Allungate la graduatoria, piantate una nuova bandierina sulla cartina geografica: Brescia ce l'ha fatta. Di più: la Germani si è iscritta di diritto al ristrettissimo club delle squadre capaci di risalire la china dall'ultimo posto in griglia e di conquistare il trofeo, eliminando strada facendo compagini teoricamente più attrezzate, più forti o semplicemente meglio piazzate. La serata di ieri ha incoronato capitan Moss e compagni, scatenando la gioia incontenibile del patron Ferrari che finalmente ha visto premiati i propri lauti investimenti, ma anche di Amedeo Della Valle nelle vesti di (quasi) profeta in patria, lui piemontese figlio di una bandiera della vecchia Auxilium e capace di superare il babbo in una piazza che ha dimostrato di amarlo. E mi domando quanto vorrebbero i torinesi non solo riavere una squadra in Serie A - brucia ancora il fallimento del 2019 - quanto piuttosto vedere l'attuale Basket Torino guidata da un giocatore del genere. Sogni mostruosamente proibiti forse, mentre è molto probabile che tra un anno ci si riveda tutti sotto la Mole: lo ha confermato il presidente Gandini pur parlando in politichese, il dialogo tra le parti proseguirà con la città e la Regione oltre agli enti locali che hanno sfruttato al massimo la vetrina e che hanno necessità di riempire quel meraviglioso contenitore che è il PalaIsozaki/Olimpico/Alpitour/come lo volete chiamare.
Qualcuno magari storcerà il naso, dicendo che Torino è distante, scomoda(?!), con scarsa tradizione(???), priva di una squadra locale. I numeri dicono il contrario. Quindi un plauso va fatto al presidente Gandini che ieri pomeriggio era gongolante mentre snocciolava i freddi numeri del successo: record su record su record, ed è un bene. Aspetto da non tralasciare, tutto ciò non preclude alla possibilità di ulteriori miglioramenti: il margine su cui lavorare è quello delle giornate iniziali dove, complice il collocamento a metà settimana e l'incertezza sulla partecipazione, l'impianto di gioco è mezzo vuoto. In passato accadeva anche di peggio, va detto, ma non ci si può né ci si deve accontentare di 6mila e spiccioli spettatori se si può disporre di una capienza doppia. Semmai si possono considerare quei numeri come una base di partenza per il 2024, al pari di ulteriori occasioni di coinvolgimento. Butto lì una proposta-provocazione: perché non organizzare dei 5vs5 o 3vs3 nei campi di contorno tra tifosi delle varie squadre qualificate o tra gli staff societari, oppure coinvolgendo le vecchie glorie (avvistati Sartori, Iacopini, Riccio Ragazzi, Galanda, Myers e molti altri) o i giornalisti accreditati?
In un precedente post in questo blog ho espresso già le poche critiche all'organizzazione delle Final Eight. Ne aggiungo una, estremamente costruttiva: al venerdì, giorno di pausa deciso per non sovraccaricare le squadre, il centro storico era invaso da turisti ed anche addetti ai lavori, quindi si potrebbe tranquillamente pensare a delle occasioni di incontro o di confronto o di promozione del prodotto. Qualora fosse ancora Torino, la Mole Antonelliana potrebbe essere coinvolta non solo con la proiezione notturna sulla superficie esterna ma ospitando magari una rassegna a tema (film sulla pallacanestro non mancano); oppure sarebbe interessante realizzare un percorso di scoperta della città e dei suoi luoghi simbolo attraverso una serie di convenzioni tra mobilità e percorsi studiati appositamente; o ancora, ideare una sorta di "basket passport" che consenta al tifoso di ottenere agevolazioni agli ingressi ai musei cittadini per vivere non uno o due ma cinque giorni di Finale Eight. Sono idee, queste che ho appena abbozzato, che sorgono da semplici osservazioni raccolte qua e là, passeggiando sotto i portici, respirando l'atmosfera sabauda o verificando come non solo noi giornalisti ma anche dei giocatori professionisti abbiano sfruttato il main sponsor di queste F8 per rientrare alla base - vi scrivo da un Frecciarossa in direzione Bologna, seduto a un posto di distanza da Riccardo Visconti che sta tornando a Pesaro.
Passiamo alle pagelle, ché altrimenti tra un po' mi mandate tutti a quel paese:
VOTO 10 a Brescia. E non dovrei nemmeno dirvi il perché. Coach Magro era arrivato a Torino inseguito da malumori, mal di pancia, sussurri malevoli, voci fuori controllo. Dicevano che la sua squadra fosse morta, stravolta, irrecuperabile, condizionata dai troppi errori tra estate ed autunno. Quando però conta davvero, la bravura di un allenatore riemerge prepotente. E si è visto: nei quarti ha fatto fuori Milano con una prestazione da clinic, in semifinale ha scatenato la forza bruta dei suoi per far perdere la bussola a Pesaro, in finale ha tolto a Shengelia la linea di fondo per 25 minuti e mandato fuori giri Teodosic resistendo ai tentativi virtussini di rimonta. Giù il cappello.
