lunedì 4 aprile 2022

Giornalisti e giornalai

Ogni volta in cui il Signor Nessuno, archetipo del cittadino medio che nell'era dell'internet facile crede di avere accesso allo scibile intero, mi attribuisce l'etichetta di "giornalaio", mi scappa un sorriso. Prima di tutto perché non ha evidentemente idea di cosa significhi vendere, men che meno nell'ambito dell'informazione. Poi perché se crede che la nomea di giornalaio possa ritenersi un insulto, dovrebbe prima di tutto rivedere la propria scala valori. Infine perché la categoria degli edicolanti, anch'essa preda della grave crisi dell'editoria, merita solamente rispetto per i gravi sacrifici sostenuti a favore di un popolo che legge sempre meno e che al contempo è sempre più saccente, supponente, ignorante rasentando in certi casi l'analfabetismo funzionale o quello vero e proprio.

Esaurita la doverosa premessa, passo al nocciolo della questione. In troppi, oggi, si improvvisano giornalisti. E sempre per la solita, assurda credenza della facilità di reperire informazioni e della semplicità di divulgazione. Peccato che la stragrande maggioranza dei critici - "è più semplice criticare che fare", ripete un vecchio proverbio - non abbia la minima idea di cosa sia un codice deontologico o una Carta dei Doveri o un Glossario. Ciò nonostante, chiunque si sente autorizzato a criticare abbandonando a volte i freni inibitori o pensando di poter insegnare ad altri a compiere un mestiere che prevede regole rigide ed una adeguata preparazione.

Da anni leggo questa invettiva ("giornalai") riferita tanto al sottoscritto quanto ai colleghi che, secondo il Signor Nessuno di turno, non farebbero adeguatamente il loro dovere. Che è informare e non alimentare i bassi appetiti del popolino quanto a curiosità o sete di sputtanamento pubblico. Da quando poi le conferenza stampa hanno smesso di essere tali perché coperte dai cosiddetti new media che ampliano la platea ben oltre gli addetti ai lavori, l'invettiva si ripete e si moltiplica. Al Signor Nessuno ed ai suoi tanti cloni dunque spiego qualcosa di basilare: la conferenza stampa smette di essere tale quando è aperta a chiunque, quando esiste un pubblico (anche virtuale) che pretende di partecipare con commenti, suggerimenti, critiche. A quel punto è uno show. Ed in uno show, prevale l'attore ovvero chi è capace di indossare i panni del protagonista di una commedia o di una tragedia, immedesimandosi alla perfezione e recitando un ruolo. Non è nulla di autentico, quindi è inutile fare domande incalzanti poiché una risposta mai ci sarà, perché chi è abituato a recitare su un palcoscenico o davanti ad una telecamera saprà come reagire per scansare il pericolo e mostrarsi sempre in pieno controllo della situazione. 

Chiudendo e rivolgendomi ai Signori Nessuno che abusano del termine "giornalai" pensando di arrecare un'offesa ad una categoria, mi concedo un'unica reazione. Una risata liberatoria. Perché se è vero che nulla è più potente ed incontrollabile dello sberleffo, è altrettanto vero che ridere è il miglior modo per reagire a delle critiche assurde provenienti da profani della materia. E se i Signori Nessuno vogliono davvero cimentarsi con la professione, possono accomodarsi seguendo le regole: gavetta, praticantato duro, Esame di Stato scritto ed orale. Solo allora potranno criticare con pieno senno e conoscenza della materia. E posso garantire loro che allora non solo io non riderò più, ma nemmeno loro proveranno ad avventurarsi in arditi parallelismi tra professionisti dell'informazione e commercianti.

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