Vi rivelo in apertura un segreto di Pulcinella. Sì, perché ormai lo conoscono anche i sassi. Ma forse voi che mi leggete appartenente alla categoria del torrente che passa veloce sopra quei sassi, bagnandoli a malapena e senza ricevere nulla in cambio, quindi potreste non conoscere questo infinitesimale dettaglio. E allora, eccovi serviti. L'ultima volta che ho osato dare un voto a un certo giocatore di LBA ho ricevuto una assai poco simpatica telefonata seguita, qualche mese dopo, da un ancor meno piacevole scambio di opinioni con un certo dirigente. Ritengo chiuso quello che all'epoca ho archiviato come incidente collaterale che può capitare ad ogni giornalista - anche se sarebbe piacevole se simili incidenti collaterali non si verificassero - e scrivendo quanto segue mi auguro che nelle prossime ore non debba esserci un bis.
Dopo il derby veneto che in Metropolitania ha da oltre trent'anni preso il posto del derby del Ponte - quello tra Mestre, uccisa nel trasferimento a Desio del giocattolo di Celada, e la Reyer originale - leggo entusiasmi da un lato e scoramento dall'altro. In entrambi i casi, con notevoli picchi contrapposti. In fondo è normale che sia così, con equa ripartizione tra chi è più razionale e chi ragiona invece di pancia. Però il match del Taliercio lascia in eredità degli appunti preziosi. Quindi, prima di passare alle pagelle che potranno far piacere a qualcuno e forse imbufalire qualcun altro, proviamo a capire perché la Treviso Basket che dalla sua nascita mai aveva ottenuto il referto rosa sul parquet mestrino è riuscita a vincere e (a tratti) convincere. E perché Venezia che troppi esperti o presunti tali avevano già definito quale terza forza del campionato, davanti a Tortona che mi appare molto più solida e razionale e alla neo-potenza Trapani, ha accusato uno sbandamento mai visto prima in un derby. Figurarsi a Mestre.

Partiamo da Treviso. E dalla scommessa, vinta stavolta, dal duo Giofrè-Vitucci. Che un anno fa puntarono sul presunto estro di Booker e sulla teorica voglia di riscatto di Young. Le persone sbagliate nel posto sbagliato e nel contesto tecnico peggiore possibile. Booker, una guardia in un corpo da play, non si è più ripreso dopo la stoppata in recupero su tiro da 3 subita da Semaj Christon al secondo minuto della seconda giornata di campionato dell'anno scorso. Quanto a Young... talento sopravvalutato dalla stessa NBA che si è ricreduta, scaraventato al di qua dell'Atlantico con una pletora di fantasmi personali a inseguirlo e a condizionarlo, tant'è vero che dopo il taglio subito a Varese lo scorso 31 gennaio è ancora senza squadra. Lo 0-9 di TvB un anno fa cominciò da loro due. Stavolta invece la Nutribullet ha dato fiducia a quasi tutti gli stranieri dell'anno scorso, sostituendo il play straniero con un regista italiano che dà maggiori garanzie difensive (Bruno Mascolo) e cambiando un 4 dinamico con un 4-5 grosso, potente, con mano educata e che va con costanza a rimbalzo (Justin Alston, nella foto Gregolin). E col visto extra risparmiato in regia, ecco il capolavoro del recupero fisico e agonistico di JP Macura. Che non è (ancora) il bombardiere folle di Tortona ma che dalla panchina porta un'addizione potente in termini offensivi. Macura e Alston sono le carte vincenti di un basket che si è evoluto in quello che il Maestro Sergio Tavčar chiama "atletica con la palla". Piaccia o non piaccia, non è più la pallacanestro iper-tattica anni '80 o quella muscoli&talento anni '90. Oggi si punta forte su corsa, elevazione, tiro da tre. In due parole, Ky Bowman. Che al Taliercio ha spiegato ancora una volta cosa abbia imparato alla corte degli Splash Brothers di San Francisco. E come ormai si debba giocare anche alle nostre latitudini.
