domenica 27 gennaio 2019

Il basket è grande... e Martino il suo profeta

Nulla di cui stupirsi dopo il return match tra Fortitudo e TVB. Ha vinto Bologna, come è giusto e logico che sia. Più gruppo, più squadra, più solidità. Meccanismo rodato ed oliato quello felsineo, efficace anche quando il tiratore designato si esprime col 22% o quando la cabina di regia diffusa funziona a sprazzi. Fortitudo già in Serie A, possiamo dirlo senza timore di smentita. Occorrerebbe un cataclisma impensabile per affossare la Lavoropiù vincitutto (anche la Coppa? Forse quella no ma la storia va ancora scritta) e per rilanciare davvero le ambizioni delle inseguitrici che appaiono condannate al campionato de "gli altri".

Di chi i meriti? Partiamo dall'architetto, quell'Antimo Martino sottovalutato da troppi e scoperto tardivamente da molti. Non si costruisce il miracolo Ravenna per caso, speravo che gli osservatori distratti l'avessero capito: con un budget da aurea mediocritas il tecnico molisano ha portato una piccola realtà romagnola nell'empireo, lanciando giocatori (Tambone, oggi a Varese), riciclando vecchi marpioni (Foiera prima, Raschi dopo) e pescando gli americani giusti. Citando il conte Catellani, questo potrebbe anche definirsi culo... ma se "contro il cul ragion non vale" (vecchia massima), è anche vero che la volgare declinazione del posteriore può anche rivelarsi un acronimo accattivante: Cuore, Umiltà, Lavoro, Onestà. Antimo Martino mi sembra persona onesta e di cuore, sicuramente umile e dedita al lavoro. Ha accettato la sfida di quella che era una gabbia di matti - sopravvivere a tre anni di cura Boniciolli ed al passaggio di Pozzecco dovrebbe essere sufficiente - e ha trasformato un potenziale reparto geriatrico in un gruppo inattaccabile. Merito di sagacia, idee chiare, programmazione, volontà di costruire... e di un po' di culo, diciamolo.

Due passetti indietro. Dedichiamoci per un attimo al gioco del "se fosse". Cosa sarebbe accaduto se Treviso avesse colto per tempo i segnali che giungevano un anno fa da Matteo Fantinelli, prolungandogli il contratto? E cosa sarebbe successo se la Fortitudo in estate invece di aspettare e trovare un Maarten Leunen a prezzo concorrenziale avesse accettato di partecipare ai rialzi organizzati dall'agente di Kenny Lawson? Non lo sapremo mai con certezza ma possiamo azzardare che la Fortitudo non sarebbe l'attuale, meraviglioso, efficacissimo schiacciasassi. Ci vuole quindi anche del culo nella vita: il culo di fare la proposta giusta al momento giusto al giocatore giusto. E che quest'ultimo accetti, ça va sans dire. Ma il campione può solo migliorare un gruppo solido ed allora ecco il vero lampo di genio di Martino: ripartire da un nucleo solido, da giocatori al secondo o addirittura terzo anno nella stessa squadra, da gente che ormai si conosce bene e può costituire la base di partenza. Da qui, implementare con operai esperti (Benevelli, Venuto) e con stranieri che possano sia esprimersi coralmente che inventare la giocata fuori dagli schemi. Rotazioni a nove, fisicità, tranquillità - per questa basta davvero poco, come detto prima ricordando il manicomio precedente.

Che la Fortitudo fosse destinata a vincere il campionato a mani basse lo si era capito in Supercoppa. Così come nello stesso periodo si erano intuite le difficoltà di una TVB orfana di un manico sicuro in regia e priva di certezze in ala forte. Treviso si è ritrovata vittima di scelte passate rivelatesi nefaste, dal muro contro muro con Pillastrini a giugno 2017 alla decisione di affidarsi ad un costosissimo e sempre più calante Antonutti, passando per quella scelta suicida di non rinnovare per tempo con Fantinelli di cui s'è parlato prima. Tutto il resto è figlio di una strategia che col tempo è stata più deleteria di quella dello Heer nella doppia campagna di Russia. Treviso s'è dissanguata sul mercato per prendere un play americano che play non è e che non dava certezze di tenuta tecnica e fisica; ha confermato un 4 condizionante al massimo, non difensore, già conosciuto dall'attuale head coach che non a caso era stato il fautore del suo allontanamento da Reggio Emilia; ha scommesso pesantemente sul rientro dell'unico regista italiano di vaglia rimasto, fermato dal primo serio infortunio della carriera, sperando (al di là delle dichiarazioni di facciata) che potesse essere l'arma decisiva del girone di ritorno.

Invece gli azzardi sono stati un disastro dietro l'altro. Fa quasi pietà vedere un cavallo di razza come Burnett scalpitare perché costretto ad agire da play o un ammirevole Imbrò salire di tono ma restare perennemente a corto di un centesimo per fare la rimpianta lira. Treviso oggi è questa: qualche equivoco tattico, alcuni lottatori non sempre fortunati, talenti puri ma spremuti. Una coperta corta che non sempre può bastare a coprire il letto di Menetti che, bontà sua, ha l'onestà di ammettere che manca qualcosa. Cosa? Il sogno di ogni staff tecnico: un play-guardia che gestisca i possessi, aiuti in marcatura ed a rimbalzo, dia fiato ai compagni, spinga la transizione, sappia giocare a difesa schierata ma anche a tutto campo, si prenda tiri e, alla bisogna, porti borracce ed asciugamani ed aiuti Ciccio Mineo a mettere in ordine palestra e palasport. Dite che sia troppo? Forse avete ragione. 

Questa è la De' Longhi attuale, prendere o lasciare. Poi magari domani capiterà un colpo di culo da far rabbrividire Catellani, Calboni e lo stesso coglionazzo Fantozzi: non un triplo filotto reale ritornato con pallino ma la firma di un fuoriclasse capace di svoltare da solo la stagione. L'ultimo della specie visto a Treviso fu il compianto Big O Woolridge che prese il posto del non irresistibile Ken Barlow: altri tempi, altri ruoli, altra pallacanestro. Ma la speranza in un miracolo bis è l'ultima a morire.

Pagelle (volutamente light):

Sgorbati sv
Cinciarini 7,5
Mancinelli 6,5
Benevelli 7,5
Leunen 7
Venuto 6
Rosselli 7
Fantinelli 6
Pini 5
Hasbrouck 5
Martino 8

Tessitori 6
Burnett 5
Sarto sv
Alviti 6
Antonutti 4
Imbrò 7
Epifani sv
Chillo 4
Uglietti 5
Lombardi 6
Menetti 6

Quintetto ideale: Imbrò, Cinciarini, Rosselli, Benevelli, Leunen


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