domenica 16 ottobre 2022

Life on Mars?

Barlumi di speranza, piccole consolazioni, il ritorno in pista di uno scorer, una variazione sul tema invocata anche su queste pagine virtuali, alcune magagne croniche, il coraggio dei giovani, ritmo in crescendo nel finale e risultato finalmente positivo. Tutto questo è stato TvB-Dinamo, partita che da pronostico avrebbe dovuto avere un padrone definito nei sardi e che invece... "Vedete com'è il basket", ripeteva Aldo Giordani per far capire come nello sport dei canestri non vi sia granché di deciso a priori. C'è da credergli, visto il risultato del Palaverde che leva momentaneamente dalle secche la Nutribullet, distanziando Trieste e Scafati che restano ultime a quota zero e regalando una settimana, quella che va a cominciare, di relativa tranquillità in casa bluarancio.

Tutto è bene quel che finisce bene, si diceva una volta. Soprattutto se nel risultato conclusivo trovano posto due ragazzi come David Torresani (classe 2005) e Leonardo Faggian (2004) che tutto fanno fuorché demeritare. Con i due juniores in campo Treviso rimonta dal -8, si riporta in linea di galleggiamento, dà un sonoro giro di vite in difesa e riparte con quella transizione che dovrebbe essere pane quotidiano per la squadra di coach Nicola. Viene voglia di chiedere perché questi giovani non giochino di più - e mettiamo pure Alvise Sarto nella lista, che sta facendo prezioso apprendistato di Serie A - senza dover pescare stranieri improponibili o il prodotto nemmeno di qualità delle giovanili altrui. E se a qualcuno dalle parti della laguna fischiano le orecchie, pazienza: sarà un caso, sarà una coincidenza, ma dopo Casarin jr. pure Alessandro Simioni si sta rivelando un gran bel bidone. A differenza del predecessore, Simioni non solo gioca in altro ruolo ma ha un'età anagrafica e cestistica superiore che tuttavia non equivale a risultato: un tabellino che recita zero punti con 0/1 al tiro al piccione (mi rifiuto di chiamarlo tiro da 3), una palla persa, 4 falli fatti in nemmeno 4 minuti trascorsi sul parquet... beh, ditemi voi che cosa sia. Roba da rimpiangere non dico Matteo Chillo, che in estate si è trasferito proprio a Mestre seguendo motivazioni non solo economiche, ma addirittura un Federico Poser - lascio stare Simone Barbante perché quella è stata davvero una scelta infelice.

Bene dunque i ragazzini. Bene finalmente Adrian Banks che aveva bisogno di tempo per rimettersi in forma e per tornare a prendersi le dovute responsabilità: si è visto nell'ultimo quarto quanto sia essenziale un giocatore come lui per una squadra che necessita di un punto di riferimento nei momenti topici. Bene Sokolowski, al netto degli errori in lunetta: giocare da point forward fa bene a lui ma anche a chi gli sta attorno ed è una mossa tattica che andrebbe cavalcata anche se non soprattutto al rientro di Iroegbu. A proposito, benedetto fu il pestone al piede destro del nigeriano poiché se senza di lui la Nutribullet riesce a giocare anche a metà campo, è tutto di guadagnato. In progresso Jantunen, buon apporto di Sorokas, utile persino Jurkatamm come agente difensivo mentre Zanelli ha sempre i soliti difetti ma se la cava con quella tripla nel finale che strappa applausi.

Manca qualcuno? Ah sì, il Superman mancato, all'anagrafe Derek Cooke junior. Voglio pensare che lo 0/2 in lunetta nel finale di Kruslin sia figlio anche dell'effetto prolungato dello spavento subito dal croato che si è visto piovere addosso una massa di muscoli che pensava di spiccare il volo verso il canestro e che invece si è schiantata fuori controllo. Citando il sommo Sergio Tavcar, il giocatore è scarso. Ma non è solo una questione di talento, che è notoriamente assente: qua manca proprio la base ossia la concentrazione. Quello che dovrebbe essere il rim protector di Treviso è stato avvistato troppe volte svolazzare a casaccio, perdendo la posizione a rimbalzo ed i palloni da conquistare e trattenere peraltro in una serata in cui il temutissimo Onuaku ha deciso di non giocare - dicono che il bizzoso pivot della Dinamo abbia altri pensieri in testa, forse c'è un secondo caso-Selden all'orizzonte? Tornando alle cose di casa TvB, se già Simioni è inadeguato alla categoria non è pensabile che il titolare nel ruolo di pivot sia un americano così farfallone, irritante per pochezza e per deconcentrazione costante. Più di qualcuno rimpiange Aaron Jones, che sarà stato anche follemente innamorato dell'alley-oop ma, vivaddio, qualcosa di buono alla fine lo faceva sempre e costava pure meno di questo soggetto che vorrebbe emulare Dwight Howard senza averne le doti e l'acume.

