venerdì 31 agosto 2012

Crollo verticale

C'era una volta lo sportsystem Benetton. C'era una volta VerdeSport, organizzazione evocata a titolo d'esempio, indicata quale eccellenza, anche invidiata da qualcuno. C'era una volta una multidisciplinarietà che faceva conoscere ovunque, nel mondo sportivo, il nome di Treviso.

C'era la Formula Uno. Prima le sponsorizzazioni, poi l'acquisto della Toleman. La prima vittoria (seppur a tavolino) con Nannini. L'era Briatore e l'astro nascente Schumacher. La coppia Alesi-Berger e l'ultimo trionfo nel '98. La bella scoperta italiana di Fisichella (oltre a Trulli, Wurz, Button). Tutto destinato all'oblio, dopo l'annuncio di vendita alla Renault. Nel 2001 l'ultimo campionato prima del radicale cambio di casacca, colori, proprietà.

C'era il Motomondiale. La scuderia in 125 e 250, categorie che le giovani generazioni magari nemmeno conoscono. Marco Melandri, oggi in Superbike, collezionò le prime gioie proprio con il team diretto da Rocco Benetton. E nella quarto di litro, il giapponese Ukawa si mise in luce diverse volte con una livrea che ricalcava quella della "sorella" a quattro ruote. Anche i successi del cannibale australiano Mick Doohan furono accompagnati dal marchio di Ponzano. Ma nel volgere di qualche anno, a dispetto di risultati incoraggianti, anche tra i centauri la presenza trevigiana scomparve.

C'era il volley, creato dal nulla trapiantando nel capoluogo il titolo di Vittorio Veneto. Una sfilza di trofei, l'ultimo appena un anno fa (la CEV). Campioni consacrati. Unico neo, lo scarso appeal presso un pubblico che si scaldava soprattutto in vista degli appuntamenti più importanti. Dopo una stagione a Belluno, la chiusura. Solo l'ostinazione di pochi, ammirevoli addetti ai lavori consentirà di avere un futuro, piccolissimo. In B2. Meglio di niente.

C'era il basket. E sapete tutti com'è andata a finire. Il titolo, rilevato da Aldo Bordignon nell'83, non è stato regalato alla città, né ceduto agli imprenditori interessati, bensì è stato mantenuto per alimentare, con gli introiti dei parametri NAS e dei buyout, un settore giovanile che difficilmente resterà al vertice (ultimo scudetto juniores nel 2011).

C'era Join The Game, iniziativa studiata e realizzata per far giocare a basket le giovani generazioni tramite il format del 3vs3. Destinato a morte certa, a meno che la FIP non decida di farsi carico delle spese di gestione.

C'era e, almeno per un altro anno, c'è il Master SBS per formare giovani manager nel mondo dello sport. Ragazzi che però non sempre trovano spazio - e non per loro colpa o a causa di una preparazione inadeguata, tutt'altro. Ma il futuro va verso la Laguna, Ca' Foscari.

C'era, c'è e ci sarà, fino al 2014, il rugby, vincolato dal contratto con FIR e con il Board della Pro-12, ex Celtic League. E ci si domanda se il futuro riserverà ancora qualcosa ai Leoni oppure se dovranno fare spazio a una franchigia federale, i famosi/famigerati Dogi.

C'era e c'è, chissà per quanto ancora, la Ghirada. Centro sportivo aperto a tutti, tante strutture per tutti i gusti e per ogni esigenza. Oggi, più vuoto che mai. Una palazzina, quella bianca a fianco ai campi da volley all'aperto, oramai chiusa e abbandonata. Dove un tempo Maurizio Gherardini, Enzo Lefebre, Michele De Conti e Bruno Da Re lavoravano inseguendo successi prestigiosi, oggi ci sono solo porte chiuse ed uffici sgombrati da ogni arredo.
Il negozio Playlife, prima del restauro di fine anni '90 punto d'incontro per l'acquisto dei tagliandi delle partite e del merchandising ufficiale, prossimo alla chiusura. La liquidazione totale è avviata.
Playground deserti: sembrano distanti quei giorni di settembre in cui tifosi, appassionati, curiosi, addetti ai lavori si assiepavano per assistere alla presentazione delle squadre.

C'era e resta, ovviamente vuoto, il Palaverde. Costruito quasi trent'anni fa, a tempo di record, e rimasto nel tempo un piccolo gioiello, è oggi orfano della sua dimensione pura, quella sportiva. Perché qualche concerto non può davvero bastare a giustificarne l'esistenza.

Macerie di un impero che fu.

Cosa emergerà da questa profondo, inconfessabile ma evidente desiderio di dismissione? Proviamo a indovinare.
Il Parco Primo Sport 0246. Non fosse altro, per la possibilità di esportare il format altrove in Italia, magari coinvolgendo altri investitori.
L'Asolo Golf Club. Bello, per carità. Ma occorrerebbero vari approfondimenti per capirne la reale importanza.
Basteranno a testimoniare l'impegno dei Benetton nello sport, oggi trincerato dietro la tanto amata terminologia "sociale"? Solo il tempo potrà dirlo.

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