giovedì 1 ottobre 2020

Bollicine e caffeina

Leggo con un pizzico di curiosità della partnership annunciata stamani tra Virtus Bologna e Astoria Wines. Un rapporto singolare, per chi non comprende la dinamiche che travalicano il semplice dialogo tra azienda e società sportiva. Un filo logico, se pensiamo al core business dei due imprenditori coinvolti ed alla gestione comunicativa dell'intera faccenda.

Piccolo passo indietro. Anno 2016, la Virtus Bologna per la prima volta nella sua storia conosce l'ignominia della retrocessione in A2 - lasciamo stare le vicende di Madrigali e la ripartenza di Sabatini col fu Progresso Castelmaggiore - e si ritrova teoricamente nei guai. Dico teoricamente perché qualunque imprenditore sa che il momento propizio per subentrare nella gestione e proprietà di un'azienda sana è proprio dopo un'improvvisa difficoltà. Anno 2016, la Virtus scende a sorpresa in A2 e si materializza un nuovo sponsor. Chi è? Massimo Zanetti, il re trevigiano del caffè, Mister Segafredo. Non uno sprovveduto né un personaggio digiuno di sport: in carriera ha sponsorizzato scuderie di Formula 1 e società di calcio, arrivando anche a rivestire cariche di spessore nel mondo del pallone da cui però si è allontanato per dissapori di carattere gestionale.

Zanetti a Bologna è conosciuto, Segafredo è una potenza e la Virtus conta comunque su un bel seguito e su potenzialità forse inespresse. Il neo sponsor entra in società con un munifico contributo ma il piano è quello di salire progressivamente nella partecipazione: prima della fine della stagione agonistica, chiusa con l'accoppiata Coppa di Lega-promozione, il manager è padrone della Vu Nera. Di più: Zanetti col passare del tempo capisce che c'è un ampio margine non sfruttato di movimento, che il bistrattato basket se ben gestito può dare ottimi ritorni d'immagine e che un fondo di business c'è sempre. Se l'appetito vien mangiando, il neo-patron non si fa mancare nulla e nel giro di pochi anni riporta il club felsineo nei piani nobili dello sport italiano togliendosi anche lo sfizio di interrompere il lunghissimo digiuno europeo della pallacanestro italica. Al contempo coglie una duplice occasione fornita dalla vetustà dell'impiantistica sportiva e dallo sviluppo progettato dalla Fiera per teorizzare la Segafredo Arena. Che oggi è solo un capannone con le gradinate in tubi Innocenti ma che un domani dovrà diventare una struttura fissa, in muratura, da gestire 365 giorni l'anno per sport, convention, concerti ed altri eventi.

Zanetti resta ovviamente un imprenditore ed a capo del ramo sportivo ha messo uomini di sua fiducia, tra cui quel Luca Baraldi che forse farebbe meglio a misurare qualche frase a beneficio di pubblico e media ma che il suo lavoro lo sa fare eccome. Nell'ambito del core business vale a dire la caffetteria, Segafredo si sta muovendo da tempo per competere alla pari con altri due marchi italiani, cioè la triestina Illy e il derby tutto in casa Zanetti con Hausbrandt. La forza della concorrenza poggia non solo sulla solidità dell'immagine: tanto Illy quanto Hausbrandt battono da anni la strada dei locali brandizzati, di proprietà o in franchising. E lo stesso sta facendo, gradualmente, anche Segafredo. E qui entra in gioco Astoria Wines, marchio conosciutissimo ed apprezzato che porta in dote sia visibilità e contatti che un prodotto spendibile in una distribuzione selezionata. Se in un Hausbrandt Café si trova la birra Theresianer (marchio di casa), in un Segafredo Café non posso gustare le bollicine di un Prosecco DOC Astoria: giusto? Il ragionamento fila, la partnership pure ed il gioco è fatto.

Ecco spiegata una sponsorizzazione che travalica la semplice facciata della magnum da stappare in una cena con la squadra dopo una vittoria. Oggi si chiama B2B, Business to Business; una volta si diceva "rete d'impresa". Il concetto è sempre quello, far lavorare assieme persone, aziende e marchi. Quindi non stupiamoci dell'ovvio né indigniamoci per scelte affatto discutibili. Sono gli affari, baby.


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