Max Menetti, per chi non lo sapesse, ha completato in gioventù il percorso scolastico conseguendo il diploma di maturità in un istituto alberghiero. Amante della buona tavola - ottima dote, questa - e buon conoscitore non solo di pallacanestro, sa bene che il segreto di una ricetta riuscita è l'amalgama (ahia...) tra ingredienti e sapori, riuscendo a trovare il giusto equilibrio e le dosi corrette. In caso contrario, un piatto potenzialmente eccellente può risultare passabile, appena mangiabile, mediocre insomma. O addirittura pessimo. E' questione semplice e complessa al tempo stesso. E come tutti gli chef sanno, una ricetta affonda le proprie radici nella spesa alimentare precedentemente effettuata.
Ora, che la dispensa di Treviso Basket non sia ricca come l'anno scorso credo sia palese. Che la società abbia dato un profondo giro di vite alla capacità di spesa per gli approvvigionamenti della cucina è il segreto di Pulcinella. Che quasi tutti - sottolineo il quasi - gli ingredienti siano stati presi o confermati al ribasso, è risaputo. Ma se il segreto di un grande chef poggia sul saper esaltare anche i sapori più poveri o sottovalutati, ci sono alcuni azzardi che non sono accettabili. Neppure di fronte a ristrettezze economiche.
Perché diciamocelo chiaramente, sempre restando in ambito di metafore culinarie: se ho a disposizione una Toma Piemontese magari non pregiatissima ma già testata in due ricette di successo, non la baratto con una insipida e sconosciuta Alfredo Sauce che nasconde al suo interno chissà quali mediocrità. Soprattutto se il costo è praticamente il medesimo. E se ho bisogno di un puntello di sapori e sostanza, non lo cerco alle pendici del Montello dove al massimo trovo della casatella che può giusto pulire la bocca dopo un pasto, ma esploro ogni possibilità offerta dal mercato alimentare. Insomma, anche se i soldi sono quelli e se non c'è tutta l'abbondanza del passato, occorre capire come, dove e quando azzardare. Altrimenti, per citare quel volpone di Joe Bastianich, avremo solo dei piatti "diludenti".
Attualmente il carrello della spesa di TVB presenta una cinquina di prodotti abbastanza buoni, tra elementi freschi e molto malleabili ed altri al massimo della stagionatura. Le alternative però sono poche e carenti sotto diversi punti di vista. E francamente, la Alfredo Sauce è proponibile forse nelle tavole calde e nelle mense aziendali in cui si devono riempire gli stomaci senza badare alla qualità ma solo rispettando dettami di quantità. "La cucina è un'altra storia" (B. Barbieri).
E' chiaro che in questo momento chiunque vorrebbe essere al posto di chi possiede cucine di alto design o di chi può contare su un robusto caffè a fine pasto: gli chef con queste doti attualmente in Italia sono soltanto due e, per loro somma fortuna, non devono barcamenarsi tra bilanci da far quadrare e diktat dalla proprietà o dalla gestione del ristorante quanto a spese. Confrontare le possibilità di chi ha una dispensa ridotta con chi invece può scegliere di volta in volta la marca di champagne per pasteggiare è privo di logica ed irrispettoso per entrambe le parti. Ma se si vuol sognare, se si chiede di andare oltre i confini dell'ordinarietà nel gusto, la scelta oculata degli ingredienti base è fondamentale.
P.S.: anni fa un cestista americano di indubbio talento ma assolutamente privo di un qualsiasi rudimento di cucina lamentò l'assenza in Italia di un noto condimento americano per pastasciutta, gabellato come "prodotto tipico". De gustibus non est desputandum... ma qualcosa mi dice che se mai avesse pronunciato quelle parole in una qualsiasi edizione di "Caseus Veneti", il buon Chris Douglas-Roberts sarebbe stato sottoposto a tortura medievale. Magari tramite cottura per immersione a fuoco lento nella sua adorata Alfredo Sauce.