VOTO 9 alla Legabasket. Il lavoro è stato ottimo, a tratti eccellente e non era scontato. Soprattutto perché si trattava di ripartire dopo l'edizione 2021 a porte chiuse e quella 2022 con la riapertura parziale in extremis. Zero problemi o criticità, soluzioni pronte per ogni occasione, coordinazione massima di uno staff esemplare. Lasciatemi spendere due parole per Maurizio Bezzecchi che, pur provato da un fastidioso malessere di stagione, non si è mai negato né ha respinto una richiesta. Ed un 9 come voto meritano anche i ragazzi di Infront, bravissimi ad accompagnare la dimensione sportiva con quella business poiché in uno sport professionistico non solo di nome è fondamentale promuovere gli affari e gli interessi di chi finanzia i club e dunque anche il movimento.
VOTO 8 alla Virtus Bologna. Un numero che è anche una sorta di maledizione: condannata a restare a 8 Coppe Italia vinte (come Milano e la Pall. Treviso) anche dalla prestazione di un numero 8 (Della Valle) che pure era stato accostato alla Vu Nera nei sussurri dell'ultimo mercato estivo. Con i soliti problemi di forma fisica dei suoi, coach Scariolo ha fatto il possibile ma l'impressione è che in finale alcuni senatori fossero in debito d'ossigeno o che qualcuno avesse la testa da un'altra parte. D'altronde Teodosic è apparso nervoso ed indolente sin dal riscaldamento, non un bel segnale in generale. Esce con un bel 8 dal PalaAlpitour anche Marco Belinelli che avrebbe preferito vincere ma che almeno ha dimostrato con i fatti che le storielle sui carrelli dei bolliti sono da riservare alle migliori trattorie di Bologna.
VOTO 7 a Pesaro e Tortona. Osservando gli scarti dei punteggi delle semifinali potreste domandarvi perché riservi un voto tutto sommato alto a queste due squadre. Presto detto: i marchigiani sono stati sfavillanti al primo giorno e hanno combattuto contro mira sballata, espulsione incomprensibile del proprio allenatore e primo terminale spuntato (Abdur-Rahkman, che da quando ha cambiato agenzia non ne ha imbroccata una). I piemontesi erano tra i favoriti ma non potevano mettere in conto la sfortuna manifestatasi sotto forma virale: non Covid ma classica influenza che ha colpito mezza squadra e condizionato pure il bravissimo Marco Ramondino. Al netto di ciò, il Derthona resta una certezza per le zone alte della classifica e conferma il proprio percorso di consolidamento che porterà l'anno prossimo i bianconeri in Eurocup - contratto già firmato, ufficialità a giugno.
VOTO 6 a Trento e Varese. Lele Molin ha commesso un errore nel finale contro Tortona ma ciò non toglie che con una squadra acciaccata e con rotazioni corte, divenute drammatiche dopo l'infortunio di Spagnolo, sia riuscito ugualmente a riportarsi a contatto nel momento topico spaventando i più quotati avversari. Matt Brase invece deve aver capito che il suo smallball esasperato condito dal caos convulso dei ritmi indiavolati che predilige non può funzionare sempre, specie se ci si scontra contro un tecnico come Jasmin Repesa che in carriera ne ha viste di tutti i colori.
VOTO 5 a Venezia che forse sperava in qualcosa di meglio dopo l'incoraggiante debutto di Spahija in campionato. Invece la Reyer ha sempre gli stessi problemi: lunghi che difendono poco e male, assenza di guardie che possano attaccare il ferro mettendo palla a terra, eccessiva dipendenza dal tiro da 3. Il tecnico croato lo ha detto, questa non è la sua pallacanestro: però ha scelto lui di accettare la proposta dei lagunari quindi non è pensabile che fosse all'oscuro delle amnesie di Watt o della monodimensionalità di Spissu e Granger. Parks in compenso sta dando ottimi segnali ed è ad oggi il giocatore che più e meglio si può integrare in un sistema di gioco come quello prediletto dall'allenatore ex Baskonia.
VOTO 4 agli arbitri. Il disastro della semifinale Pesaro-Brescia è stato imbarazzante, ancor di più perché avvenuto in diretta televisiva nazionale su un canale mainstream. Che la categoria stai facendo fatica nel ricambio tra i pochi senatori rimasti ed i pochi giovani emergenti credo sia evidente. Occorre non solo investire in formazione e qualità ma anche credere nei direttori di gara che, seppur ancora non dotati di ampia esperienza in Serie A, dimostrano di essere ben calati nella realtà e di saper gestire le partite con freddezza e professionalità. Soprattutto, senza quel protagonismo che diviene deleterio e che mortifica il gioco.
VOTO 3 a Milano. Budget clamoroso, obiettivi stagionali saltati come birilli del bowling, uno dopo l'altro. Il ko contro Brescia è solo l'ultima delle disgrazie di una stagione nata male. Facile ora rimpiangere Rodriguez ed ammettere di aver sbagliato tutto con Pangos e Mitrou-Long, sempre rotti. Ma ci sarebbero anche Thomas che non gioca, Voigtmann in rottura, Davies indolente, Tonut scomparso (e Alviti che nemmeno si sa se possa tornare a giocare dopo tanta perniciosa inattività). Queste scelte sono state compiute da un unico plenipotenziario che gode di piena fiducia dalla proprietà ed è dunque intoccabile nonostante i risultati siano assai modesti per non dire deludenti. Solo uno scudetto ad oggi lontano potrebbe addolcire l'amara medicina.
VOTO 2 a chi non è venuto a Torino. Gli assenti hanno sempre e solo torto.
VOTO 1 all'assenza di servizi igienici nei sotterranei del palasport: noi giornalisti decisamente non abbiamo apprezzato.

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