sabato 27 gennaio 2024

Rocco e i suoi fratelli

Dopo la sconfitta al fotofinish di Treviso Basket al PalaMangano di Scafati leggo che i soliti espertoni da bar dello sport si arroccano sull'unica questione pseudo-tattica che riescono ad invocare: la presunta assenza di un pivot nelle fila della Nutribullet. Fa ancor più sorridere, questo sfoggio di insistito analfabetismo cestistico, analizzando proprio la partita giocata da TvB in Campania. In particolare la clamorosa rimonta dell'ultimo quarto, dal -19 (ed era -21 prima del canestro di Mezzanotte per il 79-60) sino a 93 pari. L'ABC della pallacanestro insegna che nei momenti di difficoltà si deve abbassare il quintetto. Traduzione per chi fatica a capire: niente lunghi di ruolo, 4 esterni e un'ala grande per favorire il movimento di palla, sbilanciare la difesa avversaria, palla in mano ai piccoli per attaccare dal palleggio e tirare da 3; sul fronte opposto, sporcare i giochi con show, raddoppi, recuperi, intercetti. Esattamente quel che ha fatto Treviso che in 9 minuti e 48 secondi è passata dal già ricordato -19 al 93-93, giocando quasi sempre con Olisevicius da ala grande tattica, sfruttando Torresani come appoggio a Zanelli, usando Allen da unico lungo più che Mezzanotte o Paulicap.

Persino un volpone come Matteo Boniciolli ci è cascato. Il tecnico triestino ha visto la sua squadra passare dalla prospettiva di controllare agevolmente un match ormai vinto al rischio di un supplementare. E per controbilanciare una situazione che stava diventando sempre più rischiosa ha accettato di seguire la filosofia del collega Vitucci ossia rinunciare al centro - Gamble, che ha fatto davvero pochino, e l'invisibile Pini - giocando prima con Nunge (neanche parente di quello visto all'andata) e poi con Pinkins, unico a fare qualcosa di davvero positivo. Ora vorrei chiedere, agli assai presunti conoscitori di questo sport: se compito del lungo in attacco in un sistema perimetrale è fare tagliafuori per raccogliere il rimbalzo offensivo, chi ha preso quel pallone decisivo? Un centrone? Un pivottone? Un settepiedi con stabili radici nel pitturato? Nossignori.

Con Pinkins 5, Boniciolli ha spostato Ale Gentile da numero 4. Ed è toccato a lui sfruttare l'arma della fisicità per lucrare su un clamoroso errore difensivo di Harrison, prendere palla e segnare da sotto. Se D'Angelo avesse preso correttamente posizione, forse Gentile non avrebbe fatto il canestro più semplice della sua serata. Quello decisivo. Peccato che con i se e con i ma non si vada da nessuna parte. Ancora una volta semmai si è visto come una squadra costruita per il gioco degli esterni dipenda da una corretta impostazione del play. E va ribadito: tra i due Robinson, quello scafatese ha fatto quel che ha voluto per tre quarti; quello trevigiano si è fatto prendere a pallonate sino a quella, dolorosa, che l'ha rimandato in panchina.

Che la partita sia girata in quel frangente, con l'ingresso di Torresani, non è casuale. Più imprevedibilità, più fluidità, più velocità. Tutto quello che era mancato in precedenza, compresa l'aggressività in retroguardia ché concedere 30 punti in un quarto con canestri in fotocopia da un solo lato sarebbe abbastanza per condannare alla panchina perenne un bel po' di giocatori. Forse con maggiore lucidità da parte di Olisevicius e Allen negli ultimi due minuti, il finale sarebbe stato meno caotico e meno traumatico. Ma ancora una volta occorre ricordare che la partita non sarebbe cambiata con il tanto richiesto (ed inutile) centrone. Sarebbe cambiata con un approccio iniziale differente, con una regia lucida nei primi trenta minuti, con una difesa vera per tre quarti di gara. E con un tagliafuori difensivo ben eseguito su quell'ultima azione. In cui in campo, per precisa scelta tecnica, non c'erano centri né da una parte né dall'altra.

Basta così? Verrebbe voglia di non infierire, magari ricordando che a novembre Scafati sbancò il Palaverde grazie a Janis Strelnieks (out stavolta per turnover degli stranieri) che pivot non è. Il lettone anzi è un play puro, cervello sopraffino, e nel precedente incrocio tra Nutribullet e Givova ridicolizzò l'impresentabile Booker. A dimostrazione di come nel basket attuale idee e lucidità servano più di centimetri, muscoli e intimidazione d'area. Col senno di poi, Boniciolli avrebbe volentieri escluso dai 12 un Nunge da vuoto pneumatico in favore proprio di Strelnieks, ma le circostanze sono state differenti. Treviso non si permette il lusso dello straniero da spedire in tribuna, quindi manda a referto sempre gli stessi. Tuttavia è indubbio che, se avesse potuto scegliere tra Justin Robinson in crisi e Strelnieks lucido, coach Vitucci avrebbe dato carta bianca al baltico.

Lasciando perdere le dietrologie, chiudo il post con una citazione che è una chicca per pochi. Se i famosi presunti esperti, quelli che blaterano di centroni e che affermano di vedere basket da 40 anni, si ricordassero di Zare Markovski, forse avrebbero il pudore di tacere. Siccome la memoria deve difettargli parecchio, gliela rinfresco io. Il coach macedone, che da qualche anno non lavora più nelle prime squadre ma ha scelto di concentrarsi sul mondo delle juniores (a Varese, per la precisione), si fece notare diversi lustri fa per una pepata risposta nel corso di una conferenza stampa. Dopo aver ribattuto a una critica, l'allenatore sentì il suo interlocutore affermare di "aver visto basket per oltre vent'anni". La replica fu da antologia: "Anch'io guardo film porno da vent'anni - disse Markovski - Ma non credo che ciò faccia di me una star del porno così come aver visto basket per vent'anni non fa di lei un allenatore". Game, set and match. Ogni tanto è utile ricordarlo a tutti quelli che pensano di saperne di più dei professionisti del mestiere. A prescindere dal fatto che si tratti di Zare Markovski, di Francesco Vitucci, di Matteo Boniciolli o di Rocco Tano in arte Siffredi.

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