Insomma, pur giocando con una regia rimediata e senza centri, Treviso cancella lo zero alla voce "vittorie stagionali ufficiali". E lo fa alla terza giornata di andata, quando più di qualcuno temeva di dover attendere le trasferte a Varese o Scafati. Sospirone di sollievo, ora si può tornare in apnea ché se la Virtus Bologna vera (e senza Hackett, Teodosic, Shengelia, Weems... robetta insomma) è quella che schianta a domicilio Verona con un 5-28 di break in dieci minuti, allora domenica prossima si potrebbe benissimo mandare in campo non solo Torresani e Faggian ma tutta l'Under19 e risparmiare la fatica agli elementi più preziosi. Nel frattempo, visto che su Marte il Cratere Galle ci ricorda che possiamo sperare in qualcosa di positivo anche quando l'orologio dell'apocalisse è a un minuto dalla mezzanotte nucleare, consoliamoci con David Bowie e con lo sport. Finché dura.

martedì 11 ottobre 2022

La solita manfrina

Autunno è la stagione delle zucche, dei marroni, delle foglie cadenti, dicono anche della malinconia. Di sicuro, autunno nel basket è la stagione delle fughe. Dopo oltre vent'anni non ho metabolizzato l'addio di quel talento matto ma assoluto di Rodney Buford a Rimini, che senza di lui retrocesse, figurarsi come possa commentare la notizia dell'improvvisa partenza da Verona di Wayne Selden - l'amico e collega Mario Poli l'ha già ribattezzato "Solden" e non certo per motivi sciistici. Buford, da autentico incontrollabile ed ingestibile, pensò bene (o male, dipende dai punti di vista) di accompagnare il suo imbarco sull'aereo che lo avrebbe riportato negli States con un epico "Me ne vado perché a Rimini ci sono soltanto due McDonald's", parole che suonano ancora oggi come un insulto per la terra dell'ospitalità culinaria in cui è davvero molto difficile trovare un ristorante che non sappia saziare anche il più largo ed esigente degli stomaci. Selden invece se ne va per altri appetiti, quelli di banconote fruscianti.

E qui scatta subito il primo interrogativo: è l'ennesima questione di stipendi non saldati o di prospettive di guadagno superiore in altri lidi? A giudicare tanto dalle (pessime) parole di Charles Misuraca, agente del giocatore, quanto dal comunicato emesso dal club gialloblu, l'ipotesi corretta è la seconda. Dopo un esordio col botto in LBA, con tanto di tripla vincente da dieci metri al supplementare contro Brindisi, l'entourage dell'esterno deve essersi domandato se il talento del ragazzo non fosse sprecato in una squadra neopromossa a fronte di una monetizzazione rapida in un contesto differente. Così ieri sera è andata in onda la prima parte della manfrina: Selden saluta e se ne va, con il summenzionato agente che si premura di contattare un sito web per spiegare i motivi dell'improvvisa scelta.

Quali sarebbero, questi motivi? Una escape NBA/Eurolega, viene detto. Peccato che a Selden non siano arrivate proposte di contratto né da una parte, né dall'altra. Ed allora, colpo di teatro: Selden se ne sarebbe andato perché non pagato, anzi perché lo stipendio non arrivava puntuale. Senza scomodare i "ritardi fisiologici" di petrucciana memoria, è buffo che un giocatore se ne vada di punto in bianco perché (a suo dire) il bonifico sarebbe giunto a destinazione qualche giorno dopo quello concordato. E la maschera grottesca cade oggi, con il comunicato del club che annuncia azioni legali oltre alla ricerca di un sostituto, mentre si apprende che in realtà Selden non avanzerebbe un quattrino, anzi avrebbe avuto la prima mensilità saldata pure in anticipo.

