meno di un Echodas (che Venezia taglierà a breve dopo tre mesi esasperanti) o di un John Egbunu, fresco di fuga dal manicomio varesino per migrare in Israele. E Chillo? Il vituperato Chillo? Il bolognese avrà tanti difetti, a cominciare da quello di non essersi vaccinato preventivamente per il Covid-19, ma è difficile trovare un 4-5 italiano da rotazione col suo costo in Serie A.

Fichi secchi, dunque. Come quando anni fa si tagliò Burnett per far spazio salariale per inchiostrare Alj Nikolic, prendendo poi come ala piccola l'impresentabile Turner ed il tristissimo Cooke III - per gli amanti delle curiosità, Biscotto3 dopo un'inattività di un anno è ora nel roster degli affatto irresistibili Hamilton Honey Badgers, formazione di una misconosciuta lega minore canadese. La coperta è corta, da qualunque parte la si tiri. Ma se c'è qualcosa che va imputato alla società ed allo staff tecnico per la situazione attuale, questo può essere piuttosto l'aver compiuto alcune scelte estive non del tutto assennate. La prima è l'aver composto una squadra di dieci elementi con due sole ali, Sokolowski e Akele: il primo sta vivendo con difficoltà il cambio di ruolo nelle gerarchie interne, passando da un sistema in cui doveva supportare il solista di squadra ad un altro in cui deve fungere da collante tra regia e lunghi con i soliti compiti offensivi a contorno; il secondo era cresciuto parecchio di rendimento rispetto alla scorsa stagione ma sul più bello si è beccato la gomitata assassina ed ora è costretto ai box, sperando che al rientro la mira sia rimasta quella antecedente alla porcata dei lettoni.

La seconda scelta, che giudico ancora incomprensibile, è quella di Casarin. Il ragazzo è giovane, si deve formare, deve aver diritto a sbagliare in campo, bla bla bla. Ok, va bene. Ma partiamo da un presupposto: Casarin non ha un ruolo. Non è né sarà mai un play, visto che non sa leggere le situazioni e non ha la necessaria sicurezza; non è una guardia, con quel tiro ondivago e quelle iniziative estemporanee frutto più della voglia di spaccare il mondo di un diciottenne che di un vero talento innato; forse potrebbe essere un 3 tattico, di quelli che usano il fisico in difesa e che compensano con l'esuberanza e la stazza l'assenza di centimetri. Ma c'è un problema, bello grosso: Casarin è sparito dalle rotazioni. Il motivo è semplice: è acerbo, non pronto per questo livello e soprattutto non riesce a fornire ciò di cui la squadra avrebbe un disperato bisogno. Quattro minuti a Brindisi, senza incidere, zero contro Brescia e, nel mezzo, unico insufficiente nella vittoria di squadra contro un'AEK eliminata ed in crisi finanziaria. Insomma, inutile prima ancora che dannoso. E dire che in A2 ci sarebbe un certo Alvise Sarto, prodotto delle giovanili TvB (e prima Benetton...) che sta facendo le onde alla JB Monferrato ("Non chiamatela Casale", come dice l'amico e collega Stefano Valenti), vale a dire una formazione partita per salvarsi con un progetto giovani ed attualmente quarta in classifica con il ragazzo trevigiano miglior marcatore. Ancora mi chiedo quindi perché accettare il patto biennale con Casarin padre per svezzare qui il figlioletto, manco fosse un altro Bortolani o Moretti, invece di riportare a casa un ragazzo in costante crescita e che già conosce l'ambiente. Bel mistero. Intanto, alla luce di infortuni lunghi, risultati allarmanti e prospettive di Coppa, la società sta cercando un 3-4 (toh, il ruolo di Soko e Akele!) straniero come soluzione tampone e puntello per la BCL. Chissà quando e se si concluderà la ricerca. Chissà, soprattutto, se qualcuno dei candidati si accontenterà di una calza della befana con dei buonissimi ma scontatissimi fichi secchi.