domenica 16 febbraio 2025

L'aria dolce e frizzante delle Dolomiti

Chi mi conosce bene sa quanto io ami recarmi in montagna. La mia meta preferita è la Val Pusteria, una verde lingua di terra che confina a sud con i Monti Pallidi ossia le Dolomiti, a nord con le Alpi Tauriche, a ovest con la valle dell'Isarco e a est con le Alpi Carniche. Tra i monti si sta bene: aria pulita, natura poco contaminata, alta qualità della vita, zero confusione, gente discreta, ottimo cibo, panorami favolosi. E tanta, tanta pazienza, quasi un retaggio atavico delle genti montanare che sanno quanto sia difficile ottenere qualcosa e che nulla possa arrivare in fretta e furia. Lo ha capito anche un milanese tradizionalmente frenetico come Paolo Galbiati che ha portato una bella e concreta Trento a vincere la Coppa Italia LBA.

Per l'Aquila Basket non si tratta di una prima volta assoluta. Nel suo passato abbastanza recente trovano posto due finali scudetto, un paio di Coppe di Lega LNP (A2 e C1) e un paio di campionati dilettanti (B1 e A2). Testimonianze di anni di crescita, a volte persino repentina - dalla promozione in LBA alla prima finale per il tricolore passarono tre anni e senza budget faraonici ma con una semifinale europea nel mezzo. In undici campionati di massima serie Trento è diventata un piccolo modello di gestione: quasi sempre ai playoff, spesso e volentieri nelle prime otto già al giro di boa, presenza fissa in Eurocup. E se per tanto tempo si è pensato che ciò fosse merito esclusivamente della coppia Trainotti-Buscaglia, i recenti sviluppi hanno dimostrato il contrario. Trento funziona perché ha adottato un metodo di gestione che è virtuoso e che sceglie prima di tutto le persone dietro le scrivanie e nei posti più delicati. Il resto viene a cascata.

L'ho capito in realtà due anni fa quando, grazie all'amico Piergiorgio Paladin, sono andato a Bruxelles. In nostra compagnia c'era anche il presidente del CAST ossia il consorzio trentino che sostiene l'Aquila Basket. Che è un club complesso, la cui proprietà è frazionata tra soci, Fondazione, Trust e appunto Consorzio. Ho ritrovato Roberto Locatelli, numero uno del CAST, al B2B organizzato da Infront lo scorso giovedì all'Allianz Stadium e abbiamo fatto una gran bella chiacchierata. Cosa è emerso? Una crescita potente spinta da passione, progettualità, espansione territoriale e forza attrattiva. Grazie a ciò CAST è cresciuto nei numeri e non solo, divenendo un motore propulsivo che parte dal basso e portando il contributo economico a livello di un bel main sponsor. Perché Trento è indubbiamente una realtà solida ma non può e non deve essere scambiata per una società finanziata a fondo perduto da un magnate che va avanti finché vince e/o si diverte o che butta soldi a volte suoi e a volte di altri per puro passatempo ludico. Per fare un piccolo esempio, l'anno scorso Trento ha speso 5 milioni e 750mila euro per disputare LBA (7^, 16-14, uscita ai quarti 1-3 contro Milano), Coppa Italia (sconfitta subito, ancora contro Milano) e Eurocup (regular season); con quasi il triplo dei soldi spesi, Derthona non si è qualificato alla Coppa Italia, è entrato ai playoff da ottavo venendo subito eliminato e in BCL si è fermato ai play-in. O, se preferite, c'è Sassari che spendendo 7,4 milioni ha guardato playoff e Coppa Italia in televisione giocando la pessima FIBA Europe Cup senza nemmeno fare tanta strada. Insomma, non è detto che spendere tanto significhi avere una minima garanzia di successo.

Trento invece ha speso il giusto, ha speso bene e, cosa più importante fra tutte, ha capito come programmare le spese. Prima di tutto affidandosi a un tecnico come Paolo Galbiati che a qualcuno in laguna sta tanto antipatico ma che è un maghetto nella valorizzazione dei giovani. Difatti la scorsa estate è stato Galbiati a imporre la linea verdissima rivoluzionando una squadra che come abbiamo visto non era poi malvagia. Di quella Dolomiti Energia si sono salvati, con l'eterno capitano Toto Forray, soltanto Quinn Ellis e Saliou Niang, due ragazzi arrivati in Italia in maniere diverse ma che oggi sono i protagonisti della vittoria in Coppa Italia. Ellis, portato nel Belpaese da Capo d'Orlando, è il miglior play della sua generazione in LBA; Niang, scaricato dalla Fortitudo per una presunta fragilità fisica, è un diamante solo in parte sgrezzato che può riservare ancora molte dolcissime sorprese. La frizzante aria del Trentino ha fatto bene ad entrambi... o forse sono state le amorevoli cure del programma di sviluppo dell'Aquila Basket che, con Marco Crespi, ha creato una piccola eccellenza. Attenzione: non tutti i (buoni) prodotti di Trento vengono mantenuti in squadra, per referenze chiedere a Luca Conti e Max Ladurner. In un progetto di costante miglioramento, il club bianconero sceglie i ragazzi da valorizzare mentre quelli ritenuti sì buoni ma non più funzionali vengono rilasciati affinché possano compiere altrove il loro percorso. Senza troppi rimpianti nemmeno da parte del pubblico, che sarà anche meno abituato ai campionissimi del passato rispetto ad altre piazze ma non mugugna troppo se un Conti o un Ladurner riceve il consiglio di recarsi in altri lidi per giocare. Mentre altrove si innalzano i peana per un (nome a caso ma non troppo) Leo Faggian, che Treviso ha spedito in A2 stante gli zero progressi tecnici, gli zero allenamenti supplementari al tiro, la poca voglia dimostrata, nell'isola felice tra le montagne si accettano le decisioni prese da chi il basket lo capisce davvero.

