"Dicono che toccato il fondo non si possa far altro che risalire. A me spesso capita di iniziare a grattare": così scriveva il compianto Roberto Freak Antoni - i cui biglietti da visita, alla voce "professione", recavano la parola "genio" - in quella summa di chicche, nonsense, esperimenti logico-linguistici e provocazioni che porta il titolo di "Non c'è gusto in Italia ad essere dementi (ma noi continuiamo a provarci lo stesso)", libro che è come il buon vino. Più passa il tempo, più lo si apprezza. Sono passati 33 anni dalla sua uscita - era il 1991, l'anno del golpe d'agosto e della dissoluzione dell'URSS, dell'esplosione della Jugoslavia, della guerra del Golfo... altro che nostalgia! - e quelle frasi trovano sempre maggiori aderenze con l'attualità che viviamo. Alla faccia della tecnologia, del progresso, dei social, dell'intelligenza artificiale. Forse è vero che viviamo l'illusione di un miglioramento a fronte in realtà di una continua regressione. Ed a leggerla con la chiave filosofica, probabilmente non aveva tutti i torti Arthur Koestler che nel 1967 nel pieno della Guerra dei Sei Giorni e con il solito incubo nucleare sulle nostre teste dava alle stampe il suo saggio "Ghost in the Machine". Cosa teorizzava Koestler? Che la tendenza autodistruttiva dell'uomo è insita nella sua natura, un concetto apodittico che trova riscontri in ciò che vediamo ogni giorno.
Ok, la finisco col pippone morale-esoterico-filosofico, ché poi qualche intelligentone se la prende poiché non comprende la bellezza di leggere qualche libro ogni tanto, spaziando tra la psicanalisi e l'anti-logica. E mi dedico all'argomento centrale ossia la situazione terrificante di Treviso Basket. Uso questo aggettivo non a caso: a terrorizzare non è tanto il gioco espresso o le sconfitte recenti contro dirette avversarie per la salvezza, quanto piuttosto la lunga sequela di errori compiuti da giugno in poi dalla società e da tanti suoi addetti. Perché come era sciocco pensare che fino a qualche mese fa il colpevole di ogni male fosse il bistrattato Andrea Gracis, la cui dose di sopportazione pare oltrepassare l'autocontrollo dei bonzi, altrettanto è ritenere uno tra Simone Giofrè o Frank Vitucci unico o principale responsabile della situazione attuale. Il male, purtroppo, è diffuso. Eradicarlo è difficile se non impossibile. Curarlo con pazienza e con medicine amare pare sia l'unica soluzione.
Da dove cominciamo questo famoso elenco? Da quella non-conferenza stampa al Palazzo Della Luce, uno show che avrei evitato, architettato a beneficio dei maledettissimi social che paiono imperare ovunque affinché legioni di spettatori possano assistere. Ma a quel punto tutto diventa spettacolo, in cui gli attori sul palco recitano una parte e la stampa (che in realtà dovrebbe essere l'unico interlocutore e fruitore dell'evento in sé) è chiamata solo a rivestire un ruolo, talvolta senza quella dignità che ogni lavoro dovrebbe vedersi riconosciuta. In quell'occasione di lustrini e paillettes, si decise di annunciare la rivoluzione di TvB, la chiusura di un capitolo di vacche magre e di programmazione striminzita in favore di un qualcosa a respiro maggiore. E quindi, di converso, l'apertura di un'era di ambizioni: parole pesanti come "consolidamento", "stabilizzazione" ed addirittura "playoff" vennero pronunciate quel pomeriggio estivo con l'aria condizionata a palla. Poi venne il resto della rappresentazione con momenti di puro imbarazzo su cui preferisco sorvolare.
L'origine dei mali è lì, in quell'evento celebrativo il cui culmine fu rappresentato dai paroloni che eccitarono la folla, presente o collegata da casa. Invece di un sano low profile, sempre molto apprezzato perché evita voli pindarici che potrebbero concludersi con schianti al suolo, si preferì l'effetto-bomba. E ciò venne replicato qualche mese dopo nella serata sotto la Loggia dei Cavalieri. Nonostante un precampionato con tanti dubbi, a dispetto di una preparazione condotta senza alcuni giocatori e di qualche campanello d'allarme già abbondantemente risuonato, anche nella presentazione alla città l'atmosfera era sin troppo ottimista. Peggio: le aspettative erano altissime. Giustificate, per carità, dal pedigree e dal nome dei prescelti. Però con quel retrogusto non del tutto piacevole di eccesso di zucchero a cospargere qualcosa che non era poi così buono. Come lo si sarebbe visto nel giro dei due mesi successivi.
Quindi, prima degli errori di valutazione sulle capacità di playmaking di Booker e prima di capire quali fossero i reali problemi di Young, c'era dell'altro. C'era la voglia esagerata di stupire, di provocare in senso positivo, di voler a tutti i costi vivere dei momenti di esaltazione. Gli stessi che paiono tornare ciclicamente ad ogni successo di TvB, che sia in casa o in trasferta non fa differenza. E che vengono seguiti di volta in volta dagli immancabili buchi neri, i periodi di desolazione e di lutto che le sconfitte (specie quelle in serie) spargono sull'ambiente come un morbo contagioso. "In medio stat virtus", scrivevano Orazio e Cicerone, due soggetti che magari oggi verrebbero bollati come noiosi professoroni ma che non difettavano certo di acume. E se il latino proprio non lo digerite, allora vi propongo tre strumenti di facile comprensione utilizzati da millenni dai costruttori.
