domenica 19 febbraio 2023

Passeggiando per Torino

Nell'attesa della finale di stasera, dall'esito affatto scritto, e della conferenza pomeridiana di Umberto Gandini, provo a raccontarvi cosa siano queste Final Eight 2023, quali indicazioni stiano fornendo al campionato, alle squadre, al movimento. Ed azzardo (felice di essere smentito, nel caso) alcune previsioni sui prossimi mesi, ossia sulla corsa allo scudetto e non solo.

Credo sia chiaro a tutti che ormai la Coppa Italia, al di là della propria natura di evento sportivo e di trofeo di metà stagione, sia un barometro della situazione della pallacanestro nostrana. Ebbene, l'ago dello strumento è sul "variabile", quasi a fotografare gli umori dei diversi attori presenti al PalaAlpitour - altrove, vedi evento B2B alla Nuvola Lavazza, l'indicatore è sul "sereno stabile". Il vento a favore che ha investito Brescia ad esempio ha portato serenità in casa biancoblu, dove soltanto una settimana fa si era giunti al silenzio stampa, alle voci incontrollate di tagli ed esoneri (ma ci credete? Io no), a nefaste prospettive di lotta-salvezza. L'annata della Germani è assolutamente contraddittoria ma replica quanto visto altrove, in altre realtà italiche così come in Paesi vicini, quando una società ambiziosa sottovaluta il rischio del doppio impegno, specie se si tratta di Eurocup. Credete sia tutto rose e fiori? Per chi se lo fosse dimenticato, una delle semifinaliste della scorsa edizione della seconda competizione ECA ossia Andorra è retrocessa in patria: non parlo di un club in difficoltà economiche o con scarne prospettive, mi riferisco invece ad una società piuttosto ricca, ben diretta ma che per inseguire il risultato continentale ha commesso errori nel campionato domestico. Brescia, che aveva perso in estate il vero elemento imprescindibile del meccanismo di coach Magro ossia Mitrou-Long, ha avuto sfortuna (infortuni) ma ha anche compiuto delle scelte discutibili che l'hanno portata fuori dalla zona playoff attuale eppure in finale per la coccarda. La partita di stasera potrebbe dare ulteriore consistenza alla primavera dei lombardi oppure riportare aria di crisi.

Qualche sorriso in più si nota anche in casa Virtus, ma sempre ben nascosto sotto il gel di Don Sergio o nelle pieghe perfette della giacca di patron Zanetti. La Vu Nera ha ritrovato i suoi senatori - lussuoso Shengelia, strabiliante Teodosic, concreto Hackett, chirurgico Belinelli che ha dimostrato con i fatti che per il carrello dei bolliti c'è ancora tempo - e ha triturato prima una Venezia in aperta ricostruzione tattica, poi una Tortona troppo influenzata per essere vera. E parliamo di una squadra comunque incerottata, che recupera solo parzialmente Ojeleye ma che ogni giorno deve fare la conta degli acciacchi e dei chiedenti visita. Il roster lungo aiuta - anche se Scariolo, opportunamente pungolato, risponde in maniera paracula - per cui questa Coppa Italia è anche un utile laboratorio per capire come prepararsi alle prossime volate tra Italia ed Eurolega. Non è un mistero che alla proprietà non darebbe fastidio inserire un altro trofeo in bacheca staccando le concorrenti in vetta alla speciale classifica di Coppa Italia, ma oltre al trofeo in palio c'è anche un premio invisibile ma apprezzato che si chiama concretezza.

Con Virtus e Brescia in finale, chi sicuramente non ha nessuna voglia di abbozzare non dico un sorriso ma nemmeno una smorfia è Gianni Petrucci che, neanche a farlo apposta, deve sorbire l'amaro calice di vedere le due società più detestate contendersi la Coppa. Se dalle parti di via Aldo Moro a Bologna si respira un'aria un po' più leggera e velata d'ottimismo grazie a numeri piuttosto buoni - sold out il weekend, mezzo palasport riempito nei giorni centrali della settimana - in via Vitorchiano a Roma il clima dev'essere pesantuccio. Chissà se la fresca paternità di Pozzecco ed il corteggiamento del PAO riusciranno a smorzare la tensione. Qualche tirata d'orecchi comunque la merita anche LBA: tutto bello, tutto (o quasi) a posto, ma trovo imbarazzante che al venerdì passeggiando per piazza Castello o piazza San Carlo in pieno centro di Torino si vedano ai lampioni i banner svolazzanti dell'evento di scherma del weekend precedente all'Isozaki. Bella l'idea della multimedialità, della proiezione notturna sulla Mole, degli eventi di contorno, ma è grave che nessun tassista con cui abbia parlato sinora sappia che in città vi sia un grande evento del genere. Appunti per la prossima edizione della kermesse, ovunque si faccia: banner ai lampioni ovunque, alleanze strategiche non solo con Camera di Commercio e Comune ma con i trasporti elementari (bus, tram, taxi). Poi il resto va benissimo, la campagna di sostenibilità ambientale è un bel risultato ed il coinvolgimento delle scuole scalda il cuore. Ma c'è ancora tanto da lavorare.

