domenica 27 dicembre 2020

Follie televisive

Doveva essere una vetrina post natalizia. Un po' come l'anno scorso, in cui il calendario ebbe la cortesia di regalare due scontri ravvicinati altamente appetibili per la platea di appassionati e spendibili anche con occasionali e profani. Invece è stato un autogol. Parliamo ovviamente della diretta pomeridiana su Rai2 di Virtus Bologna vs. Olimpia Milano, un teorico spot per la pallacanestro d'Italia spinto dal ritorno di Marco Belinelli alle nostre longitudini dopo tredici anni di circo oltre Atlantico.
Com'è andata? Dal risultato sportivo si evince una vittoria meneghina ma a far notizia - più del sopra menzionato Belinelli, più di Teodosic e del suo nervosismo da flopping, più di Messina che si prende una rivincita - è l'interruzione da parte della seconda rete nazionale per trasferire lo spettacolo sul canale specifico (RaiSport) al fine di liberare spazio nel palinsesto alla discussione politica in corso alla Camera dei Deputati per il voto sulla manovra finanziaria.

Scandalo? Mancanza di rispetto? Accordi saltati? Nulla di tutto ciò. Semplicemente si è registrata l'ennesima conferma di un prodotto difficilissimo da vendere, figurarsi da valorizzare. E non certo per la durata temporale delle singole partite, ché il volley offre molte meno certezze in materia. Il basket in Italia non trova un adeguato spazio perché si porta appresso un cumulo di problematiche da troppo tempo, senza mai risolvere nulla radicalmente e cambiando sin troppe volte strada invocando presunte soluzioni definitive che poi non sono mai tali.

Quando il satellite non esisteva, quando internet era qualcosa destinato solo alle comunicazioni governative e militare, quando i telefonini erano per pochissimi e permettevano solo di effettuare e ricevere chiamate vocali, l'italica pallacanestro mungeva miliardi di lire a Mamma Rai. Merito del prodotto, dei campioni presenti, dei mecenati che spendevano senza ritegno? Forse. Anche se credo che fosse in fondo solo una gran bella cambiale politica ottenuta da un pezzo da 90 nel periodo della Milano da bere, della grandeur nostrana, dei prezzi senza senso. Diciamocelo, il basket non valeva all'epoca quelle cifre palesemente gonfiate così come in seguito non valeva i rinnovi al ribasso o i contratti riveduti in corsa con più operatori di vari settori, dalla televisione generalista alla pay. Sicuramente il rapporto con la Rai si è incrinato allora e non solo perché Tangentopoli ed una grave malattia hanno privato il movimento dei suoi due numi tutelari, cioè il politico di peso ed il giornalista appassionato e competente, nel breve volgere di pochi mesi.

Alzi la mano chi ricorda le dirette dei secondi tempi al pomeriggio su Rai3, le interruzioni improvvise, le telecronache affidate a chi di basket non sapeva davvero nulla e dunque improvvisava. Quando arrivò il satellite, i cestofili italiani non sapevano se esserne contenti o contrariati, visto che comunque la parabola era qualcosa per pochi. E quando si virò decisi sulla pay-tv, giacché il servizio pubblico si era dimostrato ben poco interessato e la concorrenza commerciale non aveva neppure dato un cenno di interesse o di diniego, ci fu il giubilo. Certo, l'allora ancor giovane Sky, nata dalle macerie di Tele+, contava su mezzi tecnici all'avanguardia, voci autorevoli, varie possibilità. Ma era per pochi. E fu anche per questo che nel 2011 la Legabasket colse la palla al balzo per tornare in chiaro, approfittando dello switch del digitale terrestre con conseguente moltiplicazione dei canali. Una scelta che doveva portare visibilità ma che si sarebbe risolta in un autolesionismo che continua ancora oggi, con Eurosport che grazie allo streaming si è imposta come referente privilegiata di un prodotto che resta assai povero.

La realtà è triste. Ed il problema resta insoluto. Se nel costante cambio di piattaforme il basket non attira interesse né spettatori - un anno fa per il ritorno su Rai2 non si fece nemmeno mezzo milione di telespettatori ad episodio, in pomeriggi festivi privi di concorrenza seria sul piccolo schermo - significa che il nocciolo della questione non va rintracciato nella piattaforma utilizzata ma nelle politiche di marketing. Facciamo un passo indietro di 16 anni: pare un'eternità ma nel 2004 il basket italiano aveva a disposizione la migliore pubblicità possibile e non sfrutta l'occasione. 

Ricordate quell'estate assurda? La Nazionale di Recalcati, con Soragna, Bulleri, Pozzecco, Basile, Galanda, Chiacig, Marconato, Radulovic, Righetti prima dà una sonora legnata agli americani in amichevole - e qui non sappiamo se benedire o maledire la scelta di trasmettere la partita attraverso SportItalia, emittente per pochi - e poi si arrampica sul podio olimpico di Atene mettendosi al collo una bellissima medaglia d'argento, eguagliando il risultato di Mosca 1980 con la differenza che stavolta gli USA non hanno boicottato i Giochi per motivi politici ma ci osservano dal gradino più basso del podio, incazzati e delusi. Il momento è perfetto, milioni di italiani hanno visto la semifinale contro la Lituania, c'è la possibilità di capitalizzare. Invece non si fa nulla: la Federazione non coglie l'attimo e preferisce godersi la gloria effimera piuttosto che investire, la Legabasket è più impegnata a trattare con Sky che a capire come fare squadra unica per un momento storico. Un anno dopo la stessa Nazionale si fa eliminare precocemente all'Europeo ed in via Vitorchiano hanno la bella pensata di comprare la wild card per Mondiali e tutto il resto, pensando possa bastare per garantire il futuro.

I frutti avvelenati di scelte scellerate, compresa la scarsissima comunicazione del fenomeno NBA, li raccogliamo oggi. Quando capiterà ancora di avere una Nazionale da argento olimpico? E di avere per tre anni di fila atleti italiani scelti al primo giro del Draft? Non è dato sapere ma se oggi ci si esalta per un ragazzo che viene selezionato al secondo giro e girato in G-League, tanto dovrebbe bastare per far capire quanto si sia caduti in basso nel giro di tre lustri. Quindi non lamentiamoci se la Rai interrompe una diretta per dare spazio a trasmissioni degne di un servizio da Prima Repubblica: si ha ciò che si merita. E il basket italiano, a livello comunicativo e politico, oggi ha un appeal talmente basso che non mi stupirei se nel 2021 si dovesse assistere ad un ulteriore declassamento. Magari a favore del burraco o della canasta.
 

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