Beato sia chi ancora oggi, nel 2022, può contare sul mecenate col portafogli a fisarmonica! Da mezza Italia cestistica si levano ormai grida di dolore o di aiuto o anche semplici lamentele da non sottovalutare legate a questioni di mera pecunia. Il basket è sempre costato caro, anche quando l'economia correva e i vari presidenti, sponsor e proprietari sfoggiavano sorrisi a 32 denti e fatturazioni a pioggia. Oggi, con 12 club su 16 che devono barcamenarsi con equilibri costanti di budget ed una pandemia che dimezza o azzera la voce di incassi al botteghino che vale una percentuale oscillante tra il 30 ed il 45% di entrate per ciascuna realtà, chi non ha le spalle coperte da un Armani o da un Zanetti o da un Brugnaro o da un Gavio, trema. Ed a ragione.
Ma sono parecchie le realtà che non se la passano bene. Pensate a Treviso, che ha proposto ai soci del Consorzio un aumento della quota annua per coprire il passivo lasciato da un anno di Palaverde chiuso al pubblico. Già l'impianto di Villorba è uno dei palasport più cari d'Italia come costo da sostenere a singola partita; se a questo affatto trascurabile dettaglio si somma un prolungato periodo di azzeramento del botteghino, è chiaro che il gioco si faccia sin troppo oneroso. E così si spiegano (soprattutto per chi ancora oggi si lamenta di ingaggi di medio profilo) la formula 5+5, la sostituzione dell'immaturo Casarin con l'invisibile Jurkatamm, la scelta di non inseguire le rivali che spendono senza ritegno preoccupandosi di pagare forse domani, forse dopodomani, forse chissà quando. E dire che la somma da coprire in casa TvB è di un decimo rispetto al debito della Fortitudo: bazzecole, in proporzione. Ma si sa, in Veneto si bada alla sostanza prima di inseguire qualunque chimera.
Chissà quando si tornerà ad una normalità. Intanto però mi domando cosa stia succedendo in certe piazze e dentro certi club. Perché se Treviso non spende, se Trento che pure ha l'appoggio tangibile di una ricca Provincia Autonoma ha tirato la cinghia già a luglio (difatti oggi dà spazio a quegli italiani che prima facevano numero a referto), se Trieste si guarda attorno per capire come tamponare il prossimo addio di Allianz, se Pesaro ha smesso di cercare un 4 per sostituire l'impresentabile Demetrio, se la pur ricca Brescia non sostituisce il pessimo Lee Moore perché deve ancora pagare il residuo di Luca Vitali e di Esposito, mi domando dove trovino i soldi altre realtà che pure non contano su bacini enormi o su industriali disposti ad aprire la borsa in continuazione. Mi chiedo come faccia Brindisi, che ha sì fatto qualche scommessa (sbagliata) al ribasso tipo Myles Carter ma che ora si è iscritta alla corsa per Alessandro Gentile, un giocatore difficile da imbrigliare e soprattutto con un costo notevole per chi, come la NBB, abitualmente denuncia un monte-stipendi modesto. Mi domando cosa stia avvenendo a Sassari, che sinora ha cambiato tecnico, manico in regia e un esterno, nell'anno dell'annunciato disimpegno del Cardinal Sardara e senza garanzie assolute di prosecuzione dell'attività. Vorrei sapere cosa sia successo a Reggio Emilia, che un mese e mezzo fa scontentava Artiglio Caja che chiedeva a gran voce la sostituzione di Johnson con Vene (che costa assai di più) e che oggi torna sul mercato per trovare un'alternativa al suo numero 4 titolare. E chissà quanti nuovi sponsor deve aver trovato patron Aldo Vanoli per aver regalato non uno ma due nuovi giocatori a Paolino Galbiati per provare la seconda missione impossibile di una salvezza da ultimi in graduatoria - giova ricordare che la stessa Cremona dovrebbe essere viva per miracolo, dopo il "liberi tutti" del giugno 2020 e l'iscrizione al successivo campionato formalizzata appena dodici ore prima della deadline grazie all'ingresso in società di forze fresche ma non preponderanti.
Poi magari qualcuno mi spiegherà pure le mosse di Varese che sinora ha attentato seriamente al primato della schizofrenia fortitudina facendo e disfacendo in spogliatoio, sulla panchina e dietro le scrivanie. L'apertura della compagine societaria a favore del General Scola e dello sponsor non sono bei segnali, almeno per un club che aveva puntato tutto una dozzina d'anni fa sul Consorzio e che ora vede lo stesso Consorzio ridurre la propria presenza in nome di altre questioni. Peggio ancora è il quasi totale rinnegamento del progetto tecnico estivo, col solo Beane reduce dello starting five: Egbunu e prossimamente Gentile salutati dopo delle liti, Jones che alla prima occasione se ne è andato in una squadra di Eurocup, Kell ceduto in tutta fretta a Milano contornano il licenziamento di Adriano Vertemati che aveva chiesto solo tempo e pazienza. Merce rara, troppo preziosa o forse, al contrario, valutata non sufficiente per giustificare una ricostruzione faticosa.
Faticosa come un altro rifacimento quasi totale. Quello della Fortitudo, con cui ho aperto questo post e con cui chiudo. Le dimissioni di Pavani non sono ancora rientrate ma alla luce dell'operazione con l'Agenzia delle Entrate diventano una questione cruciale: è chiaro che in un frangente così delicato la proprietà, per quanto frammentata e fumosa, non abbia voglia di cercare un altro soggetto che si faccia carico della trattativa più difficile. Già dentro la pancia della balena biancoblu ci sono sin troppe problematiche (contratto residuo di Sacchetti, Fantinelli mai disponibile, botteghino di nuovo ridotto, tifoseria in subbuglio); se a ciò si aggiunge la definizione tutta da raggiungere di un complesso accordo di rateizzazione fiscale, allora sarà bene armarsi di pazienza e di parecchie pastiglie di antiacido per digerire bocconi amari. Sperando che tutto ciò serva e che a giugno non si debba piangere l'ennesima scomparsa.
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