mercoledì 24 aprile 2019

Insalata russa con sorpresa

Dal sole asciutto di Cipro all'umida Torino: cinque ore e mezza di volo, comode e con tutti i comfort. Il biglietto? Mezzo milione di euro, offre zio Dmitry. Non stupitevi, lettori del blog: ormai non c'è più nulla di autentico (Controllo, "La Talpa"), nemmeno la sincerità. Così Gerasimenko, disarcionato da Cantù ed inseguito da mandati di arresto per bancarotta ed appropriazione indebita, rientra in gioco con una robusta iniezione di denaro per la moribonda Auxilium in cambio di un sostanzioso pacchetto azionario.

Un vecchio collega insegnava che nel giornalismo le domande importanti sono due. La prima, perché introduce l'argomento. E la seconda, perché inchioda l'intervistato mendace, reticente o che pensa di poter addomesticare il suo interlocutore. In questa vicenda, gli interrogativi abbondano. Alcuni, almeno a me, paiono retorici, ma proverò ugualmente a seguire la regola aurea per fare un po' di chiarezza sulla vicenda che si sta sviluppando.

Partiamo dalla prima domanda. Perché cercare Gerasimenko? Facile supporre che il presunto magnate in esilio rappresenti l'unica ancora di salvataggio per quel Titanic di debiti che si chiama Torino. Con buona pace di chi si illudeva che la sponsorizzazione Fiat potesse essere la panacea di ogni male. Ciò significa che la situazione è disperata, che nessuno è disposto ad investire (recte: buttare) soldi nel buco nero gialloblu, che i bilanci sono affossati da passivi quasi insostenibili. Altrimenti per quale motivo in questi due mesi di appelli da parte dell'ambiente piemontese non ci sarebbero state risposte concrete, al di là della buona volontà di Terzolo di offrire il suo progetto giovanile a supporto? Il passivo dunque è importante ed è comprensibile che non ci sia interesse a ripianare. E qui entra in gioco l'alternativa del diavolo, i soldi di zio Dmitry. Che indubbiamente non si è stufato del giochino, visto che si è dichiarato disponibile a dare una mano. E che probabilmente ha ancora qualcosina da parte, dopo che in patria la magistratura gli ha fatto terra bruciata.

Allora passiamo alla seconda domanda. Cosa comporta Gerasimenko? Affidare buona parte del pacchetto societario ad un latitante con precedenti gestionali affatto edificanti proprio nel basket non sembra certo un'idea da cavalcare. In fondo, Gerasimenko fa rima con la chiusura del Krasnji Oktjabr' Volgograd, spolpato sino all'osso, e con la crisi prolungata di Cantù, risolta in extremis da un gruppo di imprenditori locali quando la pietra tombale stava per calare definitivamente. Non un bel biglietto da visita. A Torino zio Dmitry avrebbe chiesto il posto di general manager ed anche questo è un dettaglio che dovrebbe far riflettere: quella poltrona garantisce ampia discrezionalità ed enorme margine di manovra in ogni ambito, non solo agonistico ma prima di tutto finanziario.

Ma sopra ogni cosa ci sono Mamma FIP e Zia LBA. Vale a dire due entità che per ora si limitano ad osservare ma che sono pronte ad intervenire con una sola finalità: tagliare il ramo secco. Non è un mistero che Federazione e Lega muoiano dalla voglia di cancellare in tutta fretta l'espansione a 18 richiesta a gran voce per tre anni da LNP ed alla fine ingoiata a viva forza da tutti, club di Serie A in primis. Una sparizione farebbe comodo per accelerare i tempi. E fornirebbe pure il pretesto per spulciare altri conti di soggetti a rischio - Trieste? Avellino? La neopromossa Roma che rischia di essere azzoppata dalle vicende personali di patron Toti? - e sfoltire ulteriormente la rosa delle partecipanti al prossimo massimo campionato, senza abbandonarsi a ripescaggi. Da 18 a 16 in un battito di ciglia. O in una seduta di Consiglio Federale, chiamato a deliberare l'ammissione ai prossimi campionati e che potrebbe con le giuste motivazioni escludere qualche avente diritto. E qui, spiace dirlo, Torino può davvero tremare: il faro resta acceso, Dmitry o non Dmitry. Parola di Giannino er laziale.

L'insalata russa che si sta apparecchiando rischia davvero di essere indigesta. Proprio quando pareva spuntare un raggio di sole, con l'idea di trasformare il titolo sportivo delle società dilettantistiche in un asset cedibile a terzi senza costringere l'acquirente a farsi carico dei debiti. La maionese montata sotto la Mole potrebbe nascondere insidie tossiche per LBA e per il movimento, rovinando l'appetito dei tifosi e chiudendo lo stomaco degli investitori. Mentre l'unica riforma davvero necessaria, quella della Legge 91, resta ancora un'utopia invocata da alcuni e disattesa dai più che si accontentano dei lustrini di una Serie A che fatica comunque a decollare e che attende il ritorno delle piazze tradizionali come un Messia che distribuisca pani e pesci. Chi si accontenta gode, dicono. Evidentemente c'è chi riesce a saziarsi anche con poche briciole.

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