domenica 14 gennaio 2024

Neanche in CSI

Dedico questo post del blog ad un nickname. No, non sto scherzando: nei giorni scorsi mi sono imbattuto in un anonimo utente all'interno di una piattaforma di discussione di un noto sito informativo a tema cestistico. E cosa faceva questo anonimo utente? Si dedicava a quello che, sbirciando tra i suoi messaggi, dev'essere il suo passatempo preferito ossia diffamare Frank Vitucci. Siccome ogni tanto è bene ristabilire la verità dei fatti, rompendo un piccolo proponimento personale sono intervenuto nella discussione (con nome e cognome, a differenza del nostro amico) dando una piena ricostruzione di quanto distorto dal soggetto in questione. Che, adeguatamente riportato ai suoi modesti confini di chiacchiera senza fondamento, ha pensato di reagire con l'insulto persino verso questo spazio. Salvo poi cancellare tutto, si sa mai che venga voglia di approfondire in altre sedi. Vi lascio il nickname del soggetto ossia un paradossale "Siamoseri": buffo nome, per chi sceglie di raccontare falsità in rete con la pretesa di essere creduto.

Finito il preambolo, passiamo al tema centrale. Anzi, al titolo scelto: il 3 aprile 2022 il ko casalingo di Treviso Basket contro Napoli spalancava la prospettiva di retrocessione ed in tale occasione evidenziai in sala interviste un dato eloquente. Il parziale di 3-20 (sì, tre punti segnati a fronte di venti subiti) nel secondo quarto di quella partita era qualcosa di mai visto in tanti anni di giornalismo sportivo in A e A2. A Max Menetti, che aveva già perso la bussola e stava per essere esonerato, lo dissi chiaramente: "Neanche in CSI". Usai quelle parole conscio del loro peso, ben sapendo che potevano anche risultare sgradite. Ma era la pura verità, toccata con mano negli anni in cui ho concluso la mia indegna carriera di cestista calcando i parquet del campionato CSI. Ebbene, nemmeno nella categoria più amatoriale che ci sia avevo mai visto scempi del genere. Quella sera sperai di non dover mai assistere ad un bis.

Invece dopo quasi due anni, eccoci di nuovo qui. Per carità, questa Brescia è ben più forte di quella Napoli. Ciò che fa davvero rumore non è tanto il 3-27 poi divenuto 9-33 di un quarto di gioco con un solo padrone. Piuttosto è il linguaggio silente ed al contempo urlante di una squadra in assoluta crisi d'identità. Fosse stata una partita nata male e dunque destinata a finire peggio, pazienza. Quel che non è digeribile nemmeno con una doppia dose di Brioschi è il fatto che il famoso parzialone sia arrivato dopo l'intervallo, a seguito di due quarti comunque positivi nel punteggio e caratterizzati qua e là da sprazzi incoraggianti nel gioco e nelle individualità. Ci si chiede dunque cosa sia successo negli spogliatoi. Facile capire come abbia reagito l'ottimo Alessandro Magro vedendo i suoi giocatori presi a pallonate dal piccolo Scoop Robinson: al rientro in campo il play di TvB non ha più avuto mezzo angolo di passaggio verso l'area, mentre agli altri esterni venivano tolte le opzioni del taglio a ricciolo e della penetrazione centrale e laterale, obbligando dunque a battere la difficile strada del tiro da 3 fuori dai giochi. La scommessa bresciana ha pagato, giacché la sola possibilità per Treviso di non soccombere era legata a percentuali bulgare dall'arco anche senza schemi e tirando da fermo. Si tratta della classica variabile dell'1%, che se si verifica sono dolori per chi difende, ma in caso contrario...

Appunto, il caso contrario. Una sequela di SDENG! che nemmeno Belinelli nel periodo spadellatore folle. Senza rimbalzista offensivo piazzato, senza possibilità di recupero. Quindi transizione rapida e tiro da 3 della Germani. Che in condizioni di velocità e non di staticità come avvenuto nei precedenti 20 minuti, ha iniziato ad entrare con regolarità. Fine dei giochi, fine della partita. E forse anche fine della permanenza a Treviso di qualcuno. Sono in tanti ad evocare il rotolare di teste, manco in piazza dei Signori fosse stata issata la ghigliottina. Prima ancora del parziale da record, si era già visto qualcosa che non funzionava e che aveva condizionato parte del secondo quarto. Un qualcosa che è basato su un quintetto offensivamente debole e caratterialmente inadatto. Il cui perno, ancora una volta, è D'Angelo Harrison.