Non siamo dunque di fronte a scenari come quello dello scorso novembre, protagonista Brandon Ashley che scappò alla prima occasione da una Fortitudo pericolante lamentando anch'egli di non essere stato pagato - e chissà se nel frattempo le sue lamentele hanno trovato accoglimento da qualche parte. Non siamo nemmeno davanti a casi di conversioni mistiche, di crisi famigliari o di ripartenza dopo lockout NBA, tutte tipologie franche per giustificare le fughe di giocatori. Semplicemente è una via di mezzo tra il citato episodio di Buford, che difatti tornò a casa perché perdonato dal dorato mondo di Jerry West per poi riapparire in Europa ma nel ben più ricco PAO, e quello di Johndre Jefferson che sette anni e mezzo fa fece le bizze per costringere Mantova (in A2) a liberarlo dal contratto in favore di Varese (in A). Selden dunque ha scelto di provare un azzardo per ottenere di più, sperando di avere in qualche modo strada libera. Di sicuro dopo questa manfrina la Scaligera non lo vorrà più rivedere, nemmeno in fotografia, ma al club veronese resta l'arma della liberatoria. Già perché se la storia dei ritardi nei pagamenti non è vera, sarà ben difficile per Selden ed il suo agente dimostrare al BAT della FIBA la correttezza del proprio operato, chiedendo al contempo una liberatoria d'ufficio. Liberatoria che dovrebbe concedere Verona, sempre che non si vada per carte bollate e che il caso non si trascini per mesi. Ed anche dovesse esserci il lieto fine, chi si prenderà un giocatore sì talentuoso ma ormai bollato come bizzoso e poco avvezzo al rispetto dei contratti firmati? Certo, se si pensa che persino un Victor Sanders ha trovato squadra (è in Romania, a Cluj) dopo la notte brava dello scorso marzo con doppio fermo di polizia e denunce assortite, allora c'è speranza anche per Selden.

domenica 9 ottobre 2022

AAA regia cercasi

Datemi pure del nostalgico. Oppure fatemi dei finti complimenti - possibilmente senza intimidazioni e minacce successive, ché lì avrei già dato. Potete anche dire che dovrei passare dall'oculista (vero, l'ultima visita è stata per il rinnovo della patente). Io però continuo a dire che il gioco della pallacanestro non può prescindere da quello che dovrebbe essere mente pensante e braccio esecutivo in campo dell'allenatore. Ossia il playmaker. 

Senza il regista non ci può essere gioco. Almeno, non si può credere di organizzare una singola manovra efficace in attacco. Si può rinunciare al playmaker al campetto, dove in sostanza comanda il più talentuoso, anche il più pazzo, comunque chi sa segnare e non è timido nel tirare. In un campionato professionistico non è concepibile affidare la sfera a guardie adattate o a giocatori che non possono reggere il confronto sulle lunghe distanze. Il rischio è di vedere la propria squadra ferma in attacco, in impaziente attesa che accada qualcosa di utile. Quindi qualunque cosa che non sia la penetrazione frontale su pick'n'roll (prevedibile come lo zampone con le lenticchie a Capodanno) o il solito giochino di finti blocchi e consegnati sperando che qualcuno prima dello scoccare del 24° secondo decida di tentare la sorte al tiro da 3.

Lo dico? Ok, lo dico: era dai tempi nefasti delle Benetton di Chalmers e di Kus che non vedevo una Treviso dei canestri esprimersi in maniera così confusa, disordinata, senza capo né coda. E se in prestagione si poteva pensare che il punto debole di una formazione destinata a soffrire per inseguire la permanenza in categoria fosse la posizione di pivot - Cooke insufficiente già a Trieste tre anni fa, Simioni inadeguato per la categoria - già alla seconda giornata di campionato è evidente che non vi sia un'idea chiara su come eseguire uno schema a difesa schierata. Finché si può correre in transizione, tutto bene; appena ci si deve fermare e pensare, cominciano i guai. E qui troviamo le dolenti note, ossia la scelta della coppia di registi. Alessandro Zanelli voleva tornare a casa, rappresentava una scelta più conveniente rispetto al contrattone di Matteo Imbrò ed in un'ottica di riduzione dei costi il suo ingaggio poteva avere una logica; però Zanelli ha dimostrato in Serie A di poter essere un buon play di appoggio solo se può agire alle spalle di un fuoriclasse come Darius Thompson, mentre con onesti mestieranti (Wes Clark) o ibridi equivoci (Josh Perkins) ha sempre e solo faticato.

