giovedì 7 maggio 2020

Parola di Zmago

In un periodo di grandi ovvietà, di poche idee, di sommi autoincensamenti (non uso un altro termine più comune ma volgare per puro rispetto) e di bugie a iosa a beneficio del popolino, una voce si leva. Anzi, si eleva. Quella di un allenatore sloveno conosciuto per i suoi metodi di lavoro estremamente duri e per la capacità di scoprire e lanciare grandi talenti. Parlo di Zmago Sagadin, santone della panchina, autore dei successi dell'Olimpija Ljubljana, uomo per le cui mani sono passati parecchi campioni che abbiamo ammirato anche dalle nostre parti oltre che in Eurolega.



Cosa dice Sagadin? Lo potete leggere qui. Ma voglio sviscerare alcuni dei concetti espressi dal coach per riflettere sulla situazione di casa nostra.


  •  Il rapporto FIBA-EL-NBA. Pacifico che la situazione non sia utile a nessuno, che le tre realtà ormai viaggino su binari paralleli ignorandosi se non guardandosi con aperta ostilità. Commercialmente parlando, la guerra europea non ha portato grandi benefici né internamente né nei rapporti con gli USA. Sul fronte delle Nazionali, è un disastro. Sagadin si spinge anche un po' più in là, afferma che le qualificazioni a Mondiali ed Europei con la nuova formula delle finestre di novembre e febbraio è irregolare: parole forti che però confermano un principio di base fallato. Non poter competere al meglio delle proprie forze viola il principio di equità che dovrebbe essere alla base dello sport. E poi: davvero l'allargamento dei Mondiali, gli slittamenti degli Europei e le qualificazioni hanno portato beneficio? Sono parecchio scettico su tutto ciò, specie dopo aver visto il basso livello di basket espresso in campo nella strada verso i Mondiali.

  • I buyout. Mentre in Italia ancora ci si dibatte sul tema dei dannosissimi parametri NAS che finora non hanno apportato nulla se non soldi in cassa a matrigna FIP, chi si è visto depredare di campioni in rampa di lancio in direzione dorato-mondo-con-l'effige-di-Jerry-West mastica amaro. Non si tratta più di liberismo economico ma di posizioni di forza e di debolezza: i giocatori vogliono la NBA, le franchigie sfruttano le regole a proprio favore e i club europei se non si premuniscono perdono un giovane di talento in cambio di 500mila dollari. Che non sono da buttare ma che non consentono certo di generare un sistema virtuoso. La formazione di un giovane richiede tempo, fatica ed investimenti: se non si rende premiante il lavoro di un allenatore spingendolo a dare il massimo tra reclutamento, insegnamento ed aggiornamento, cosa si pensa di fare? E qui torno entro le mura di casa nostra: della cifra di un parametro incassato per un tesseramento, quanto va in tasca all'allenatore che ha formato il giocatore? Nulla. Ed allora non è meglio abolirli, questi NAS, ed introdurre la possibilità di premi di produzione per gli allenatori e di buyout con minimali e massimali per i club, categoria per categoria, al fine di consentire una vera filiera sostenibile?

  • Lo sviluppo dei giocatori. Dice Sagadin che prendere giocatori da fuori, già pronti, è più conveniente che investire nei giovani. Sacrosanta verità, Monsieur de la Palice! E se lo dice uno sloveno, esponente di una Nazione ancora giovane e che con un serbatoio ridottissimo (2 milioni appena di abitanti) eppur capace di far emergere fior di campioni, cosa dovremmo dire noi, che non riusciamo a cavare il sangue da una rapa neanche pregando e che siamo erroneamente convinti che l'allineamento planetario delle annate 1985 (Bargnani), 1986 (Belinelli), 1987 (Datome) e 1988 (Gallinari) sia stata la regola e non una magnifica eccezione? Leggo del progetto "Club Italia" mutuato dalla pallavolo e da realizzarsi a Cremona mentre al contempo la FIP insiste sui campionati giovanili per le società di Serie A. Evidentemente a lorsignori non è bastato aver fatto una stupidaggine immane quando si è portato in pari le annate giovanili creando prolungamenti inutili delle juniores. Un ragazzo se è capace e se ha voglia può andare in campo con i senior già a 18 anni: magari prenderà qualche sana badilata sui denti ma crescerà e maturerà molto di più in tal modo piuttosto che facendo il campioncino nella riserva indiana del campionato giovanile. Evidentemente anche in questo caso gli esempi del recente passato (qualcuno ha pronunciato il nome di Andrea La Torre?) non hanno insegnato nulla. Con il passaggio della pandemia siamo stati tutti costretti a rivedere parte della nostra quotidianità ed anche lo sport dovrà ripensare a come gestirsi. Quindi mi e vi chiedo: invece di un Club Italia e di tanti campionati giovanili, perché non riportare le società a costruirsi in casa i giocatori limitando gli stranieri e scommettendo sulla crescita dei nostri ragazzi? Se la vostra risposta riguarda una presunta perdita di competitività delle nostre squadre in Europa, potete sempre citofonare a Sagadin: magari vi ricorderà che la sua Olimpija nel 1994 vinse la Coppa Europa con in campo dieci sloveni, un serbo ed un russo... come dire, dieci italiani, uno spagnolo ed un americano.

  • Per oggi è tutto. Riflettete, se volete. Altrimenti aspettate la prossima intemerata di Giannino er laziale o il prossimo annuncio di un club che dichiara bancarotta. Di questi tempi, non ci sono altre notizie d'altronde.