sabato 15 aprile 2023

Contratti, firme, lodi, sentenze e burocrazia

Non riesco proprio a stracciarmi le vesti. Ci ho provato ma nulla, il moto di sdegnoso furore che teoricamente dovrebbe pervadermi dopo la sentenza che ha sottratto la Pallacanestro Varese da un comodissima e meritatissima zona playoff ad una cupa ultima posizione non provoca effetti in me. Sarà che col tempo sono diventato eccessivamente freddo e cinico, sarà l'esperienza che mi ha reso critico ed attento ai vari segnali, eppure non riesco ad unirmi al coro di colleghi e addetti ai lavori che da qualche giorno intonano peana e lamentano una presunta ingiustizia.

Chiariamoci: togliere 16 punti in classifica ad una squadra che sul campo ha meritato di giocare i playoff è antipatico. Ma se quella squadra è espressione di un club che ha commesso un tragico errore o (peggio) ha omesso volutamente di denunciare un contenzioso in atto con un ex tesserato, allora è tutto un altro paio di maniche. Perché quel che di rado si calcola nella vicenda varesina è il fatto che non si sia certo trattato di un fulmine a ciel sereno: la lite con Milenko Tepic per quel contratto firmato e poi stracciato prosegue da parecchio, complicata dalla natura di scrittura privata che ha rallentato i tempi di accertamento anche da parte del tribunale ginevrino della FIBA. L'intera questione mi ricorda un po' quanto avvenne a Capo d'Orlando nel 2008: l'omissione della denuncia di una cartella esattoriale contestata in bilancio, il rilievo da parte degli organismi federali, la sentenza (amarissima) e la sequela di ricorsi che non ha portato a nulla di concreto - beffa delle beffe, solamente anni dopo la vertenza fiscale si chiuse con un verdetto favorevole alla ormai defunta e ripartita realtà paladina.

Chi ha sbagliato ed a fare cosa? Una bella fetta di responsabilità ce l'hanno i dirigenti che la scorsa estate, depositando la richiesta di Pallacanestro Varese di iscriversi al campionato LBA 2022-23, non hanno segnalato la lite in corso. Sarebbe cambiato qualcosa? Certo: innanzitutto Federazione e FIBA avrebbero chiesto a Varese di depositare una piccola fidejussione accessoria a copertura dell'eventuale verdetto soccombente (poca roba, diciamocelo), ma soprattutto non ci sarebbero stati blocchi del mercato ad annata sportiva in corso, non si sarebbe avvertito il bisogno di controlli ulteriori ed oggi la squadra di Matt Brase sarebbe al suo legittimo posto, quinta in graduatoria e con dei playoff tutti da godere e da giocare. Invece per una dimenticanza o una omissione (che sia voluta o meno, poco conta), il quadro è drasticamente mutato.

Chissà, forse è vero che la dirigenza varesina in fondo sapesse di aver sbagliato ma che fino a qualche giorno fa pensasse che il tutto si sarebbe risolto con una multa pecuniaria, al limite un punto di penalità o la squalifica per qualche mese di qualche manager. Forse è vero che nessuno si aspettasse la mano pesante della giustizia sportiva - oddio, parliamone: la Procura Federale ossia la pubblica accusa aveva chiesto 24 punti di penalità; il -16 toglie i playoff ma lascia almeno una chance di salvezza. Ma tutta questa sicumera da dove deriva? Io non lo so. Quel che so è che fanno ridere certe dichiarazioni, comprese quelle che addossano l'intera vicenda a dirigenti non più facenti parte del club: "Colpite coloro i quali aprirono il contenzioso con Tepic - pare dicano attraverso i comunicati - Noi siamo arrivati dopo, non c'entriamo". Se permettete, non è così: ferma restando la responsabilità di chi il giocatore l'ha prima firmato e poi cacciato senza riconoscergli quanto pattuito, il fatto che altri dirigenti non si siano premurati di produrre un minimo di avviso sulla questione aperta rende la società colpevole anche oggi. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

Tra qualche giorno verranno depositate le motivazioni della sentenza, da lì partirà la giostra dei già annunciati ricorsi la cui strategia è già intuibile: io non c'ero, se c'ero dormivo, non è colpa mia, prendetevela con quelli di prima, non potevamo sapere che la FIBA ci avrebbe condannati. Facile anche immaginare la risposta della Corte d'appello Federale: la legge non ammette ignoranza della stessa, se si gestisce un club professionistico il minimo da fare è essere scrupolosi in ogni ambito. Personalmente spero che Varese alla fine si salvi sul campo, così da risparmiarci un'estate di carte bollate. Non mi piacerebbe dover assistere al balletto del ricorso al CONI nel pieno delle finali scudetto, o del TAR successivamente (magari a settembre) a riscrivere le classifiche ed a generare altri malumori. Immaginiamo che per ipotesi Varese retroceda a causa del -16, che perda il ricorso in appello e che vinca al CONI o che abbia riconosciuta ragione al TAR: cosa accadrebbe? Un giudice imporrebbe il reintegro del club lombardo in LBA con effetti a cascata tra cui il detestatissimo campionato dispari. E le regole che qualcuno ha dimenticato o eluso, cosa ne sarebbe di loro? Vi sarebbe la dimostrazione che tutto è fattibile, anche non denunciare un procedimento al BAT ritenendolo iniquo o viziato ben prima della pronuncia dell'arbitrato ginevrino. Una giungla. Grazie, ma io al Far West normativo preferisco una sentenza dura ma che faccia chiarezza una volta per tutte.

PS: non mi sono dimenticato del ruolo della Federazione, anzi. Mi limito ad osservare che negli ultimi 16 anni se ne sono viste di tutti i colori tra contratti dimenticati, cifre alterate col bianchetto, conteggi fatti in maniera sospetta, connivenze pericolose, scoperte tardive di scandali annunciati. Nel frattempo le piazze soffrono, i tifosi pure, alcune realtà sportive spariscono, altre si rialzano a fatica. Ma in via Vitorchiano tutto pare immobile, cristallizzato. Ed è questo ciò per cui dovremmo indignarci davvero, non per un -16 in classifica.

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