Accoppiare dunque Zanelli ad un Ike Iroegbu è stato un azzardo. Prima di tutto perché si è puntato su un titolare nel ruolo che sa esprimersi ad una sola velocità, quella supersonica; in secondo luogo, perché risulta più efficace quando viene spostato nella posizione di guardia tiratrice. Il risultato è che, se non può spingere la transizione, Iroegbu va in cortocircuito, non trova letture alternative al pick'n'roll e diventa tragicamente prevedibile; Zanelli, come suo backup, si trova a dover rimettere in carreggiata una squadra che sbanda e che dopo un po' vede i suoi solisti isolarsi. Aggiungiamo al quadro un Banks in evidente ritardo di condizione, uno Jantunen che si sta ancora adattando al livello di un campionato ben più fisico rispetto alle sue abitudini, i noti problemi nello spot 5 ed il disastro è servito. Non è un caso che Treviso sia in coda alla classifica di squadra degli assist (14 di media, peggio fanno solo Napoli, Trento e Brindisi) e che non vi siano punti di riferimento assoluti per la gestione dei palloni. Così come non è casuale che nelle sconfitte con Reggio Emilia ed a Trento i protagonisti tra gli avversari siano stati Andrea Cinciarini e Diego Flaccadori. In che ruolo? Avete indovinato: regista, seppure con enormi differenze per caratteristiche, storia personale e modalità d'interpretazione.

Come se ne esce? La soluzione drastica passa per dei tagli. Sempre se ci sono soldi da spendere, aspetto affatto marginale. La Nutribullet attuale è stata costruita in relativa economia rispetto a quella dell'anno scorso ma non vi è tutta questa abbondanza di denaro da reimpiegare sul mercato per dei correttivi. Col senno di poi si potrebbe dire che in estate si sarebbero dovute ponderare meglio certe scelte, magari valutando profili alternativi rispetto agli stranieri che per ora stanno deludendo - Iroegbu, Cooke ma anche Banks. Le alternative sono un cambio radicale del playbook oppure una suddivisione delle responsabilità. La prima Treviso di Menetti cambiò marcia sì con l'innesto di Logan al posto della zavorra Wayns ma prima ancora con l'idea tattica di sopperire ai problemi in regia tramite un playmaking diffuso che coinvolgeva quattro esterni (Imbrò, Logan, Burnett e Uglietti). L'attuale Nutribullet può chiedere uno sforzo in appoggio alla regia anche a Banks ed a Sokolowski, col polacco che ha già dimostrato di poter essere prezioso da point forward purché non gli venga chiesto anche di fare bottino e di difendere per tre. Se un suo sacrificio come portatore di palla potesse liberare l'estro dei colleghi di reparto sul perimetro, allora si potrebbe sperare in qualcosa di diverso rispetto allo spettacolo deprimente di queste prime due partite ufficiali. Viceversa la lotta per retrocedere si preannuncia già ora assai dura: Trieste (a proposito di squadre fatte in economia) è battagliera, Napoli non ha ancora ingranato e Scafati si affiderà ai tanti veterani. La scommessa per rimanere in Serie A è tutta qui.

PS: per chi si è domandato che fine avesse fatto, Maalik Wayns si è ritirato più di due anni fa dopo aver provato a giocare ancora tra Francia, Bielorussia e Iran. Come detto dal suo agente italiano, ben prima della firma con TvB la carriera del giocatore era finita: la combinazione tra caviglie fragili e tendenza cronica ad accumulare peso corporeo si era rivelata letale. Peccato che all'epoca lo staff tecnico e dirigenziale di Treviso ignorò tali problemi pensando di aver risolto tutto in regia con lui e con l'ingaggio in prospettiva del lungodegente Giovanni Tomassini. La storia andò altrimenti.