lunedì 5 febbraio 2024

SOS spurghi

Non scommetto un euro dal 1999, ossia da quando un libero di Alessandro Abbio in una partita di Eurolega mi fece perdere un pronostico a quattro sulle Coppe in cui puntando diecimila lire ne avrei vinto duecentomila. Da allora ho detto basta, neanche un cent. Però se dovessi rompere il proponimento che ha appena compiuto un quarto di secolo, scommetterei sicuro su un qualcosa che mi farebbe vincere facile. Ad esempio sul fatto che nessuno ha colto l'essenza delle parole pronunciate da Matteo Boniciolli dopo la vittoria casalinga di domenica contro Pesaro. Il tecnico triestino è verace, sanguigno, iperteso come il sottoscritto (e forse per questo provo empatia nei suoi confronti) ma prima di tutto è una persona dall'intelligenza superiore. E lo ha dimostrato utilizzando le giuste parole quando ha definito il world wide web come una vera e propria "fogna". Da cui emerge di tutto e di più, soprattutto il peggio. Così nel dopopartita al PalaMangano l'allenatore della Givova ha voluto rimarcare l'idiozia imperante oramai da anni, alimentata dai sempre più invadenti social che hanno dato diritto d'espressione anche al più ignorante, al più analfabeta, al più impresentabile dei tifosi. Che si sente autorizzato a commentare qualunque cosa, ovviamente a sproposito.

Su Logan e Scafati se ne sono lette di tutti i colori. Che David avrebbe litigato nello spogliatoio o addirittura col coach. Che c'erano problemi di stipendi non pagati. Che mancava chiarezza sulla sua decisione di ritirarsi. Boniciolli ha sgombrato il campo, non fossero bastate le parole di Nello Longobardi: nessuna dietrologia pelosa, nessun complotto, nessuna lite né morosità. Semplicemente il giocatore ha sentito che era giunto il momento di smettere. Per carità, si può discutere dei modi e delle tempistiche con cui questa decisione è maturata e su quali effetti immediati ha prodotto. Tuttavia la vicenda si mantiene limpida nella sua sostanzialità. Al contrario delle schifezze che si leggono online partorite da presunti esperti, tuttologi emersi non si sa da dove, profani della materia che pensano di poter criticare tutto con la pretesa di essere ascoltati e ritenuti credibili.

Le parole di Boniciolli, a cominciare da quella "fogna" invocata per descrivere il web, si adattano a meraviglia al post partita di Treviso-Virtus in cui Frank Vitucci si è giustamente arrabbiato per l'ultima idiozia piovuta dal mondo dei social. Se è vero che chiedere è lecito e rispondere cortesia, è altrettanto vero che chi compie il mestiere di giornalista (e lo dico a ragion veduta) dovrebbe saper distinguere tra questioni rilevanti e chiacchiericcio da bar. Non ha senso domandare ad un allenatore cosa pensi delle stupidate scritte sul mercato o su presunte dimissioni invocate da Tizio o Caio o Sempronio in un sito o in un forum. Se durante la partita ci fossero state delle contestazioni, sonore o con striscioni, la domanda avrebbe avuto un fondamento. Così invece significa solo stuzzicare. Ed il nostro mestiere non è quello di far arrabbiare chi intervistiamo ma di ricavare notizie.

Occorre tuttavia sottolineare come il malvezzo del gossip e della cazzata spacciata per notizia abbia preso il sopravvento. Sono molte le testate giornalistiche (o i blog che fanno informazione) che puntano sul sensazionalismo solleticando gli appetiti peggiori del pubblico. Il clickbaiting è la morte del giornalismo, con colleghi che vendono la dignità della professione per un titolone inutilmente clamoroso. O per domande assurde che in altri tempi sarebbero costate un richiamo dalla Disciplinare. La reazione umana di Frank Vitucci è stata dura e censurabile nei toni, ma comprensibile e giustificabile. Da uomo di cultura e conoscitore del giornalismo - suo fratello Alberto è una colonna di un noto quotidiano regionale - Frank ha ribadito una ovvietà: le chiacchiere da bar non sono giornalismo. E mi dà fastidio non solo che una conferenza stampa sia sfociata in tutt'altro per una dabbenaggine di un collega, ma anche che altri colleghi abbiano rilanciato la vicenda col solo intento di cavalcare la tigre dell'arrabbiatura pubblica e delle successive reazioni dell'utenza media. Che, ribadisco, dimostra di non aver capito una sillaba delle parole pronunciate appena 24 ore fa da Matteo Boniciolli.

Ad essere cinici verrebbe da citare quel vecchio adagio: "chi è causa del suo mal, pianga sé stesso". Treviso Basket nacque sui social e attraverso i social. Prima i video del marzo 2012, poi la pagina Facebook per l'azionariato popolare. Iniziative sane e degne che restituirono il senso di appartenenza alla comunità. Da allora però si è esagerato, trasformando qualunque occasione pubblica in uno show a beneficio del pubblico perennemente collegato dagli smartphone. Pubblico che, allargando in maniera eccessiva il concetto di proprietà morale del progetto TvB, ha iniziato a commentare sempre più invocando un diritto che non possiede. Ossia quello di pretendere qualcosa. Che siano delle "spiegazioni" per decisioni societarie o per movimenti di mercato, poco importa. Quella pretesa rappresenta il passaggio del Rubicone, da lì non si è più tornati indietro. I risultati si vedono oggi, con una pletora di commenti sdegnati per una censura magari antipatica ma necessaria, una volta oltrepassato il segno.

Lasciatemi dire ancora qualcosa. Innanzitutto che è ora di finirla con le pretese dei signori nessuno che nel web si arrogano diritti che non hanno. Il diritto di critica è sacrosanto ma non deve travalicare i limiti indotti dalle differenze di preparazione e di condizione lavorativa. Altrimenti si torna alla massima di Zare Markovski illustrata poco tempo fa in queste pagine sulla distanza esistente tra spettatori e attori. Poi sarebbe utile rileggere con maggiore attenzione le parole di Boniciolli sull'insussistenza di importanza dei social: lo dovrebbero fare tutti, da chi scrive sproloqui ai colleghi che vi attingono neanche fosse la Sentenza Decalogo sino agli addetti ai lavori che (seppur con un fastidio che comprendo) si lasciano trasportare dalla rabbia nel rispondere a domande che andrebbero lasciate cadere nel dimenticatoio. Visto che si è parlato di fogne, l'extrema ratio è chiamare il servizio spurghi: nulla di meglio contro scarichi intasati, residui maleodoranti e situazioni imbarazzanti. 

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