L'esatto contrario della Reyer di Neven Spahija. Che predica un basket rimasto fermo al 2010, al predominio dell'area, all'asse play-pivot come soluzione principale su cui costruire una squadra di successo. Quando Venezia esonerò De Raffaele con colpevole ritardo, tra l'altro dopo che Vitucci si era tolto la scimmia dalla spalla vincendo con la sua ultima Brindisi proprio al Taliercio, mai avrei pensato che al posto dell'uomo dell'Ovosodo si sarebbe rivolta al profeta croato delle olive. Ricordavo lo Spahija di Roseto che giocava un basket un po' più frizzante, ma probabilmente il merito era della coppia Woodward-Abdul Rauf. Ma da allora sono passati vent'anni e il coach balcanico non ha adattato le sue filosofie all'evoluzione tattica del gioco. Ha semplicemente insistito con le sue idee. Che da un po' di tempo risultano non al passo con le esigenze contemporanee. Lo si è visto anche stavolta: sì, Kabengele è un mostro di potenza e giocando contro finti lunghi leggeri non fa difficoltà a catturare rimbalzi e a segnare anche dopo aver catturato un pallone in area. Ma Ennis è un playmaker che tira poco e nemmeno troppo bene da fuori, Munford (che si è fatto male) sta comunque facendo rimpiangere un egoista come Tucker che pure entrò in crisi all'arrivo di Kabengele, Fernandez è fermo da più tempo rispetto a Macura e Moretti resta sempre una guardia leggera adattata al ruolo di play. A questa Venezia mancano degli apriscatole specialisti come Bramos e se il piano tattico è di alzare il quintetto davanti ad avversari che giocano con tre piccoletti e a volte un 3 adattato a 4, allora c'è qualcosa che non va. Non è un caso che la rimonta dell'Umana sia arrivata rinunciando ai mantra di Spahija per prediligere corsa, velocità e tiro da fuori. Peccato che non potesse bastare, a dispetto di una Treviso che ha gigioneggiato per quattro minuti rischiando parecchio. Ma passiamo alle promesse pagelle:
MUNFORD - Dieci minuti prima di farsi male, mostrando qualcosa di buono (i recuperi e la capacità di attaccare dal palleggio) e altro di rivedibile (scelte di tiro). Pur tentato dal "non giudicabile" gli do un 6 di stima con l'augurio di uscire prestissimo dall'infermeria.
CASARIN - Esaltato dal telecronista per le capacità difensive, ancora oggi non si capisce che ruolo abbia. Un anno fa giocava da 3 tattico sfruttando il tonnellaggio; ora si alterna tra la regia, dove mantiene delle lacune, e la posizione di guardia in cui il tiro resta sempre episodico (1/5, compreso uno 0/3 dall'arco). L'impressione è che la scelta di ingrossare il fisico non lo faccia progredire granché. Sul piano comportamentale tende sempre ad avere un atteggiamento oltre il limite, sempre alla ricerca dello scontro. Lo si era visto anche a Jesolo, dove aveva promesso di regolare i conti con Harrison alla prima di campionato. A giudicare dal risultato finale, dev'essere rimasto deluso. Tra l'altro il suo quinto fallo, speso su Olisevicius in un maldestro tentativo di rubata, porta in lunetta il lituano per i liberi della vittoria trevigiana. L'insufficienza è ampiamente motivata. E se non basta, prego guardare la valutazione in cui è il peggiore di squadra (-5).
MORETTI - Bravo ragazzo che però nei momenti decisivi a volte sbaglia troppo. Lo dimostra l'1/7 da 3, lo ribadisce l'errore in lunetta dopo il fallo ingenuo di Harrison. Continua ad essere un ibrido tra il play e la guardia, senza incantare in nessuno dei due ruoli. Qualche merito ce l'ha, però per rendere dovrebbe giocare in un sistema tattico differente da quello di Venezia. Direi un 6-.
ENNIS - A Napoli era un profeta ascoltato da tutti. Qui deve inventare di tutto, persino prendendo tiri fuori dalle sue corde. All'inizio si esalta su Mascolo, poi Torresani lo stupisce e Bowman gli rifila qualche bomba pesantuccia. Avrebbe bisogno anche lui di un sistema differente. Intanto il responso balla tra l'ottima prova contro il derelitto Aris e le difficoltà del derby. Facciamo un 5,5 per stavolta.
KABENGELE - 17 punti, 21 rimbalzi di cui 9 offensivi, 2 stoppate date, 40 di valutazione. Numeri da MVP che però sono soltanto un losing effort. Il motivo? Semplice: il basket si è evoluto e se gli avversari tirano molto bene da 3 e corrono a perdifiato, il pivottone che fa il vuoto in area serve solo in determinati momenti. Ossia quando gli altri decidono di provare ad attaccare il ferro. Voto? Bello ma inutile, il 7 è anche troppo.
PARKS - L'ha visto qualcuno? A parte la schiacciata al volo a inizio ripresa, cercasi Picasso disperatamente. Un fantasma da 4 in pagella.
WHEATLE - A Pistoia era l'agente speciale difensivo che usciva dalla panchina, copriva due ruoli, faceva il possibile e anche qualcosa di più. Qui lo fanno giocare anche da guardia sperando di sfruttarne il tiro in relazione alla stazza. Gli esiti sono deludenti. Un 5,5 è meritato.
SIMMS - A differenza di Parks, lui si nota un pochino di più. Ma poco. Soltanto nel primo tempo. Poi sparisce del tutto. Mi sono stupito della sua conferma in estate, non credevo che Venezia fosse disposta a tenere un giocatore così umorale, ondivago, tendente a deconcentrarsi e condizionante in difesa. Il voto è basso, ovviamente, ed è un 4,5.
WILTJER - Lungo moderno che tira da fuori con naturalezza. Ma che, a differenza di Alston, va poco o nulla a rimbalzo. Certo, se i risultati parlano di un 4/6 da 3 con triple scagliate dopo pregevoli movimenti sul perimetro a sbilanciare gli avversari, giù il cappello. Un 7 per lui va più che bene.
