domenica 3 dicembre 2023

Lituania, terra di basket

Pierluigi Collina, noto ex arbitro di calcio con simpatie cestistiche nemmeno troppo segrete (è tifoso Fortitudo), lo ha rivelato in tempi non sospetti: in Lituania la vera religione laica è la pallacanestro. "Lì persino i ragazzi che praticano il calcio finiscono per giocare a basket nei tempi morti", disse una ventina d'anni fa in una intervista. In fondo è la classica scoperta dell'acqua calda: gli Stati baltici sono una delle terre felici per lo sport inventato da James Naismith e, salvo rare eccezioni, i giocatori provenienti da quell'area sono solitamente molto tosti, molto determinati, maniaci del lavoro in palestra e capaci di spendere ogni stilla d'energia senza lamentarsi di alcunché. Lo si sa bene anche a Treviso dove sono passati Siskauskas, Motiejunas, Sorokas, Jurkatamm (difensore eccellente, bisognoso solo di allenatori che credano in lui) e - vabbè! - pure un imberbe Ernsts Kalve ed un dimenticabile Tomas Dimsa. Quindi se qualcuno tra voi che leggete il blog oggi si stupisce del rendimento dell'ultimo della specie arrivato nella Marca, ossia Osvaldas Olisevicius, ebbene questo qualcuno è pregato di scendere al più presto dalla pianta e di aprire gli occhi.

Già a Pesaro una settimana fa l'ex Reggiana era risultato il meno peggio dei suoi, in una gara da marasma mentale prima che tecnico. Un caso? No. Perché un giocatore intelligente tende sempre ad emergere per la propria capacità di esaltare le doti di tutti, non solo le proprie. Lo ha ammesso anche coach Frank Vitucci: Olisevicius ha questo grande pregio, una dote da non sottovalutare perché si riverbera su tutto l'ensemble. E vi pare poco? Allora lasciate che vi riassuma la sua partita odierna: 15 punti, 5 rimbalzi difensivi, 6 assist (miglior dato di squadra), 17 di valutazione, +34(!) di plus/minus. Bastano queste cifre? No? E allora ecco il resto: capacità di giocare lontano dalla palla ad altissimo coefficiente di utilità, possibilità di evoluire da 4 tattico in quintetti piccolissimi, difesa eccellente su almeno tre se non quattro tipologie di avversari, fisico da lottatore vero. "Non è che in estate non avessimo pensato a lui", ha aggiunto Vitucci facendo capire tre cose: che un elemento così è preziosissimo; che in estate si è commesso un grosso errore di valutazione; che occorre un minimo di coraggio anche nello spendere cifre pesanti se si vogliono avere dei risultati.

Dove sarebbe la Nutribullet con un Olisevicius in più nel motore da inizio stagione regolare? E con un play vero, ancorché in ritardo di condizione quale Justin Robinson? Azzardo che con questi due al posto della coppia salutata mercoledì, la squadra oggi non avrebbe solo due punti in classifica ma almeno 6 o 8. Non tantissimi ma nemmeno da penultimo posto. Invece in estate sono state compiute altre scelte, tafazziane nel complesso. Perché Deishuan Booker non è un play da campionato italiano, è un giocatore che pensa prima a segnare e poi (forse, eventualmente) ad innescare i compagni. Perché James Young III è il clone più basso e molto sovrappeso di Dermarr Johnson, ossia il classico tiratore ex NBA con la testa mancante di materia grigia ed una paurosa tendenza a giocare solamente per sé. Sapete come ha approcciato quest'ultimo il bimestre varesino? Con 5 punti, 2/7 in azione, -3 di valutazione commettendo pure cinque falli in 18 minuti. Un buco nero insomma. O forse una polpetta avvelenata gentilmente servita da Treviso sul piatto di una prossima diretta concorrente per la lotta-salvezza.

Lotta salvezza che, a proposito, è appena cominciata. E che sarà dura, durissima. Perché le due neopromosse sono quadrate, toste, cazzute, determinate. Pistoia batte Napoli giocando senza Varnado, con Hawkins che si scaviglia e con la riscossa guidata da Gianluca Della Rosa, capitano locale, guardia-play di 1.80m che gioca di puro agonismo e che dà l'esempio. "Lui è il nostro punto di riferimento già in allenamento, anche per gli americani che lo vedono tuffarsi su ogni pallone", dice coach Brienza. E se poi in partita piazza una serie di triple assurde, compresa una da metà campo, sfido chiunque a dire che Pistoia non abbia carattere. Cremona poi è ancora una volta l'esempio di come i budget faraonici servano a pochino se non si sa come spendere quei soldi. Una squadra fatta da esordienti assoluti in LBA (Denegri e Piccoli tra gli italiani), bocciati eccellenti (Eboua, Adrian), condotta da un allenatore due volte trombato in carriera nei precedenti al massimo livello - Cavina fu esonerato a Roseto e Sassari. Eppure la Vanoli è lì, a metà classifica, e si gode un basket concreto ed a tratti pure bello. Altro che la Milano di Ettore Messina che è sempre più il caso negativo dell'anno e che rischia seriamente di mancare l'approdo alle Finali di Coppa Italia. Ma questa è un'altra storia ed un giorno magari ne parleremo.