Chiudo questo post con le immancabili pagelle della Coppa Italia 2025

VOTO 10 CON LODE a Paolino Galbiati che sa trovare un modo per scherzare anche quando descrive la drammaticità di dover organizzare alle undici di mattina una improvvisata sessione video+tattica in uno stanzino. Ma dove lo trovate un allenatore così, che non sbraita per una qualsiasi situazione negativa ma coglie sempre lo spirito giusto per criticare quando serve e per strappare un sorriso sdrammatizzante?

VOTO 10 a Jamion Christian che porta Trieste senza Colbey Ross (lui dice per almeno un mese, chissà quanto è verità e quanto pretattica) a cinque minuti dal sogno di una finale da neopromossa. E dopo aver fatto fuori l'altra finta matricola, ma questa è un'altra storia...

VOTO 9 a Maurizio Bezzecchi che è un mago della diplomazia. No, come lui non c'è davvero nessuno. In LBA dovrebbero pensarci mille volte prima di lasciarlo andare in pensione senza aver trovato qualcuno che sia abile come lui nel trattare sia i giornalisti che le informazioni raccolte.

VOTO 8 a Torino. Due anni fa era un deserto di promozione, ora la Final Eight ha manifesti, vele pubblicitarie, stendardi, persino la visita di una squadra al Museo Egizio. Che non ha bisogno di pubblicità ma che fa da volano chissà quanto involontario alle stesse Final Eight. Le quali resteranno in Piemonte almeno un altro anno. Forse due, se si troverà l'accordo economico.

VOTO 7 a Peppe Poeta e alla sua Brescia. Cui mancano sempre un play vero dietro Ivanovic e un lungo autentico di supporto per non spremere Bilan e le occasionali fiammate di Ndour. Patron Ferrari ha speso tanto, non tutte le scelte sono state azzeccate ma visto quanto sta facendo la squadra biancoblu non ci si può davvero lamentare.

VOTO 6 a Reggio Emilia, che ha reso la vita difficile a Trento nei quarti mostrando però qualche limite. Nello specifico in ala piccola. Ma il progetto di Claudio Coldebella è di ampio respiro e merita la stessa pazienza concessa a Trento.

VOTO 5 all'Olimpia Milano. Chi pensava che potesse essere una Final Eight in carrozza per la Messina Band ha dovuto rivedere il proprio metro di giudizio. L'approccio è stato sin troppo semplice, merito di un'avversaria in piena confusione. La semifinale si è risolta per oggettivi limiti di Brescia, come detto. In finale, i meneghini quasi non hanno capito da che parte iniziare a giocare, limitandosi alle individualità e tirando con un 1/21 da 3 che nemmeno nei peggiori campi del CSI. Ettore Messina era abbastanza incacchiato dopo la finale e ha tutte le ragioni per esserlo, specie pensando al fatto che sono tre anni che la Coppa Italia sfugge di mano.

VOTO 4 al Derthona. Patron Gavio diserta la poltroncina e già non è un bel segnale. Il mercato è fermo per mille motivi. La teorica squadra di casa porta appena una trentina di supporter all'Inalpi Arena che dista da Tortona un'oretta e venti di viaggio in automobile. Sono tutti segnali infausti. E se il giocattolo si fosse rotto peggio del ginocchio di Strautins?

VOTO 3 alle dichiarazioni post partita di Dusko Ivanovic. Io spero davvero che il santone col codino chiamato al capezzale di una Virtus in plurima crisi d'identità, tecnica e societaria, volesse scherzare quando ha affermato di aver detto ai suoi, reduci dalla scoppola rimediata contro Milano, che hanno possibilità di vincere lo scudetto. Questa Bologna non ha capo né coda e merita solo di preservare Ale Pajola e Momo Diouf, buttando il resto tra giocatori ormai ombre di sé stessi e stranieri inadeguati al sistema.

VOTO 2 a Valerio Antonini che rilascia dei commenti privi di logica dopo la sconfitta in extremis del suo Squalo contro Trieste. Dice che non gli piacciono i risultati, come giocano i suoi strapagati atleti e persino come lavora l'allenatore, ma subito dopo si contraddice confermando fiducia a coach Repesa. Che intanto ha chiesto e ottenuto la testa di Tibor Pleiss. Mi domando però chi a Trapani la scorsa estate abbia trattato proprio Pleiss: non sapeva che l'Efes voleva liberarsi di un costoso peso morto?

VOTO 1 all'assenza del presidente federale Gianni Petrucci che salta tanto la premiazione del Famila Schio quanto quella di Trento. Che senso ha presiedere una Federazione se poi agli appuntamenti per i club si manda il vicario?

VOTO 0 alla scelta di "Cuoricini" dei Coma_Cose e di una versione riadattata di "Felicità" di Al Bano come musiche ricorrenti negli stacchi pubblicitari. Non c'era nulla di meglio?