Non è la prima volta che l'ex Brindisi non riesca ad esprimere il proprio potenziale. E non è la prima volta che venga beccato dai tifosi, con successive storie tese tra panchina e spalti. In settimana il suo allenatore l'ha difeso, ha chiesto ancora pazienza dicendo che occorre attendere che la guardia si sblocchi. Ed in quelle parole ci sono diverse chiavi di lettura. La principale è caratteriale: Harrison è nervoso, lo si vede da settembre; appena non gli entra un tiro comodo o non gli fischiano un fallo a favore parte per la tangente. Inoltre non difende, nemmeno sulla palla. E non aiuta. Se Zanelli fatica, Faggian paga il mancato lavoro estivo sul tiro, Mezzanotte scompare e Camara resta incollato alla seggiolina, è chiaro che tocchi a lui prendere responsabilità offensive. Ma se non produce e sul fronte opposto si conferma buco nero, allora il problema è grande. E diviene enorme nelle serate in cui Ky Bowman accusa difficoltà offensive, ché a quel punto non si sa che pesci pigliare per il ruolo di guardia.

Il guaio è più grave di quel che si pensi. Perché il girone d'andata è appena cominciato e la squadra è sempre penultima. Perché progressi nel gioco non se ne vedono (più). Perché l'effetto benefico Robinson-Olisevicius sembra attenuato. Perché la panchina è debolissima. Perché Harrison è stato finora protetto da Vitucci e Giofrè. Perché sempre Harrison vanta un contratto a cifre importanti che non è semplice da sbolognare altrove né da risolvere. Perché c'è sempre meno tempo a disposizione per correggere la rotta, incamerare punti e sperare nella salvezza. In questo senso, domenica contro Sassari sarà già un match da dentro o fuori. Non solo per Harrison, ché i sussurri alle spalle di Frank Vitucci stanno aumentando e non solo da parte dei nickname anonimi. Quattordici anni fa, proprio in questi giorni, l'attuale tecnico biancoceleste veniva esonerato dalla Benetton a favore di Jasmin Repesa al culmine di una manovra così sporca da destare lo scandalo della stampa. Non fu, quello del 2010, un licenziamento per scarsi risultati come ha scritto il famoso anonimo, ma una carognata in piena regola. Dopo una vittoria casalinga e con la squadra ancora in corsa per la Coppa Italia, la Benetton Basket sollevò dall'incarico Vitucci perché la prima scelta, quel Repesa che qualche mese prima aveva rifiutato per questioni di impegni di Nazionale e di soldi, si era finalmente reso disponibile alle condizioni desiderate. Quindi via lo "scaldaposto" Vitucci e dentro il "titolare croato". Fu una porcata, maldigerita da molti e dimenticata da altri. Questi ultimi sono gli stessi che oggi vorrebbero la testa del coach sul ceppo. Potrebbero essere accontentati nel giro di una settimana. Anche se spero che stavolta la storia prenda un'altra piega.

POST SCRIPTUM: siccome la persona che utilizza quel nickname anonimo legge questo blog, sappia che non esistono prescrizioni mediche che obblighino appunto alla lettura. Se non gradisce, può sorvolare e dedicarsi ad altro. Possibilmente, a qualcosa di diverso dalla denigrazione anonima di un professionista. Personalmente vivo benissimo anche con un lettore in meno, specie se si tratta di una persona che sfrutta la rete per infangare la reputazione di chi lavora. E visto che ha rifiutato il mio invito a conoscersi di persona, spero che un giorno l'anonimo denigratore avrà la cortesia di presentarsi a Frank Vitucci rivelandosi e spiegando i motivi del proprio livore. Anche se dubito che lo farà mai.

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