Cari lettori, oggi ho deciso di rompere la monotonia del blog per affrontare un argomento poco conosciuto al di fuori del ristretto ambito degli addetti ai lavori. Mi riferisco all'ideale manuale di comportamento del giornalista sportivo. L'esperienza maturata dallo scrivente spero possa risultare utile alle nuove leve ed anche a qualche collega non più di primo pelo che si affaccia per la prima volta o dopo molto tempo al mondo della cronaca sportiva.
Iniziamo da un concetto semplice. Molti osservatori ritengono il giornalismo sportivo una sorta di refugium peccatorum per chi vorrebbe scrivere ma non sa da quale ambito iniziare. Ciò è parzialmente vero ma anche straordinariamente falso. Vado a spiegarmi.
Per scrivere di sport teoricamente è sufficiente conoscere la disciplina in oggetto (almeno le regole di base), avere un paio di conoscenze nell'ambiente e la pazienza di seguire le notizie. Dallo sport sono emerse storicamente delle penne raffinatissime, colleghi di spiccata intelligenza che si sono affermati con le proprie capacità. Alcuni come il compianto Giorgio Lago hanno reso lo sport una autentica fucina di nuove leve giornalistiche, costruendo le redazioni del domani sperimentando sul campo l'efficacia dei collaboratori poi diventati redattori. Ma cosa differenzia un ottimo giornalista sportivo da un mediocre giornalista sportivo? Quali dettagli marcano la distanza di qualità tra un articolo ben realizzato ed un copia&incolla qualsiasi, magari attinto dal mare magno di internet o dei comunicati stampa?
- La qualità sopra ogni cosa. Il buon giornalista sportivo arricchisce costantemente la propria preparazione. Non soltanto partecipando ai corsi obbligatori dell'Ordine professionale ma approfondendo a proprie spese argomenti snobbati da colleghi che si occupano d'altro. Dunque diventa prioritario acquisire competenze accessorie, da una buona infarinatura delle lingue franche (inglese sopra ogni cosa, il castigliano può essere consigliato) alle nozioni tecniche dello sport in oggetto. Sergio Tavcar, punto di riferimento per ogni telecronista cestistico d'Italia, insegna che il confine tra qualità e mediocrità alberga anche nella corretta pronuncia dei nomi stranieri oltre che nella conoscenza minima della carriera di giocatori ed allenatori.
- Le 5 W. Una regola sempre valida: mai dimenticare che chi vede un servizio televisivo o legge un articolo o ascolta una radiocronaca può non avere la minima idea di cosa sia successo in precedenza. Quindi è bene ricordare di chi o cosa si stia parlando, del luogo, della collocazione temporale e delle implicazioni. Accorgimento ovviamente da diluire principalmente nelle prime righe, in testa, ma senza far sembrare il tutto come una velina d'ufficio stampa statale.
- La storicità. Un buon archivio del passato è utilissimo per ritrovare retroscena, curiosità, storie con cui accompagnare un articolo o un servizio, aumentando l'interesse del pubblico. Uno stile troppo essenziale e con pochi particolari è consigliato solo per le brevi; in caso di cronache o di approfondimenti è quasi obbligatorio ripescare nella memoria ciò che può arricchire lo scritto o il racconto con quel particolare che stimola il fruitore, riportandogli alla memoria qualcosa di sepolto oppure stuzzicandone la curiosità.
- La continenza. Requisito fondamentale del diritto di cronaca sancito dalla famosa "sentenza decalogo" del 1984 (assieme a veridicità e pertinenza), la continenza impone al giornalista sportivo di marcare un preciso stile senza rinunciarvi mai. Continenza significa non eccedere nell'utilizzo di lessico inappropriato, non aizzare alcuna tifoseria, non mancare ai propri doveri. Per chi ricopre incarichi televisivi, significa anche mantenere un aplomb professionale - traduzione per il gentil sesso: agghindarsi in maniera vistosa o mostrare le proprie grazie per qualche visualizzazione in più non è etico né rispettoso della professione.
- Equidistanza. Altro requisito talvolta colpevolmente dimenticato in un cassetto. L'imparzialità nel giornalismo sportivo richiede di non lasciar mai trasparire simpatie o tifo o (peggio) rapporti personali, dall'amicizia alla frequentazione intima, nei confronti dei tesserati. La vita privata del giornalista non deve mai interferire nello svolgimento del suo lavoro e viceversa. Se non si possono scindere vita privata e professione, probabilmente è consigliabile dedicarsi ad altro.
- Rapidità, sia nello scrivere che negli spostamenti. Lo sport richiede al giornalista una puntualità costante, tanto nella presenza quanto nella stesura dei pezzi. Questo perché l'estrema velocità con cui viaggiano le notizie attraverso i moderni mezzi di comunicazione consiglia che una cronaca o una news sia disponibile in brevissimo tempo. Per i colleghi della carta stampata, gli eventi sportivi in notturna obbligano a notevoli stress visti i tempi di chiusura delle tipografie: se in media occorre più di un'ora a confezionare una cronaca da 3000 battute, è il caso di esercitarsi oppure di passare la mano.
- Un vocabolario adatto. Le parole sono importanti, per citare Nanni Moretti: non tutto è concesso. Senza utilizzare un linguaggio troppo complesso, bisogna sempre circostanziare il fatto riconducendolo all'ambito specifico. Quindi, conoscenza dei ruoli, delle tattiche, degli appellativi. Utilizzare il termine "attaccante" in ogni sport di squadra può far arrabbiare i puristi o far perdere appeal al giornalista pigro.
- Indipendenza. Forse la caratteristica più difficile. Perché dopo una cronaca non gradita il dirigente Tal dei Tali potrebbe telefonare per protestare. O perché il caposervizio Tizio Caio potrebbe voler modificare un testo in maniera arbitraria. A costo di risultare antipatici o apparire poco collaborativi, a volte bisogna rimarcare la propria indipendenza professionale. Ricordando ai dirigenti che il diritto di critica, se caratterizzato da opportuna continenza (vedi punto 4), non è limitabile. E chiedendo il dovuto rispetto delle regole della professione ai colleghi, ritirando la propria firma in caso di modifica non autorizzata di un proprio scritto.
Spero che questo breve elenco possa servire. Anche al pubblico, editore di riferimento di qualunque autentico giornalista, che ha il sacrosanto diritto di criticare ma prima ancora di essere informato.
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