Chiudo con qualche riflessione:

  1. Coach Dragan Sakota ha accettato la missione quasi impossibile di salvare sul campo una Brindisi costruita male, pensata peggio e pure bersagliata dagli infortuni. Magari la vittoria di una settimana fa contro una Virtus in debito d'ossigeno dopo le fatiche d'Eurolega poteva aver illuso qualcuno in Puglia. Mi dispiace invece che il tecnico serbo non abbia capito qualcosa di semplicissimo ossia che, se è vero che l'allenatore ospite ha diritto di parola per primo in conferenza post partita, tale diritto non equivalga ad un privilegio. Dopo oltre dieci minuti d'attesa e con giocatori desiderosi di farsi una doccia calda per evitare anche dei malanni, Sakota ancora non si era presentato ai microfoni. E quando l'ha fatto, per prima cosa ha invocato un "rispetto" che gli è sicuramente dovuto per il ruolo ma che non può essere preteso come garanzia assoluta. Perché in fondo anche un allenatore che tarda alle interviste manca di rispetto verso qualcuno ossia la stampa, che è in attesa di poter compiere il proprio lavoro.
  2. Rivedere in campo Achille Polonara, anche se calvo e con la fascetta, è un qualcosa di meraviglioso. Compresa la tripla infilata negli ultimi minuti di Virtus-Derthona. Sarà pure colpa della memoria di un passato che non vuole andarsene dalla mia mente, ma non sono ancora riuscito a dimenticare quanto avvenne al dolce e sfortunato Paolone Barlera, che vestì la stessa maglia e fu portato via ancora ragazzo da quella bastarda della malattia. Achille è tornato dall'abisso del male, dalla paura di non farcela, dai dubbi legati all'operazione oltre che ai tempi ed alle modalità di recupero. Riaverlo sul parquet è una vittoria per tutta l'Italia del basket.
  3. Siccome c'è chi continua a ripetere pappagallescamente che Treviso ha bisogno di un centro, vorrei spendere due parole su Derek Cooke. Sì, lui, il centro puro che più puro non ce n'è, che un anno fa era abbonato al peggior voto in pagella in una Nutribullet che viveva e moriva dell'estro del singolo e non del gioco collettivo. A Trento Cooke agisce da 5 difensivo, con compiti di protezione dell'area e con zero giochi offensivi. Se segna, è per occasionali scarichi nel pitturato o su rimbalzo offensivo. Però con Cooke a coprire le spalle ad un pivot offensivo come Paul Biligha (e senza ali piccole stante il forfait di Alviti e Stephens), l'Aquila vola e ha triturato una Venezia sempre più brutta e sempre meno solida. Dimostrazione di come un pivot da solo non risolva nulla e di come sia necessario avere delle guardie capaci di trattare la palla - Prentiss Hubb ad esempio - per ottenere risultati dai lunghi.
  4. E visto che ci siamo, due paroline su certi presunti esperti e soloni. Gente che capisce pochino di basket (altrimenti non si spiegherebbe il tormentone "serve un centro!") e che non perde occasione per sfruttare l'ampio accesso alla rete internet per sparare sentenze a casaccio. Compreso quanto scritto in questo blog, talvolta definito come "sbrodolate". A lorsignori ricordo come l'esercizio della lettura non sia obbligatorio ma facoltativo, per cui se non gli comoda quanto viene espresso qua dentro possono benissimo fare a meno di leggere e poi di commentare. D'altronde, se non capiscono concetti basilari quali l'importanza della circolazione di palla o dell'aiuto delle guardie tanto in difesa quanto nella costruzione del gioco, come possono permettersi di disquisire dei contenuti di questo spazio virtuale? Per loro vale sempre la massima di Sergio Tavcar: "Il basket è uno sport logico per gente intelligente. Se non ci arrivi, lascia perdere".

(photo credit: Gregolin per Treviso Basket)

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