Non ci si può proprio annoiare. Pronti, via... e la prima panchina di LBA salta subito. E non tanto (o solamente) per una sconfitta casalinga che brucia contro una diretta rivale per la salvezza. La decisione palesata in conferenza stampa di Jasmin Repesa di abbandonare la Fortitudo che aveva riabbracciato dopo 15 anni di lontananza fa e farà discutere. Per i modi, i tempi e le proporzioni della vicenda, il saluto del tecnico croato non può essere ricondotto al classico fulmine a ciel sereno. C'è qualcosa che non va, nella metà biancoblu di Basket City. Ed è da tempo che quel qualcosa non sta andando.
Pare davvero curioso il parallelismo tra il triestino e il nativo dell'Erzegovina. Boniciolli arrivò a Bologna nel 2001 dopo che in estate sembrava che il posto di Recalcati dovesse essere preso proprio da Repesa e se ne andò a novembre 2002, cacciato dalla coppia Savic-Lefebre per ordine dell'Emiro Seragnoli: la colpa di coach Matteo era stata quella di aver ridicolizzato con un gesto semplice il temuto e volubile patron dopo un derby vinto. Dopo Boniciolli venne Repesa, visto inizialmente con sospetto, poi autore di quattro finali scudetto (una vinta), della finale di Eurolega 2004 (quella del Grande Freddo col Maccabi), del lancio della coppia Belinelli-Mancinelli. Insomma, del periodo più luminoso dell'Aquila subito prima del brusco ridimensionamento. E bisogna ricordare che Repesa se ne andò dall'Emilia quando Seragnoli, pressato dalla famiglia e dai debiti, fu costretto a dire basta. Da lì iniziò il rapidissimo declino della Fortitudo, in tre anni retrocessione e poco dopo pure sparizione. Dalle macerie venne costruita una nuova società che, scontati i peccati di gioventù, si affidò a Boniciolli: il vecchio amore non si scorda mai ed anche lì ci furono buoni risultati (promozione in A2, finale per la A persa 2-3 con Brescia) misti però a periodi di crisi.
Boniciolli lasciò per problemi di salute, si disse di guai al cuore o di ipertensione. Repesa ieri ha accusato (parole sue) una tachicardia. Sono segnali da non sottovalutare, lo scrive chi commettendo l'errore opposto finì a suo tempo ospite dell'Unità Coronarica in Terapia Intensiva. Il parallelo tra i due si ripropone: il triestino mollò in A2, in una posizione di vertice ma senza prospettive di salto di categoria e con la squadra che si sfaldava perché costruita male; il croato se ne va dopo poche partite, zero vittorie ed una crisi tecnica evidente. Oggi come nel 2018, sotto i riflettori c'è la cabina di regia, tecnica e societaria: manca un play in campo e manca una dirigenza affidabile dietro le scrivanie. Il primo problema è risolvibile solo ricorrendo al mercato, il secondo mutando radicalmente buona parte di un club che dopo tanti anni si regge sempre sulle stesse persone che hanno commesso troppi errori.
Per il tifoso medio, la colpa è tutta di Christian Pavani. Il presidente-manager, l'uomo venuto dal marketing, il personaggio di fiducia della proprietà - ma quale? Ancora oggi c'è qualcosa di nebbioso al riguardo - è spesso al centro delle polemiche. Ci finì nel settembre 2018 con la farsa della sponsorizzazione fantasma Metano Nord, una vicenda grottesca. Ci è tornato la stagione scorsa, tra i troppi correttivi in corsa, le maglie metrosexual del derby e soprattutto le problematiche economiche di un club che ha rischiato di non iscriversi per un indebitamento fuori norma - ed anche di questo aspetto, prima o poi bisognerebbe parlare. Ora è nuovamente sotto i riflettori della critica per la manfrina del logo (qualcuno crede alla sua teoria del vintage? Io no), per le trattative con uno sponsor turco decollate solo all'ultimo (e l'ufficio marketing che ci sta a fare?) e per le liti sotterranee con lo stesso Repesa.
Quando una settimana fa l'allenatore partì per tornare a Zagabria e l'ottimo collega Walter Fuochi scrisse di una frattura netta tra lui e la dirigenza, tutta la storia fu bollata come fake news. Ma no, ma cosa ci si inventa, Repesa andava solo ad un funerale, non c'è nulla, sicuramente non ci sono liti, eccetera. Invece la spaccatura c'era e lo si è capito anche ieri, anche se infilata tra le critiche all'arbitro Mazzoni e la morale paternalistica ed un po' sessista all'altro fischietto Silvia Marziali, che invece meriterebbe rispetto come direttore di gara prima che come donna. C'è una frase che Repesa ha pronunciato ieri sera: "Dal primo giorno sto soffrendo come un cane per sistemare questa società...". Solo uno sciocco non capirebbe il significato di quelle parole. Repesa ha mostrato le carte in tavola: il club ha dei problemi, grossi. E risolverli non sarà una bazzecola.
Il guaio più evidente è in campo. La squadra è stata costruita malissimo e senza tener conto della realtà e delle condizioni fisiche dei giocatori. Fantinelli non è pronto oggi e non lo sarà per un bel po', e si tratta dell'unico vero play; Gudmundsson oltre a non essere un regista (idem Baldasso) manca di personalità e di talento come guardia; Richardson non può far tutto da solo; Groselle senza un play che lo inneschi è deleterio; Benzing è un buco nero. Poi ci sono i casini in società, tra sospesi ereditati (quanto chiama il contratto residuo di Meo Sacchetti?), asfissia da mancanza di botteghino, debiti pregressi e molto altro. Sarebbe quasi curioso chiedere in quale cassetto sia finito il progetto del nuovo palasport che nei piani di Pavani doveva rappresentare il futuro della Fortitudo anche a livello finanziario, ma mi rendo conto che non sia affatto igienico farlo ora.
Intanto si è aperta la ricerca di un successore per Repesa. Per quanto Pavani & c. possano insistere, difficilmente Jasmin tornerà sui propri passi ed accetterà di affondare con una barca che non è la corazzata promessa ma una bagnarola che fa acqua da tutte le parti. Sotto contratto c'è sempre Sacchetti, anche lui non intenzionato a tornare ma a godersi i soldi lontano dalla baraonda biancoblu. Luca Dalmonte, defenestrato a giugno per far spazio all'ingombrante cavallo di ritorno, potrebbe anche optare per un signorile "no grazie" mentre è da escludere che un altro separato a forza, Antimo Martino, possa ricucire un rapporto logorato da chi lo ha cacciato con scuse abbastanza puerili. Tra i nomi grossi nostrani restano Bucchi, che oltre ad essere un ex Vu Nera non entusiasma nessuno visto il curriculum recente, Pancotto, Esposito e Luca Banchi, che è vice a Long Island in G-League ma si può liberare. Chissà se il grossetano avrebbe voglia di raccogliere una sfida impossibile, salvare due volte la Fortitudo, col rischio di vedersi licenziare a lavoro compiuto per far spazio ad un'altra scelta di pancia, per compiacere la piazza ma senza progettualità.