martedì 26 marzo 2019

Riciclaggio mon amour

"Senza soldi non si fa nulla, nemmeno la carità!"
"Non si può mandare avanti una chiesa con le Ave Maria!"
(noto prelato american-lituano di Cicero, Illinois, circa 1982)

Santa Manetta colpisce ancora nel mondo del basket. E si ripresenta stavolta tra due golfi, quello triestino e quello napoletano, annunciando mare in tempesta. Anzi, burrasca. L'arresto di Luigi Scavone, padre-padrone di Alma e munifico sponsor di basket e motociclismo riapre vecchi discorsi riguardanti la fatturazione nel mondo sportivo. Il ricorso ad artifici contabili per nascondere evasioni fiscali o per riciclare denaro non è una novità e rappresenta un elemento che ciclicamente ritorna in auge nelle notizie giudiziarie connesse allo sport.

Stavolta tocca a Trieste, almeno nella palla a spicchi, oltre al Team Pramac. Entrambi balzano ai disonori delle cronache per una questione che affossa ancor di più il sistema di sport business italiano che si dimostra incapace di compiere un decisivo passo in avanti verso la modernità rimanendo invece ancorato ad un passato composto da finanza creativa e da piccole furberie. Sembra impossibile che nel 2019 possano emergere ancora questioni che sembravano appartenere agli anni '90. Invece le vicende odierne smentiscono ancora una volta le presunzioni di progresso riportandoci indietro.

Luigi Scavone è stato fermato in procinto di partire per Dubai, nello zainetto 200mila euro in fascette di banconote. Peggio dei vecchi spalloni che facevano la spola tra la Milano da bere o la Brianza dei mobilieri ed il paradiso fiscale vista lago di Lugano. Sarà piuttosto difficile per lui dimostrare che non esistono connessioni tra una singolare sovrabbondanza di liquidità (letteralmente) in saccoccia e le accuse di evasione fiscale e riciclaggio che gli vengono mosse dagli inquirenti. A meno che non si possano creare eccezioni tra le normative anticiriclaggio sempre più stringenti che ormai impediscono di movimentare contante per cifre a tre zeri, consentendo invece di viaggiare con una comoda compagnia di biglietti verdi, gialli e fucsia.

Staremo a vedere. Ma questo è l'ennesimo brutto segnale di un periodaccio per il basket. Giusto nelle ultime settimane si è consumato l'ennesimo capitolo di quella farsa - perché come ci insegna Marx, la prima volta la storia si presenta come tragedia - della Mens Sana Siena. Una società decotta a nemmeno cinque anni dalla ripartenza. Peggio della Fulgor Libertas gestione Boccio&Chirisi, anche se lo schema è paurosamente simile. Debiti su debiti, impossibilità a saldare, proprietari che alzano una cortina fumogena già prima di Natale, soldi finiti, fuggi fuggi generale ed infine l'esclusione dal campionato e l'arrivo in sede delle Fiamme Gialle a sequestrare i faldoni. Un film purtroppo già visto a varie latitudini. Con un tempismo pessimo, visto che a giorni uscirà il libro di Flavio Tranquillo dedicato all'Operazione Time Out e che a breve giro di posta potrebbe essere disponibile anche la Versione di Ferdinando, cioè la verità di parte del Minucci che, dopo aver patteggiato, dovrebbe spiegare come sarebbero andate le cose nel corso del suo regno quindicinale all'ombra della Torre del Mangia.

Periodo buio per il basket si diceva. Giusto un anno fa esplodeva il caso Viola, destinato a scoperchiare una storiaccia di fideiussioni false, di auto-sponsorizzazioni, di mancati pagamenti che ha portato oggi un'altra gloriosa società ad essere di fatto commissariata in attesa di una inevitabile liquidazione. Poi la pagliacciata settembrina di Metano Nord in casa Fortitudo, dove già bisognerebbe chiarire le reali prospettive del progetto Torreverde e far luce sui due soci non pubblici della Fondazione. A seguire Siena, di cui si è già detto. Nel mezzo i guai di Cantù, forse finalmente uscita dal sequestro in cui l'aveva costretta il presunto magnate russo, e di Avellino, stretta nella morsa della contrazione del mercato del gas da cui dipende al 100% il patron De Cesare. Ora tocca a Trieste che lo scorso giugno aveva festeggiato la partnership futura con Allianz (ritorno al futuro visto che il gigante tedesco dell'insurance ha assorbito il Lloyd Adriatico) ed il ritorno in Serie A 14 anni dopo il fallimento della vecchia società.

Nella città della Bora si è punto ed a capo. La squadra, bella ed ambiziosa, concluderà la stagione. Ma con la dirigenza decapitata, senza sponsor nell'immediato e forse anche nel futuro - Allianz onorerà l'accordo dopo aver visto il proprio nome accostato ad una vicenda così squallida? - ci si domanda se possa esistere un futuro. Quando nel 2001 Telit lasciò per gestione non più sostenibile e mollando un'eredità composta più da passività che da asset vennero poste le basi per il successivo crack. Il classico passo più lungo della gamba e senza trovare appoggi in una città in cui le opportunità non mancano. Certo, dispiacerebbe vedere di nuovo il PalaRubini dedicato a concerti e convention con il basket relegato a fastidiosa presenza occasionale per partite di bassa serie - i lunghi anni della B2 ce lo ricordano. Ma molti si domandavano da dove venisse realmente la pioggia di quattrini manifestatasi improvvisamente nel 2016 dopo che la rinata Pallacanestro Trieste era stata costretta per anni a fare le nozze con i fichi secchi, peraltro costruendo in casa un paio di talenti niente male del calibro di Michele Ruzzier e Stefano Tonut. Ora forse si farà luce su tutti quei lustrini e quelle paillettes che hanno coperto una situazione tutt'altro che idilliaca. Sperando davvero che sia anche l'ultima volta per il nostro disastrato basket.

Nessun commento:

Posta un commento