TESSITORI - 9 punti in altrettanti minuti sono un bel bottino. Ma da lungo tecnico si è trasformato nel semplice back-up di Kabengele, in tutto e per tutto: gioco solo in area, utilizzo della stazza a rimbalzo offensivo e stop. I movimenti offensivi frontali sono spariti, non ne parliamo di mettere palla a terra. Involuto, da 5.
SPAHIJA - Oltre trenta minuti senza capire che per vincere certe partite occorre cambiare in corsa. Anni fa De Raffaele vinse un derby inventando Brooks da finto centro; il croato insiste con il suo mantra e solo alla fine, per disperazione, prova il quintetto piccolo. Che a momenti ce la fa, ma più per demeriti altrui che per altro. La sufficienza? Un miraggio.
BOWMAN - L'hanno riportato in regia e lui gradisce. Ma se lo spostano nuovamente a fare il 2 o il 3 tattico, mica si offende. Razzente e imprevedibile, come le sue bombe. E gli avversari ancora non hanno capito come sia riuscito a piazzare quella stoppata al tabellone in recupero. Il voto è alto, siamo al 7,5, che non diventa 8 solo per quell'errore in lunetta che poteva costare caro.
HARRISON - Gli ci vuole un po' per carburare, poi il diesel diventa inarrestabile. Almeno finché ci sono fiato e lucidità, doti che negli ultimi cinque minuti paiono mancare all'appello. Si prende un 6,5 perché l'ingenuità su Moretti da 3 non è condonabile.
TORRESANI - Non tira, ma si applica in maniera costante. Dieci minuti di sostanza in regia, alla faccia di chi preconizzava per lui un campionato passato da spettatore non pagante. Se acquisisce confidenza col canestro può diventare assai interessante. 6,5 anche per lui.
MASCOLO - Meno realizzatore rispetto al precampionato e più al servizio della squadra. Contro Ennis all'inizio non è facile, col passare dei minuti cresce. Playmaking buono, quei rimbalzi difensivi soprattutto negli ultimi due minuti gli fanno guadagnare un 6,5.
MAZZOLA - Lui invece prosegue a faticare. Si alterna da 4 e da 5 senza grandi risultati, il tiro non entra e in difesa subisce parecchio. Qualcuno dice che fosse emozionato, d'altronde quei quattro anni a Mestre dovrebbe ricordarli ancora. Però ora dovrebbe capire che la militanza lagunare è finita, quindi voto 5.
MEZZANOTTE - Sei punti frutto di due bombe preziose come non mai. Specie la seconda, sulla sirena del terzo quarto. Flash negativo invece per quel contropiede sprecato. Voto 6 come i punti prodotti.
OLISEVICIUS - Per due quarti abbondanti si gioca con Parks, Simms e Paulicap la palma del peggiore in campo. Poi combina qualcosa: una bomba, qualche bella giocata e i liberi della sicurezza. Diciamo che per stavolta se la cava con un 6-.
ALSTON - Quando Treviso ha deciso di non rilanciare per Terry Allen, si è capito subito il motivo. Si voleva un secondo lungo diverso, maggiormente spendibile come 5 in determinate situazioni ma senza rinunciare alla pericolosità offensiva. Alston è esattamente questo tipo di giocatore: grosso ma duttile, pesante ma mobile, rimbalzista e al contempo tiratore. Il suo derby inizia con un tiro dal gomito al tabellone e prosegue con 11 rimbalzi catturati, un paio di bombe chirurgiche, tanta sostanza e poca appariscenza. A parte i capelli afro, quelli sì ben riconoscibili. Migliore in campo, 8 meritato.
PAULICAP - Lo si è capito dopo due minuti che non sarebbe stata la sua partita. Gioca poco causa falli spesi, fatica moltissimo contro avversari più stazzati ma non è un problema per la squadra perché Alston basta e avanza. Un flash: la partenza in palleggio da ala piccola per il reverse che vale il suo secondo e ultimo canestro. L'impegno non si discute, quindi 5,5.
MACURA - Si presenta con una bomba in transizione a fil di sirena. Prosegue diventando un bersaglio per i difensori avversari che ricorrono alle maniere forti pur di fermarlo. La condizione è ancora deficitaria, l'impegno invece è costante e la voglia di aiutare il gruppo non si discute. Un 6 è il minimo per lui.
VITUCCI - Ruota a dieci, chiede pressione difensiva, ottiene alte percentuali da 3 come nei suoi desideri e nel complesso regge il confronto a rimbalzo. Il tutto, nel palasport in cui è maturato oltre trent'anni fa come allenatore e dove negli ultimi anni ha raccolto poche soddisfazioni e tanti bocconi amari da ingoiare. Stavolta però il taglio nobile nel piatto tocca a lui e se lo gode fino in fondo. 7, con merito.