A proposito di lavoro. Sono rimasto stupito da alcune fragorose assenze al già citato evento B2B, che poi in fondo è una scopiazzatura dei cari vecchi speed date che si facevano una volta o dei semplici eventi fieristici. Immagino che i ragazzi di Infront abbiano sbirciato tra gli incontri effettuati dai vari consorzi presenti in Serie A per mettere in piedi un meeting bello nella forma e nei contenuti. Posso solo immaginare però l'imbarazzo dei padroni di casa di Lavazza nel dover issare al soffitto del proprio spazio interno il bandierone recante il main sponsor/proprietario della Virtus: quasi come dover accogliere in casa in piena consapevolezza ma facendo buon viso a cattivo gioco l'amante della propria consorte. Un plauso dunque va a chi riesce persino a superare questi aspetti delicati, dimostrando un gran bel pelo sullo stomaco oltre ad altre indubbie capacità manageriali.

Tornando al basket, qualcosa sulle semifinaliste ho già detto. Tortona aveva altre ambizioni, altri appetiti ma ci si è messo di mezzo il virus: prima Daum a mezzo servizio, poi Radosevic fuori e Macura senza gambe. Contro Bologna Ramondino avrebbe voluto più freschezza per provare almeno a correre per non dover accettare l'impossibile sfida sul piano fisico. Di certo si è confermata la sfiga della scelta di utilizzare una divisa diversa dal campionato (la City Edition di prestagione di Erreà, completata da un sopramaglia rosa già visto in passato): la tradizione nefasta colpisce ancora, confermata da Venezia, anch'essa in molto oro e poco granata ma con risultati negativi sul piano del gioco più che su quello cromatico. Il gioco di Spahija ancora non c'è e ci si chiede se mai si vedrà, stante l'indolenza di Watt e la tendenza di Willis a commettere qualche fallo di troppo. Il tecnico croato ha invocato il beneficio di una percentuale bassissima al tiro da 3 ma i problemi di questa Umana non si possono dire risolti con l'esonero di De Raffaele né con l'arrivo di un nuovo americano. Sono bastati sei minuti di difesa dura in area della Virtus e tre minuti di show offensivo orchestrato da Teodosic per dimostrare le difficoltà lagunari, acuite forse dalla scelta di non sfruttare appieno le rotazioni.

Tante, tantissime e furenti polemiche da Pesaro. Con un po' di ragione, occorre dirlo: l'arbitraggio della semifinale contro Brescia è stato di livello infimo, indegno persino di un campetto delle minors. Un antisportivo netto a favore che diventa fallo tecnico a Repesa che lo invoca; un altro tecnico con annessa espulsione per l'allenatore che non ha capito nessuno, nemmeno la tribuna stampa; una rimessa da lato invertita e raddrizzata solo dopo conciliabolo tra i fischietti; diverso metro nella valutazione dei contatti: tutti esempi di pessima gestione di una partita in prime time televisiva e che dovrebbe costituire un biglietto da visita per il movimento. Persino il pubblico torinese, neutrale dopo l'uscita di Tortona, ha fischiato sonoramente le decisioni arbitrali a corollario di una serata da incubo. Non mi aspetto rivoluzioni o punizioni, semmai spero che si inizi davvero ad investire sulla formazione delle nuove leve - a proposito, qualcuno sa perché non sia stata convocata Silvia Marziali, nemmeno per i quarti di finale? Se non si danno opportunità ai giovani in queste manifestazioni, quando si pensa di farlo?

Chiudiamo con qualche considerazione su tutto il resto. Lasciamo stare Trento che fa quel che può con quel che ha (e auguri per la caviglia di Spagnolo) o Varese il cui caos tattico per una volta non paga e parliamo di Milano. Ripensavo proprio alla figuraccia dell'Olimpia mentre mi recavo in piazza della Consolata per gustare il tradizionale Bicerin: niente Supercoppa, con un piede e mezzo fuori dai playoff di Eurolega, eliminata al piatto in Coppa Italia... risultati orripilanti che non ripagano il budget da prima della classe e che dovrebbero indurre in riflessione parecchia gente sotto la Madunina. La gestione delle risorse umane è divenuta un mezzo caso così come le scelte di mercato, tanto in estate quanto in corsa. Comincio a sospettare che troppi anni di assistentato NBA abbiano condizionato Ettore Messina, disabituato ai ritmi europei e soprattutto a regole differenti in tema di porte girevoli e di partite ad alta importanza. Di là dall'ampia pozza è possibile ruotare a più non posso, consci della scarsa importanza del 75% delle partite di stagione regolare; qui bastano un paio di distrazioni o di errori nelle valutazioni e si può compromettere una stagione. Mi pare chiaro che per salvare le apparenze oltre che l'annata, Milano dovrà inseguire la conferma tricolore, ultima chiamata per non dichiarare fallimentare il 2022-23. E ci sarà da combattere pure contro la cabala: da quando è tornata a cucirsi il tricolore sul petto, l'Olimpia ha sempre centrato l'obiettivo in anni pari (2014, 2016, 2018, 2022) mancando però la conferma subito dopo. Chi è scaramantico è ovviamente autorizzato a fare gli scongiuri. Io intanto vado a farmi una passeggiata per poi gustare un piatto di Plin in attesa degli ultimi fuochi al PalaAlpitour.

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