Da non credere. Prima la Fortitudo, poi la Virtus. Prima Sacchetti, poi Djordjevic. La stracittadina a Bologna non finisce davvero mai, nemmeno quando si vuole dare una scossa all'ambiente, mossa che inevitabilmente si traduce con esonero del capoallenatore (o addirittura dello staff). Non si sta mai tranquilli sotto le Due Torri e per un motivo o per l'altro non ci si annoia di certo. Distinte da strategie, disponibilità finanziarie, obiettivi oltre che da simboli e cromatismi, F e V si ritrovano a distanza nel cervellotico turbinare del management, dall'una e dall'altra parte, con scelte ritardate o pazzesche per tempistiche e motivazioni.
Andiamo con ordine. Sabato la Lavoropiù incappa nell'ennesimo stop confermandosi ultima in classifica - il caos Roma per ora non lo calcoliamo. Da settimane Meo Sacchetti era sulla graticola: risultati carenti nonostante un mercato estivo scoppiettante e molto dispendioso e correttivi autunnali decisamente costosi. Gli avvisi erano già partiti da tempo ma alla fine la società ha deciso. Ciao, non è stato certo un piacere, la porta è quella. L'epilogo era comunque già scritto, con la tifoseria che rimpiangeva Antimo Martino e che rinfacciava al CT zero grinta e poche idee parecchio confuse. Lo avevano etichettato come umarell, il vecchietto un po' rinco che, borsetta di plastica dietro la schiena, passeggia per la città godendosi la pensione INPS (beato lui, verrebbe da dire) e commentando qualunque cantiere stradale si possa incontrare nel corso della solita camminata. Di certo Sacchetti non era arteriosclerotico e sapeva di aver scommesso male la scorsa estate, lasciando Cremona che era sì in cattive acque ma dove aveva costruito un modello di squadra basato sulla propria idea di basket. In Fortitudo aveva ritrovato quell'Aradori con cui aveva litigato in Nazionale e già lì si era partiti male; aveva sloggiato Henry Sims, altro con cui non andava d'accordo, per riprendersi Happ; ma il paracarro Mancinelli restava intoccabile (grazie, garantisce una bella sponsorizzazione!) e alcuni innesti come Totè e Palumbo erano già stati decisi. La Fortitudo alla fine non aveva gioco, si esprimeva per individualismi più che individualità e proprio per questo perdeva a ripetizione. Dopo tre mesi di disastri la società è intervenuta e ha deciso per l'avvicendamento. Perché così tardi? "Non volevamo mandare un allenatore tagliato a guidare la Nazionale in Estonia, ne andava del prestigio italiano e del club", hanno fatto sapere da Torreverde. Io lo chiamo paraculismo, voi fate un po' come vi pare.
Se per Sacchetti dunque era solo questione di tempo, per Djordjevic si tratta di fulmine a ciel sereno. O al limite appena appena nuvoloso ma senza gocce di pioggia. La Virtus è prima in Eurocup ma in campionato sta faticando, con quattro sconfitte in casa che pesano nell'economia di campionato. Quel che a quando pare non è piaciuto a Baraldi, unico uomo di fiducia di Massimo Zanetti, è la gestione dell'affare-Belinelli. Presentato in pompa magna come grande investimento, ci si aspettava che fosse in campo già ieri, contro Sassari. Invece qualcosa è andato storto e forse si è verificato un cortocircuito comunicativo tra staff tecnico, preparatori atletici e club, tant'è vero che il nuovo giocattolo milionario è rimasto mestamente in panchina, inutilizzato, a guardare i suoi nuovi compagni regalare spazio e bombe a Marco Spissu (ex di turno, tra l'altro) e ad Eimantas Bendzius. Il Banco ringrazia e passa all'incasso, per la rabbia di Mister Segafredo. Di qui l'esonero di Sasha, peraltro dopo essere pure stato espulso nel primo quarto proprio ieri. Ma se sull'opposta sponda del Reno a saltare era stata solo la testa del capoallenatore, qui ha pagato l'intero pacchetto: fuori Djordjevic, il suo vice Goran Bjedov e pure il preparatore. Squadra affidata al terzo allenatore in attesa di trovare un nuovo manico. La prima scelta Trinchieri non è disponibile, il mercato offre Luca Banchi. Non il massimo se si vuole davvero contrastare la Milano di Ettore Messina che stavolta sì pare una squadra fatta e condotta con logica, senno e benefizio (per il giubilo, si aspettano sviluppi). Intanto la squadra non l'ha certo presa bene e se Markovic ha già mostrato il proprio disappunto via social chissà cosa penserà la superstella Teodosic che aveva accettato Bologna dopo la NBA grazie anche alla presenza in panchina del connazionale Djordjevic.Insomma, nel giro di pochi giorni la Bologna dei canestri muta faccia senza perdere però le sue abitudini di piazza inquieta. Qualcuno forse ricorderà che il fumantino Boniciolli venne silurato dopo un derby vinto perché osò rinfacciare all'Emiro Seragnoli di essere riuscito ad ottenere un risultato nonostante la pressione psicologica. O che Pino Sacripanti venne cacciato senza troppi complimenti per far spazio proprio a Djordjevic (e a Mario Chalmers, in arrivo), in tempo per vincere una Coppa FIBA ma anche per far escludere la Vu Nera dai playoff con un anonimo nono posto. Si è visto di tutto negli ultimi tempi, persino capitani a volte non giocatori messi fuori squadra e ceduti ai rivali. Se c'è ancora qualcuno che crede nei valori della programmazione a medio-lungo termine è pregato di farsi vivo e di citofonare a Fortitudo e Virtus ricordando loro che entrambe hanno vinto solo quando hanno ingoiato rospi amari in nome della progettazione. Quand'è che è crollata la Virtus? In quella sera primaverile in cui Madrigali decise di licenziare Messina salvo doverci ripensare dopo una sommossa a Casalecchio. Quando è scoppiata la bolla Fortitudo? In quell'estate in cui, sparito Seragnoli, il nuovo tagliatore di teste Martinelli decise che Enzino Lefebre era inutile per mantenere in piedi una baracca sostenuta da fantasiose sponsorizzazioni, contributi a fondo perduto e un mutuo ventennale impossibile da onorare. La Storia ci dirà cosa faranno le due metà di Bologna dopo questo dicembre 2020 che rispetta in pieno l'andamento disastroso di un anno da dimenticare in fretta. E non solo da parte del basket.
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