Il primo è il filo a piombo. Che simboleggia quello che viene chiamato aplomb ossia la calma, la sicurezza, la tranquillità per affrontare le difficoltà. Non si può dire che tutti in questa TvB 2023-24 posseggano un aplomb: non ce l'ha sicuramente D'Angelo Harrison che da quando è arrivato nella Marca non fa che battibeccare con tutti, arbitri, avversari, persino i tifosi locali. Ditemi pure che si tratta del caso, però quando Harrison ha avuto un ruolo molto minore o è stato assente giustificato per infortunio, si è verificato un crollo della tensione nervosa nei ranghi della Nutribullet con conseguenti benefici per tutti. Ad un giocatore esperto non si chiedono soltanto canestri ad alto tasso di difficoltà; piuttosto ci si attende da lui un contributo nella misura della fiducia da redistribuire anche quando le avversità paiono soverchianti. Harrison finora non ha fatto nulla di tutto ciò. Piuttosto si è dimostrato inquieto, bizzoso, scostante. Neanche la perdita del quintetto base sia stata per lui un'offesa capitale.
Il secondo strumento che cito è la livella. La bolla, ossia il raggiungimento dell'equilibrio, porta benefici ovunque poiché rende tutto più solido. Forse andrebbe spiegato tale valore a Ky Bowman che, rinfrancato dal posto da guardia titolare soffiato a Harrison, ha pensato che in fondo tutto gli può essere concesso. Anzi, che può sempre agire fuori dagli schemi, anche nei finali punto a punto in cui servirebbe maggiore equilibrio tra la voglia di vincere e la freddezza necessaria per gestire certi possessi. Lo si era visto già a Sassari, alla terza giornata: Bowman non ce la fa proprio a mantenere il controllo, ad essere equilibrato per il bene di tutti. Se la squadra è sotto di due punti a dieci secondi dal gong, invece di giocare col cronometro e di sbilanciare la difesa avversaria preferisce tirare da 10 metri senza nemmeno prendere il ferro. E se il gap è maggiore, diciamo di sei lunghezze ma con un minuto a disposizione, non vuole nemmeno pensare a trovare un buon canestro da due punti per ridurre il gap e poi giocarsi tutto in difesa: meglio tentare la bomba, anche a costo di farsi stoppare e di lasciare campo libero alla transizione avversaria. Un basket di eccessi dunque, in positivo quando va bene ma in negativo in troppe occasioni. E, ça va sans dire, senza equilibrio.
Il terzo ed ultimo strumento il tavolo da disegno. Si tratta del ripiano su cui viene steso il progetto. Che, qualora contenga errori, può essere rivisto e corretto proprio intervendo sui disegni originali. Qui qualcosa è stato fatto, anche se in ritardo, rimpiazzando un play immaturo ed un 3 mentalmente distante con due elementi di sistema. L'equazione, accompagnata da qualche modifica qua e là, ha funzionato per quattro partite. Poi basta. Ed allora c'è da domandarsi se i progettisti non abbiano dimenticato qualcosa. O se siano state fatte davvero tutte le valutazioni del caso, una volta esaminati gli elementi da costruzione scelti in precedenza. Pensare ad esempio che un Mezzanotte possa diventare puntello di questo reparto lunghi è puramente ottimistico. E se i giovani si allenano con poca voglia, è inutile punirli in partita relegandoli in fondo alla panchina: piuttosto andrebbero presi per il famoso bavero in palestra, redarguiti al momento giusto, indirizzati, catechizzati, responsabilizzati. Altrimenti si torna alle rotazioni ridotte all'osso dell'anno scorso, quando nelle sconfitte di venti e più punti i vari Jurkatamm, Faggian, Scandiuzzi restavano a guardare la nave che affondava. L'americano che doveva essere il leader è una palla al piede? O si prenda il coraggio di tagliarlo rimettendoci parecchi soldi, oppure gli si faccia capire che la nazionalità non conferisce minuti a prescindere - quindi, il coach deve spronare i giovani in allenamento e questi ultimi devono farsi il famoso e metaforico mazzo per dimostrare di meritare quei minuti. In tal modo il suddetto americano dovrà darsi una regolata oppure sarà lui stesso a voler rinunciare a parte dei soldi del contratto pur di migrare altrove, in campionati dove si difende meno o in squadre dove l'anarchia del singolo viene prima del benessere del gruppo.
Ricapitoliamo. Gli show estivi, le parole sbagliate, le aspettative eccessive, l'ingaggio di giocatori inutili o dannosi hanno portato Treviso Basket al peggior girone d'andata della sua storia in LBA. Max Menetti ha sempre raggiunto la boa con sei successi; l'anno scorso Marcelo Nicola col tris tra Natale e Capodanno toccò quota 10 punti ossia 5 referti rosa. Ora si è arrivati a quattro. Non è lo zero fatto da altre squadre in altri campionati, però non si può negare che alla faccia dei proclami di giugno di voler progredire vi sia una evidente regressione dei risultati. E con la quota salvezza che è fissata a 24 punti significa che nel girone di ritorno serviranno 8 successi in 15 incontri, magari raddrizzando qualche differenza canestri attualmente negativa. In teoria è un'impresa fattibile, ma sempre guardando all'anno scorso servirebbe un'affermazione in più. Con diversi, necessari accorgimenti, l'impresa potrebbe compiersi. Sempre che non sia tardi per capire che per voltare pagina non bastano belle feste, nomi altisonanti e ambizioni esagerate.

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