domenica 17 dicembre 2023

Viva Franco Battiato!

Omaggio sin dal titolo di questo intervento il Maestro, colui che ci fece sognare e volare con musica e parole, bardo dell'esoterismo sonoro e della ricerca filosofica elevata ad arte. Forse una delle poche personalità capaci di sbeffeggiare le dittature anche dopo la morte: forse pochi di voi sanno che in Spagna per tanti anni i graffiti sui muri dei nostralgici del Caudillo venivano appositamente corretti sempre a colpi di bomboletta spray con il cognome Battiato. Il Maestro, conosciutissimo anche in terra iberica, era tale anche per questa capacità di generare legioni di fans ovunque e per stimolare una creatività mai banale. Non è un caso, credo, che nelle ultime settimane una delle sue hit più conosciute sia tornata alla ribalta anche grazie ad una fiction di Sky che mi ha catturato per la sua combinazione tra spirito guascone, disincanto, disperata ricerca degli affetti e desiderio di redenzione: il quarto episodio di "Non ci resta che il crimine" vede infatti Claudio (Giampaolo Morelli) declamare come versi aulici le strofe di "Centro di gravità permanente" per convincere una platea di vecchi tromboni fascisti e avanguardisti dal manganello facile, tutti adunati a tavola nell'Italia precedente il tentativo di golpe di Borghese. L'ennesimo sberleffo postumo (o ex ante, visto il periodo) di Battiato e dei suoi testi.

Con "Centro di gravità permanente" però potremmo anche ribattezzare la prova di Pauly Paulicap contro Trento. Prima però chiariamone i contorni: due squadre, e fin qui tutto bene come diceva il regista Mathieu Kassovitz. Solo che una si presenta all'appuntamento al gran completo, con rotazioni talmente profonde da valutare positivamente nelle ultime settimane il bimbo prodigio Niang (prestito Fortitudo...) e da escludere dalle stesse il prodotto fatto in casa Conti. L'altra giunge alla partita reduce da una settimana come non se ne vedevano da fine gennaio 2022, pieno periodo Covid-bis. Ve la ricordate, la partita a Pesaro del 30 gennaio 2022? Sei senior arruolabili più una pattuglia di juniores comprendente gli allora minorenni Leo Faggian, Enrico Tadiotto ed Alberto Pellizzari - più Enrico Vettori, oggi alla Rucker SanVe. Alla Vitrifrigo Arena con 45 minuti di zona (già, servì un supplementare...) e una prestazione da applausi arrivò l'ultima vera e convincente vittoria della Nutribullet targata Max Menetti che di lì a poco, complici l'infortunio di Jurkatamm ed il deteriorarsi degli equilibri interni, sarebbe implosa sino a precipitare verso le posizioni a rischio in classifica. Faggian e Tadiotto sono ancora a Treviso ed ora hanno delle chances di giocare: contro Trento hanno avuto minuti veri e nel complesso non hanno demeritato, dopo una settimana da tregenda con infortunati cronici e letti dell'infermeria biancoceleste riempiti dalla solita influenza.

Chi ha stupito ed in assoluto positivo è stato Paulicap. Non solo per i 19 rimbalzi che sono record stagionale in LBA - sì, ok, Mark Landesberger della Lotus Montecatini resta irraggiungibile nella classifica all time, ma quella era pur sempre A2. Vi regalo un dato: l'OER del ragazzo di origini haitiane è stato di 1,300. Sapete cos'è l'OER? Ok, ve lo spiego: è una voce statistica che calcola l'efficienza offensiva di un giocatore ossia quanto è utile in attacco alla propria squadra in base ai possessi da lui stesso sfruttati. Dan Peterson che dell'OER ha fatto una vera e propria filosofia tecnica ha sempre ribadito come il quoziente sia premiante se è sopra la cifra netta ossia da 1,000 in su. Contro la Trento di Biligha e Cooke ma anche di Grazulis e Udom, Paulicap ha avuto un OER di 1,300; meglio di lui nell'occasione ha fatto Terry Allen con 1,600. Nella speciale classifica, tolto Olisevicius che ha un numero di partite bassissimo finora (tre, con un OER di 1,066), Paulicap è il secondo miglior attaccante per possesso del quintetto base sempre dietro Allen. Qualcosa vorrà pur dire.

Se non vi basta, aggiungo qualche considerazione sparsa relativa sempre al match contro Trento. In cui Paulicap ha giocato più minuti di tutti (36), addirittura adattandosi al ruolo dell'ala grande che non è esattamente il suo mestiere. Quando ha fatto coppia con Camara ha faticato a coprire tutta l'area per una questione di automatismi e per una brutta tendenza del ragazzone senegalese a distarsi nel momento più importante dell'azione difensiva. Eppure Paulicap ha chiuso con +35 di valutazione quando l'intero pacchetto lunghi dell'Aquila ha fatto +36. E il suo +/- è il secondo migliore di tutta TvB (+9) dietro Robinson (+11). Ecco, proprio l'arrivo di Robinson è uno dei segreti di Pulcinella della nuova valorizzazione di Paulicap: più palloni giocabili, maggiore intesa, tanta difesa in rotazione ed adeguamento. L'ex Pesaro sarà anche piccoletto però usa la stazza per compensare, evitando quelle facili percussioni verso l'area favorite dal suo scellerato predecessore che invece non reggeva un 1vs1 nemmeno a pregarlo. E che sul fronte opposto ormai si era intestardito nel non voler più far circolare la palla, peccato mortale per una squadra pensata proprio per favorire i movimenti offensivi dovuti ai ribaltamenti di lato. Con Robinson (e Olisevicius) si sono visti adeguamenti di cui si era quasi persa memoria, si è assistito al ritorno di una pallacanestro autentica, si è riscoperto Bowman come agente speciale offensivo. E di tutto ciò Paulicap ha beneficiato alla grande. Alla faccia di qualche assai presunto esperto che si è incaponito da settimane nel mantra "serve un pivot", senza sapere evidentemente che il suddetto centrone se privo di rifornimenti di palloni in post è utile quanto il due di Coppe quando a briscola c'è l'asso di Bastoni.

Per chiudere, due considerazioni su Faggian e Camara, posto che Enrico Tadiotto merita solo applausi. Leo e Gora sono passati dal "non entrato" di Cremona a rispettivamente 28 minuti (con quintetto base) e 11 minuti. Sì, ok, potenza delle assenze. Ma se non sapete per quale motivo coach Vitucci li abbia in precedenza messi ai margini delle rotazioni, ve lo dico io: questione di impegno. La vecchia regola sempre in voga è che gioca chi si sbatte, chi si fa un mazzo gigante, chi non risparmia una goccia di sudore. Faggian e Camara sono giovani e hanno l'obbligo assoluto di non accontentarsi, di lavorare sodo per migliorare: il primo perché è patrimonio della società che gli ha aperto credito con un contratto pluriennale; il secondo perché la Virtus lo ha mandato in prestito proprio perché abbia la teorica possibilità di maturare. Ma se entrambi non si applicano abbastanza, non si può pretendere che il capoallenatore gli conceda minuti per questioni d'età o per formazione italiana. Quindi per entrambi vale il solito motto: culo basso e lavorare, ché la strada è ancora tanto lunga.


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